Era la fine dell’estate del 2018, un mondo molto diverso da quello odierno, imprigionato fra guerre e pandemie, quando Anna Calvi rilasciava le dieci canzoni che componevano il suo terzo album, “Hunter”, un lavoro grazie al quale la cantante e chitarrista inglese acquisiva nuovi riconoscimenti, confermandosi compositrice e interprete di primissimo livello, il risultato di una rara combinazione di bellezza e talento. Canzoni per molti aspetti diverse da quelle degli esordi, dove a essere protagonisti non erano più il diavolo, il sangue o la disperazione, no, era la seduzione, in tutte le sue sfaccettature, a impossessarsi – a tratti con glamour - del centro della scena.
Oltrepassato con successo il traguardo dei dieci anni di carriera, la sfida successiva è stata quella di mettersi al servizio delle esigenze televisive, componendo la colonna sonora delle ultime due stagioni (la quinta e la sesta) della fortunata serie Netflix "Peaky Blinders". Anche in questo caso operazione perfettamente riuscita, che consente alla Calvi di incrementare ulteriormente il proprio livello di notorietà, conquistando nuove nicchie di pubblico. Ciliegina sulla torta di tale collaborazione è l'Ep “Tommy” (dal nome del protagonista di Peaky Blinders”, Tommy Shelby), nel quale sono contenuti quattro inediti intimamente legati alla serie.
“Ain’t No Grave”, il brano dalle inequivocabili cadenze rock-blues che apre il disco, è la personalissima versione di uno standard gospel degli anni Trenta che ispirò in passato anche Johnny Cash, qui reinterpretato nel classico stile di Anna Calvi, con tanto di caratteristico assolo incendiario. Per fare da contraltare a questo momento elettricamente sostenuto, arriva subito una traccia più sinuosa, pur se interpretata con la consueta vena drammatica: si tratta dell’autografa “Burning Down”, nella quale a risaltare sono le straordinarie qualità vocali dell’esecutrice.
Seguono due cover, la prima delle quali è “Red Right Hand” di Nick Cave & The Bad Seeds, considerabile il tema portante di “Peaky Blinders”, già reinterpretato per la serie da altri importanti musicisti, con sugli scudi le notevoli versioni realizzate da PJ Harvey e Arctic Monkeys. A chiudere l’Ep provvede la cover di “All The Tired Horses”, originariamente scritta e incisa da Bob Dylan nel 1970 per aprire uno dei suoi album più discussi del periodo, “Self Portait”.
18/05/2022