È sempre più difficile appassionarsi agli album live. Una lieve indolenza e il rigetto causato dalla sovraesposizione sonora non stimolano l'eventuale approccio a progetti discografici che sempre più di rado incidono sulla storia della musica rock.
Piacevole eccezione quella pubblicata da Archy Marshall, ovvero King Krule, una testimonianza vivida e non superflua della caratura artistica del musicista londinese, peraltro non nuovo a resoconti live su disco.
"You Heat Me Up You Cool Me Down" testimonia le ultime esibizioni prima dello stop causato dalla pandemia e conferma la predilezione del giovane e talentuoso artista per una rilettura live ricca di nuove soluzioni d'arrangiamento, non di rado più travolgenti degli originali.
Chi ha dimestichezza con la produzione di King Krule noterà la presenza di pochi brani dell'esordio "6 Feet Beneath The Moon" e un più ampio saccheggio da "Man Alive" e "The Ooz". L'organicità dell'insieme è comunque sufficiente per archiviare l'album come uno dei pochi documenti live degni di nota, una perfetta introduzione anche per chi non ha ancora avuto la fortuna di incrociare la musica del giovane cantautore inglese. Il vorticoso groove chitarristico di "Rock Bottom", la fenomenale performance ritmica di "Easy Easy", il brio che rigenera lo splendido blues di "Alone, Omen 3" sono materia aliena a molti album live, e confermano la lucida follia di uno dei pochi artisti che è riuscito a reinventare le istanze del punk trascinandole indenne nelle braccia dell'art-rock.
"You Heat Me Up You Cool Me Down" permette inoltre a King Krule di mettere ancor più a nudo le attitudini jazz. Questo accade non solo nella notturna e sofferta "Baby Blue", ma anche nel sempre stravolgente e irrefrenabile dark-punk di "Comet Face", o nella ballata alla Nick Cave "Perfecto Miserable", quest'ultima, in quanto ad arrangiamento e intensità, decisamente superiore all'originale incluso in "Man Alive".
La reinvenzione delle tracce non conosce limiti, le palpabili differenze di brani come "A Slide In (New Drugs)", la versione contemplativa e dall'ampio respiro jazz di "The Ooz", il disturbante groviglio di parole e scarni accordi di "Stoned Again", la purificazione dalle velleità più pop di "Half Man Half Shark" hanno la capacità di trascinare l'ascoltatore all'interno delle performance. Di quanti dischi live si può dire lo stesso?
12/01/2022