E sono trentuno, quattro se facciamo partire il conteggio da quel "Time" che nel 2013 ne aveva sancito la rinascita musicale, almeno in termini di inediti, dopo un paio di lustri trascorsi a incidere esclusivamente cover, canti natalizi e best of di varia natura. Gli altri ventisette erano serviti invece a vendere circa 250 milioni di copie nel mondo e raccogliere una sfilza di riconoscimenti, ragion per cui, a 76 anni suonati, Rod Stewart avrebbe forse potuto gettare definitivamente la spugna e vivere il resto dei propri giorni senza patemi nel lusso della sua tenuta principesca di Harlow, nell'Essex, assieme alla moglie Penny Lancaster, i loro due figli Aidan e Alastair e la certezza di un conto in banca comunque multimilionario.
Nessuno probabilmente avrebbe sentito la mancanza di "The Tears Of Hercules", eppure se ha deciso di scomodarsi un qualche motivo valido deve pur esserci. Uno, partendo dal fondo, è sicuramente l'emozionante "Touchline", ultimo brano in scaletta dedicato al padre Robert, scomparso nel lontano 1990. "Starebbe in piedi lì, ogni sabato pomeriggio/ la pioggia che cade su quel viso consumato/ con una sigaretta in bocca nascosto in mezzo a una piccola folla rumorosa/a guardare i suoi figli giocare al gioco che amava/ nostro padre era scozzese e idraulico di mestiere/ per Natale ci ha comprato le scarpe da calcio". Era stato proprio il papà, calciatore amatoriale prima e poi allenatore, a trasmettergli la passione per il pallone, spingendolo a fare un provino con il Brentford F.C. che all'epoca militava nella terza divisione inglese. Il ragazzo però agli scarpini preferì la professione di rockstar perché, come dichiarato in seguito nella propria autobiografia, gli avrebbe permesso di ubriacarsi e fare baldoria.
Tra vizi, eccessi e qualche passo falso di troppo, la vita di Rod The Mod è andata proprio così, come una grande festa. Oggi "Touchline" suona un po' come una malinconica chiusura del cerchio: nell'ultimo periodo il cantante se l'è vista davvero brutta a causa di un tumore alla prostata, fortunatamente acchiappato per tempo, chissà che proprio lo spavento non gli abbia dato modo di riflettere per lasciarsi andare a liriche più mature e consapevoli.
Prodotto in collaborazione con Emerson Swinford e il fido Kevin Savigar (insieme hanno co-scritto la maggior parte dei brani, nove su dodici sono nuovi di zecca) "The Tears Of Hercules" non ammette però pause depresse, anzi, i ritmi sono al solito goliardici e danzerecci su testi che riguardano per lo più sesso e relazioni sentimentali, da sempre il suo rettangolo da gioco preferito, visto che di donne, manco a dirlo, ne ha avute a centinaia. Una delle tante è "Gabriella" ("you had anything to behold/ just nineteen tears old"), che rievoca la notte brava ai Tropici con una signorinella di diciannove anni, mentre la vezzosa e spensierata "One More Time", presentata in anteprima a settembre come singolo apripista durante uno show su Bbc Radio 2, tratta lo strampalato rapporto di un celtic lover consumato con la propria ex, prima abbandonata e poi richiamata in servizio per "un'ultima volta".
La figura del seduttore errante torna pure nella title-track pianistica "Tears Of Hercules", rielaborazione di un originale del 2004 dei compositori canadesi Marc Jordan e Stephan Moccio, ma l'amore, quello vero, dopo tanto vagabondare da un letto all'altro, glielo ha dato finalmente la moglie Penny, così la morbida "I Can't Imagine" è tutta per lei.
Per il resto, si svaria con rapidità dalla dance a luci rosse "Kookooaramabama" (unisce le tastiere cyber-electro di "Love Missile" dei Sigue Sigue Sputnik al refrain di "I Want Your Sex") alle schitarrate glam di "Born To Boogie" in omaggio a un caro vecchio compagno di bevute (sottotitolo "A Tribute To Marc Bolan", i versi citano alcuni pezzi da novanta dei T-Rex sul riff di "Bang A Gong"). La voce è sempre quella graffiata e graffiante dei tempi del Jeff Beck Group e dei Faces: al netto di alcuni facili stereotipi, la ballata acustica "Hold On" e il doo-wop "Precious Memories" confermano che il nostro riesce ancora a far vibrare le giuste corde prima di mettersi comodo per la pensione, magari sulle spiagge assolate del Messico con una "All My Days" a colpi di cha-cha e piña colada. Infine, spazio per altre due cover, "These Are My People" di Johnny Cash e "Some Kind Of Wonderful" di John Ellison.
In una recente intervista, Rod Stewart ha smentito una simpatica leggenda metropolitana secondo la quale il segreto della sua chioma da rubacuori starebbe nell'uso della maionese "altrimenti sai che odore...": benché gli ingredienti risultino spesso poco amalgamati e disomogenei, nel complesso anche questo trentunesimo album non puzza affatto di marcio, occhio però alla data di scadenza.
03/12/2021