Niente è più arduo dell’essere semplici. L’ultima ed ennesima sfida di Andrew Bird è appropriarsi dell’immediatezza e della spontaneità, chimera per qualsiasi autore degno di tale titolo; un percorso in verità già intrapreso dal musicista con l’album “My Finest Work Yet”. Nel frattempo la molteplicità delle imprese del Nostro – colonne sonore per film e documentari, il ruolo d’attore nella serie "Fargo" – ha attestato la non agevole classificazione del violinista e cantautore statunitense (nonché abile fischiatore).
Inutile divagare, il conservatorio e la conoscenza della musica classica in età giovanile, la successiva passione per il bluegrass e il folk irlandese, e la folgorazione per la musica rock, restano gli elementi formanti dello stile di Bird. Ciononostante, il musicista americano continua a sorprendere per la versatilità e poliedricità delle sue opere: non dimentichiamo che solo un anno fa è stato partner di Jimbo Mathus per il piacevole ma fugace album folk-gospel-roots “These 13” e che il precedente disco “Hark” pescava nel repertorio delle canzoni natalizie.
Per il disco più espansivo e seducente della propria carriera, Andrew Bird sceglie una solida formazione di quattro elementi - Alan Hampton, Mike Viola, Abe Rounds e Madison Cunningham - per un set di canzoni che riesce nel non facile compito di alleggerire la poetica già esplorata da Tim Buckley, Lou Reed, John Cale, Beck e Sufjan Stevens.
“Inside Problems” è un disco che ancora una volta sorprende e fa vacillare alcune convinzioni critiche. E’ vero che i primi segnali di una svolta erano già evidenti in “Are You Serious”, ma quello che differenzia queste nuove undici composizioni è la continua tensione armonica e strumentale, mai così definita e rifinita, un vero trionfo di scrittura e arrangiamento. Tuttavia si tratta di una perfezione perennemente in bilico tra ottimismo e incertezza: a ogni intelligente apertura melodica corrisponde un elemento discordante o quantomeno inusuale.
Ad aprire le danze sono le dilatazioni chamber-folk intercettate dallo shuffle funk in chiave jazz di “Underlands”. Anche l’apparente faciloneria del vezzoso indie-folk “Faithless Ghost” e i quasi sette minuti della scintillante “Eight” non sono del tutto ordinarie: merito di rifiniture strumentali - le tonalità del violino nella prima e la lunga coda strumentale nella seconda - che ne sparpagliano i confini e le pur semplici direttive.
“Inside Problems” è un continuo susseguirsi di metafore e rielaborazioni delle sette note, insieme costituiscono la materia prima della mutaforma canzone d’amore alla Velvet Underground “The Night Before Your Birthday”, del vezzoso chamber folk “Lone Didion” o del giocoso folk’n’roll alla Jonathan Richman “Stop N' Shop”.
Nel rinverdire la recente collaborazione con Jimbo Mathus, Bird gli offre rilievo nella melodia più retrò (“Faithless Ghost”), mentre le radici classiche fanno capolino nelle amabili citazioni nascoste dietro la leggerezza folk-pop di “Atomized” o nell’elegante coda strumentale della delicata ballata “Fixed Positions”.
“Inside Problems” conferma Andrew Bird come autore elegante e sontuoso (la title track, “Make A Picture”) e nello stesso tempo introspettivo e austero al pari di novello Lou Reed o John Cale (“Never Fall Apart”). Uno dei pochi musicisti che a ogni appuntamento discografico rinnova magia e spessore.
10/08/2022