Il successo di Taylor Swift è sempre più esponenziale. È talmente esagerato da costringere il Ceo di Liberty Media, Greg Maffei, principale azionista di Live Nation, ad ammettere alla CNBC la propria impotenza dinanzi all'oceano di utenti sopraggiunti in rete per accaparrarsi un biglietto in vista del tour statunitense dell'ultimo disco della songstress americana, "Midnights": "Abbiamo avuto quattordici milioni di persone sul sito, che invece ne avrebbe dovuto ospitare fino a un milione e mezzo. I fan di Taylor Swift collegati simultaneamente per acquistare i biglietti per i suoi concerti avrebbero potuto riempire novecento stadi". Una richiesta impossibile che ha portato Ticketmaster a sospendere le vendite dei biglietti, in quanto la domanda supera eccessivamente l'offerta. Solo quindici giorni prima, Taylor Swift è diventata ufficialmente la prima nella storia ad occupare l'intera top 10 della classifica Billboard Hot 100.
Le cifre astronomiche che continua a racimolare Taylor Swift però non riguardano l'Italia. Restiamo in qualche modo il paese occidentale che meno ascolta e compra i suoi dischi, i quali non hanno mai raggiunto la prima posizione, salvo il qui presente "Midnights", "scivolato" peraltro alla decima in appena un mese. Stesso dicasi per i singoli, che non hanno invaso totalmente la piazza. È una situazione in fondo atipica, che potrebbe essere spiegata tirando in ballo il dominio dei musicisti italiani, che di questi tempi continuano ad essere i preferiti dalle nuove generazioni. Ciò nonostante, anche dalle nostre parti di swifties ne troviamo a frotte, in particolare nella fascia d’età che va dai 15 ai 25. Una baraonda che si dichiara perlopiù stregata dalla narrazione sincera, autobiografica e poco compiaciuta della loro beniamina.
Al netto delle opportune indagini, "Midnights" conferma la capacità comunicativa di Taylor Swift: quel sapersi raccontare senza fronzoli e con una formula pop collaudata che fa breccia all'istante. A cominciare dallo storytelling propinato a questo giro, come spiega la stessa cantautrice via Instagram: "Midnights, the stories of 13 sleepless nights scattered throughout my life".
Dunque tredici canzoni. Tredici mezzanotti che diventano 20 nella versione "3am Edition". Brani che il "Re Mida" Jack Antonoff contribuisce a modellare seguendo appunto la notte come fascinazione primaria. Un album in buona sostanza elettropop, melodicamente concepito per essere brillante, a tratti tendenzialmente "cupo", soprattutto se confrontato con i precedenti. Tant'è che le bonus track della versione estesa sono scarti più oscuri, ripescati sulla cresta dell'onda solo in un secondo momento.
Si parte con la pulsante "Levander Haze", che allontana in fretta le consuetudini acustiche di "Evermore". Via così i quadrettoni del camicione in flanella, tipico della working class americana di montagna, indossato due anni fa per il celebre scatto in copertina. E dentro quattro edizioni con altrettante cover separate. Quattro istantanee a valle di un servizio fotografico che offre uno sguardo pressoché completo della nuova Taylor, immortalata in una stanza completa di synth anni '70, decorazioni retró, pannelli in legno, telefono vintage e altre trovate che lasciano intendere ancora una volta l'appeal casereccio di una stella tutt'altro che tale, creando così quell'amplesso impossibile che rende affasciante l'universo Taylor Swift, quantomeno agli occhi dei fan.
Il tastierone eighties in crescendo, un po' Pretenders e un po' Foreigner seconda fase, accompagna il refrain del secondo singolo, "Maroon", ballatona sulle peripezie dell'amore che in questo caso tendono al marrone, il che è tutto dire, a seguire così il solco tracciato da "Red" e "Blue". È un successo istantaneo, trascinato dal primo singolo di lancio, "Anti-Hero", con il quale la Swift fa autocritica, poggiandosi sulle "dimensioni ingestibili", attraverso un "tour guidato" di tutto ciò che detesta di sé, immaginando anche scenette surreali ed epiloghi ai limiti della comicità, per un canzonetta elettrica, perfetta nelle intenzioni a monte: scalare in una settimana K2 ed Everest dell'industria discografica.
I have this dream my daughter-in-law kills me for the money
She thinks I left them in the will
The family gathers 'round and reads it and then someone screams out
"She's laughing up at us from Hell"
È questo continuo mettersi in gioco con parole semplici il tratto che rapisce i cosiddetti swifties. Il diario di bordo a oltranza che si mescola con l'abilità, onestamente ineccepibile, di mettere in piedi motivetti e soluzioni pop efficaci. Si prenda ad esempio "You're On Your Own, Kid" con il suo battito ondeggiante, spaventosamente fruibile, che fa pure tanto Kimbra e altre cento stelline mainstream e indie pop degli ultimi dieci anni.
Il passo lento con linea liquida di synth al centro di "Midnight Rain" fa invece il pari con le parole, che giocano su un sentimento di rottura, sui contrasti insormontabili. "Question…?" prosegue poi sulla medesima scia ma con un'armonia diversa: c'è voglia di leggerezza, curiosità, di guardare al passato interrogandosi sulla bontà del tempo trascorso insieme, metaforizzandolo in attacco e in chiosa con una situazione imbarazzante: "Can I ask you a question? Did you ever have someone kiss you in a crowded room and every single one of your friends was makin' fun of you, but fifteen seconds later, thеy were clappin' too?". Il passato torna anche sullo spartito, visto che il brano si apre con un'interpolazione da "Out of the Woods", contenuta in "1989", l'album che con "Evermore" resta finora il più riuscito di Taylor Swift.
"Midnigts" brucia infatti troppo in fretta per poter ambire al futuro. È un disco studiato in ogni minimo dettaglio da Antonoff, di conseguenza parecchio distante dalla produzione "folcloristica" di Aaron Dessner, che crea smontando però pezzi arcinoti per comporre infine l'ennesimo rivernissage di Taylor Swift. Discorso che ovviamente non riguarda i milioni di fan che lo divoreranno senza soste per mesi, forse anni. È negli stadi di mezzo mondo che Taylor si appresta a riempire con la sua verve di stella ibrida del pop, tanto androgina quanto ruspante, che definisce il punto di forza di cui sopra, di fatto l'anima del successo della cantautrice del Pennsylvania. In mezzo all'ambaradan c'è anche Lana Del Rey, che purtroppo compare soltanto sullo sfondo nell'inflazionatissima "Snow In The Beach". Peccato.
* Si ringrazia il Forum di OndaRock per i preziosi spunti
20/11/2022