Nel grande calderone delle giovani musiciste dark degli ultimi anni, Nika Roza Danilova è stata quella più vicina a un’idea lo-fi pop in cui coesistono momenti macabri vicini al mondo gothic dispersi in un'impalcatura synth-pop scarnificata. “Arkhon” giunge dopo una serie di lavori altalenanti e soprattutto dopo una lunga pausa di ben cinque anni di crisi creativa.
Il progetto Zola Jesus sembra ormai indirizzato inesorabilmente verso lidi nel complesso poco interessanti, non tradendo mai del tutto l'originaria connotazione dark, ma avvicinandosi un po' troppo al confine della musica pop da intrattenimento. L'album scorre via senza sussulti, tra momenti dream e darkwave dove il bel canto rimane forse l’unico elemento davvero da sottolineare. La distanza che intercorre tra Zola Jesus e progetti molto più radicali come Lingua Ignota, Pharmakon o Darkher, o anche a musiciste che farebbero parte dello stesso macro-genere come Chelsea Wolfe o Anna von Hausswolff, sembra destinata a diventare sempre più grande.
Sembrerebbero tre le canzoni da citare, esattamente le tre scelte come singoli. La cantilena oscura di “Lost”, lo-fi dark ridotto alla minima strumentazione possibile, l’intro di “The Fall”, che - con le sue poche note di piano - rimanda ad atmosfere davvero gotiche prima di librarsi in una melodia azzeccata dark-pop, e infine “Desire” per solo voce e piano. Quest’ultimo è un brano per il quale qualsiasi cantante pop mainstream farebbe carte false per poterlo avere nella propria discografia. Nonostante le potenzialità da hit (qualcuno avrebbe potuto farne un tormentone), Nika Roza Danilova riesce a personalizzarlo in modo da apparire ancora perfettamente coerente in un Lp dark, rendendolo di certo il momento più lucido dell’opera.
Per il resto, “Arkhon” scivola via innocuo senza altro di davvero memorabile, con una produzione professionale, tanto mestiere, ma in fondo poca vera ispirazione.
07/07/2022