C'è chi non tarderà a paragonare questo album a "To See The Next Part Of The Dream" di Parannoul, e con questo l'ascesa meteorica che quest'ultimo ha avuto nelle webzine di tutto il mondo. Se è vero che Della Zyr ha caricato una cover di "White Ceiling" (accanto a quelle di Mid-Air Thief, dei Duster e dei My Bloody Valentine) e che la stessa Longinus si è occupata della distribuzione fisica dell'album, i paragoni possono fermarsi qui. Ben più saldo nelle esecuzioni chitarristiche, conscio del potere che sa offrire la sua fiera veste non-produttiva, il sestetto di brani è ben saldo nel suo impianto narrativo, macina insicurezza, sconforto e riscatto in un amalgama stilistico dal tono progressivo, individuando raccordi e gestendo ogni cambio di tono nel quadro di una concezione unitaria.
Emo, shoegaze, scampoli elettronici si chiudono a triangolo attorno a un nucleo di febbricitante, disperata intensità, che si crogiola nell'incertezza ("Following Her To No Particular Sunrise"), sospende ricordi e sogni in un flusso senza soluzione (la suite emo-folk "Dream II", con tanto di segmenti alla American Football da brividi e colossali passaggi noise-gaze), prende profonde boccate d'aria, prima di reimmergersi nel caos, tenuto per troppo tempo alla larga (i lucidi passaggi soft-loud di "So Please Don't Leave Me").
È nel fuoco di "살고 싶어!" (traduzione "voglio vivere!") che lo slancio di Della Zyr manifesta le sue vere intenzioni, il cambio d'attitudine che malgrado tutto è stato necessario compiere. Partenza che ha in sé le afflitte nuance del migliore Mark Kozelek, fa presto a divampare nella più gloriosa melodia della collezione, un grido scagliato al mondo, come il più impellente dei desideri. Con una simile realizzazione, la penna dell'autrice si inebria, corre a perdifiato, si imbatte in sorrisi e albe che non crede possano appartenerle, incespica, e poi riprende ancora. Perché in fondo muoversi, dubitare, è vivere.
(11/05/2022)