I milanesi Accauno sono al secondo album con questa formazione, Andrea Tosini alla chitarra, voce solista e testi, Mattia Paneroni al basso e ai cori, e Beppe Pianese alla batteria e percussioni. Ne avevamo già parlato, su queste pagine, in epoca pre-Covid quando ogni band emergente progettava, sperava, programmava e puntava degli obiettivi con tante speranze e passione. Di come sia stato spazzato tutto via durante questi ultimi due anni si è scritto molto (anzi no, per chi scrive se ne è scritto anche poco, forse per pudore o per imbarazzo e vergogna), ma forse non se ne è parlato abbastanza da un punto di vista umano. C’è chi si è lasciato comprensibilmente abbattere, chi si è incazzato, e chi, come gli Accauno, apparentemente ha fatto finta di niente. Scrivo apparentemente perché questa è l’impressione che si può avere maneggiando e ascoltando questo “Punto di fuga”, registrato in pieno lockdown e pubblicato nell’estate del 2021, quando tra la polvere delle macerie si incominciava a intravedere un po’ di timida luce.
“Punto di fuga” non è un semplice album, ma il frutto di un progetto dalle ambizioni antiche e fuori moda, come appunto se tutto quello che ben sappiamo non fosse accaduto, anzi probabilmente lo sarebbe sembrato, fuori dal tempo, anche senza pandemia. Il cd è accompagnato infatti, da un corposo libretto, con sincere dichiarazioni riguardo le passioni e le motivazioni, interviste e fotografie che trasmettono coesione e affinità d’intenti. A coadiuvare il trio, il fedele Luca Tosini alle tastiere, a cui si sono aggiunte Sofia Asero con un importante contributo vocale in più brani, e una poetessa, Myrna Bongini. Il brano iniziale, dal bellissimo titolo “Prospettiva accidentale”, inizia proprio con la voce stentorea e carismatica della poetessa che declama penetranti versi su un tappeto psichedelico e oscuro. Un inizio sorprendente per un brano che si sviluppa poi in maniera differente, con la potente e accattivante apertura melodica del ritornello a spezzare una tensione palpabile e tremolante.
Tutti i brani a seguire vedranno cambi di registro al proprio interno, fino a formare spesso delle mini-suite che raramente si perdono in lungaggini o passaggi fini a se stessi, ma che denotano una cura certosina negli arrangiamenti da parte di tutti e tre i protagonisti, che non dimenticano di dar sfoggio di tecnica e padronanza strumentale degna sì del progressive ma anche del pop più colto, supportate da un salto di qualità della produzione molto evidente. La title track con una prima parte liquida e radioheadiana sfocia in un cambio di ritmo e in riff di chitarra che rimandano proprio alle più raffinate sonorità pop anni 80 (Tears For Fears, Peter Gabriel). Già dai primi due, splendidi, brani si capisce che le caratteristiche dell’album precedente verranno tutte non solo confermate, ma soprattutto espresse in maniera più coesa all’interno delle tracce e curate nella ricchezza degli arrangiamenti.
Trio capace di ispirarsi al progressive italiano così come ai King Crimson (palesemente in “Sintetica” e in alcune poderose progressioni in altri brani), ma anche alla new wave (“Tre cuori” e “No Answer”), all’hard-rock dei riffoni muscolari certo, ma anche con influenze jazz e funky che passano soprattutto per il basso di Paneroni e alla crescita espressiva e tecnica alle svariate pelli (vere o sintetiche che siano) che Pianese alterna con sapienza in ogni brano. Il basso si scambia le parti soliste con la chitarra come se niente fosse, o andandoci a braccetto, o ergendosi protagonista assoluto in brani come “No Answer”, dove si può ascoltare la sua parte alla stregua di un Mick Karn con la pelle nera. Tosini può dedicarsi alla voce con tranquillità e mettere in luce i propri testi, oltre a impreziosire i brani con assoli mai ridondanti.
Sarebbe lezioso descrivere la sorprendente varietà stilistica di ogni brano, ma mi permetto di soffermarmi sull’unico strumentale dell’album, “Sinapsi”. Composizione a briglie sciolte, che parte quasi post-rock, prosegue con divertiti scambi di fraseggi e assoli tra i tre, e chiude con un lungo e potente crescendo dove la fanno da padrone la chitarra gilmouriana di Tosini e la voce potente e sensuale di Sofia Asero, che può finalmente esprimersi con un vocalizzo davvero memorabile che proviene dagli anni 70, sì, ma a bordo di una navicella spaziale. Un finale più che degno per un disco di grandissimo spessore. Gli Accauno fondono tanti elementi dei decenni scorsi (e chi non lo fa d’altronde), ma nonostante ciò è difficile immaginare che un disco del genere non sia uscito proprio nel 2021. Come dice il titolo di una delle loro più riuscite canzoni, gli Accauno sbucano alla fine di questo periodo tremendo come se lo avessero attraversato in una “Sospensione infinita”, apparendo fuori dal tempo sulla carta, ma risultando invece attualissimi e anzi facendo suonare stantia e vacua tanta “modernità”.
16/12/2021