Ci sono tre casse da morto in fiamme sul nuovo disco dei newyorkesi Show Me The Body, capaci, durante l'ultimo decennio, di costruirsi una certa fama tra gli ambienti post-hardcore/noise-rock. Eppure, fatta salva una manciata di Ep, il trio guidato dal cantante e banjoista (sì, avete letto bene!) Julian Cashwan Pratt è arrivato al debutto sulla lunga distanza solo nel 2016, con le dieci tracce di "Body War", album caratterizzato da un sinistro mix in cui le radici hardcore e noise-rock andavano di pari passo con reminiscenze no-wave e marcati accenti crossover/hip-hop, questi ultimi così potenti da richiamare alla memoria i primissimi Faith No More (quelli in cui il microfono era ancora nelle mani di Chuck Mosley, per intenderci), ma anche compagini più recenti quali Death Grips e Clipping., la cui eco concorre a sottolineare l'impianto polemico della narrazione di Pratt & C., incentrata soprattutto sulle storture delle politiche socio-urbane della Grande Mela, capaci soltanto di accentuare le disuguaglianze tra quei ricchi che sono sempre più ricchi e quei poveri che, di contro, continuano a sguazzare nel degrado e nella disperazione.
Consolidata la propria fama con "Dog Whistle" (2019), ancora erratico nel risalire la corrente delle loro influenze, ma complessivamente più vicino al versante post-hardcore/noise-rock della loro arte, gli Show Me The Body hanno continuato a macinare rabbia ed elettricità, approdando a questo "Trouble The Water" in perfetta forma. La musica è sempre quell'ormai riconoscibile e spietato connubio di alienazione e desiderio di rivalsa, con il banjo elettrico e distorto di Pratt a scavare un fossato con le altre compagini che combattono il Sistema dentro la stessa arena, la batteria di Jackie Jackieboy che si sbatte a destra e a manca per tenere insieme una gragnuola di colpi e ferite profonde e, per finire, il basso di Harlan Steed a puntellare il tutto, mentre il suo sampler gioca con le voci di questo o quel fantasma, non di rado figlio della loro stessa musica, manipolata fino ad assomigliare a qualcosa di alieno.
Certo, la musica degli Show Me The Body andrebbe ascoltata e vissuta soprattutto dal vivo, dove i tre - raccontano le cronache - danno il meglio di sé in performance a dir poco incendiarie, spesso e volentieri tenute in location non convenzionali, come centri sociali, appartamenti più o meno piccoli di amici o amici degli amici, edifici abbandonati oppure spazi ricavati sotto i ponti, perché, come Pratt ci tiene a precisare, "per quanto ci riguarda, se non si mette a rischio la sicurezza, non si suona. Se non facciamo parte di una cerimonia instabile, per noi non c'è motivo di suonare". Chiaro, no?
Tuttavia, anche su disco la band non scherza in quanto a forza d'urto e "Trouble The Water" non fa eccezione, aprendo con una "Loose Talk" che, annunciata dallo scampanellare del banjo, costruisce la propria impalcatura di tensione e rabbia con certosina pazienza, seguita dalla sferragliante "Food From Plate" in cui, dentro un recinto ritmico di geometrica barbarie, scorre veleno sludge, quello che ritroveremo anche nella ferocissima "War Not Beef", dove gli strumenti sembrano a tratti mimare una vera e propria scazzottata tra le strade più buie e malfamate di New York.
Non mancano riferimenti al synth-punk, come mostrano "Boils Up", un midtempo d'assedio che ricorda a chi comanda che opprimere e sopprimere hanno anche delle controindicazioni, e "Radiator", dove la sua eco risuona attraverso il corpo martoriato dell'hardcore che fu, con scariche di timpani metallici courtesy of Will Calhoun dei Living Colour e l'ombra minacciosa del passato che non ne vuole sapere di dileguarsi: "Le cose che ho fatto mi seguono/ Restano incastrate tra i miei denti/ Puzzano quando parlo".
Più passano i minuti e più ci si accorge che gli Show Me The Body non hanno alcuna intenzione di mollare la presa, tra isterismi Faith No More che sprofondano dentro spaventosi gorghi post-industriali che potrebbero spingervi a pronunciare il nome dei Cop Shoot Cop ("We Came To Play"), progressioni epiche ("Buck 50"), chiassose incursioni in territori dance-punk ("Using It"), ballate oscure che divampano in elettriche folgorazioni ("WW4") e una "Demeanor" in bilico tra l'impatto demolitorio del noise-rock e il gelido distacco della coldwave.
Il brano più eccentrico è sicuramente "Out Of Place", dove la voce di Pratt (rassegnazione, disagio) è scortata dal pulsare sinistro dei synth lungo il crinale di una sofferta autoanalisi: "Non ero destinato alla terra/ Sfuggo al dolore, raggiungo lo spazio/ Fuori posto".
Con "Trouble The Water", il loro disco più convincente fino a questo momento, gli Show Me The Body intorbidiscono le acque del loro rumorosissimo e combattivo post-hardcore, trasformandole in sangue ("I trouble the water/ I turn water to blood"), come canta Pratt nel brano eponimo, mentre la musica va ancora dritta al cuore, tra staffilate distorte, clangori metallici e deflagrazioni al napalm.
30/11/2022