Imarhan

Aboogi

2022 (City Slang)
desert-blues, afro, indie

Un analista di mercato probabilmente non vi suggerirebbe di aprire uno studio di registrazione in pieno deserto. Al di là dei limitati ritorni economici, dovreste lavorare in una zona che presenta molte criticità, anche di sicurezza. Considerate infatti che negli ultimi anni molti musicisti di rilievo dell’Africa subsahriana sono stati costretti a trasferirsi lontano da casa per sfuggire alle minacce dei fondamentalisti islamici. Tutto questo non ha per nulla intimorito la giovane band algerina Imahran, che ha deciso nel 2019 di cimentarsi nell’ardua ed encomiabile impresa di allestire il primo studio professionale di Tamanrasset, una cittadina al confine con il Niger, dove vive la più grande comunità Tuareg (o Tamashek, come preferisce farsi chiamare). La struttura è stata chiamata Aboogi, che è una parola usata per indicare le prime abitazioni semi-permanenti costruite dalle popolazioni nomadi del deserto. E in effetti l’ambizione della band è che in essa possano confluire e risiedere stabilmente tutte le istanze culturali di una delle comunità più vivaci nell’ambito del rock degli ultimi anni.

Il terzo album del quintetto Tamashek porta proprio il nome della struttura in cui è stato registrato e vanta collaborazioni di assoluto rilievo. Innanzitutto quella di due dei co-fondatori dei Tinariwen, Abdallah Ag Alhousseyni  e Mohamed At Itlale (meglio conosciuto come il “Giapponese”). Il primo canta insieme al frontman del gruppo, Sadam, in "Tindjatan", canzone che rievoca una pesante sconfitta subita in guerra dal popolo Tuareg. Il brano è costruito per esaltare le capacità vocali dei due cantanti, beneficiando anche di un testo particolarmente ispirato. La presenza del “Giapponese” in “Tamiditin” assume un significato particolarmente pregnante perché si tratta dell’ultima registrazione del leggendario chitarrista prima della sua dipartita. Entrambi i brani richiamano le atmosfere “desert blues” tipiche dei Tinariwen, probabilmente un omaggio ai loro illustri ospiti. Sarebbe tuttavia un errore assimilare il sound  degli Imarhan a quello dei loro “padrini”.

Lo stile musicale della band guidata da Sadam presenta certamente influenze riconducibili all’assouf, così come anche alla corrente del rock dell’Africa subsahariana che parte da Ali Farka Touré e arriva fino a Mdou Moctar e Bombino. Ciononostante, la musica degli Imarhan risulta facilmente distinguibile e caratterizzata. La ritmica è più rock, la struttura della canzone è classica ed è costantemente presente una ricerca della linea melodica. Difficilmente i loro brani  rimangono impressi al primo ascolto, ma sono sempre coinvolgenti e facilmente orecchiabili, grazie anche al grande lavoro sulla parte strumentale.

Rispetto ai lavori precedenti, "Aboogi" si presenta più malinconico e riflessivo. Ciò dipende probabilmente dai temi trattati che in molti casi, ammesso che si abbia la possibilità di accedere alle liriche tradotte, possono essere compresi solo da chi conosce le tradizioni, le istanze e le rivendicazioni del popolo Tamashek, alle prese con molte difficoltà sociali e politiche. Nei video del secondo album “Temet” li vedevamo sfrecciare in macchine lussuose e con vestiti sgargianti e alla moda. Al contrario, il video di “Achinkad”, primo singolo estratto del nuovo album, è un trionfo della cultura nomade, con la band vestita in abiti tradizionali attorno a un fuoco mentre due ballerini eseguono una coreografia tuareg mimando un combattimento di spade.
È chiara la volontà della band di riaffermare le proprie radici e di ripristinare attraverso la musica il tessuto sociale del suo popolo. Il brano presenta molti elementi sonori tipici della musica subsahriana (tamburi, cori sovrapposti, battiti di mano, urla berbere) ma paradossalmente ha un respiro universale e aperto verso il mondo. Impossibile nell’incipit non rimanere avvolti dalla voce ipnotica di Sadam accompagnato solo da una chitarra acustica e tamburi, impossibile restare fermi quando a metà canzone tutte le chitarre vengono sguainate e il brano assume tonalità epiche ed emozionanti.

Le tracce successive sono meno irruente ma altrettanto coinvolgenti, con un eccellente lavoro sulle chitarre, in classico stile rock in “Dehran”, con un ritmo funky in “Assosam” e con pennellate stratificate alla Tinariwen in “Temet". C’è anche spazio per qualche incursione nella world music come in “Laouni”, dove i musicisti sono supportati dal francese Marco Ngoni al sintar e sembrano riprendere le sonorità del loro album precedente.
Gli Imarhan riescono a mantenere una coerenza verso la loro proposta musicale anche quando sono affiancati da artisti internazionali già affermati. Molto particolare il duetto con Gruff Rhys, frontman dei Super Furry Animals, in  “Adar Newlan” dove Sadam e Gruff cantano nelle rispettive lingue accompagnati da chitarre svolazzanti e battiti di mani che conferiscono al brano un’atmosfera allo stesso tempo arcaica e indie-rock. Eccellente il cameo della cantante sudanese Sulafa ed Elyas nella tenera ballata “Taghadart”, che narra di una persona angosciata dal dubbio di essere stata tradita. Il lirismo della voce di Sulafa è commovente, la sua interpretazione molto carica di emotività.

Se con "Aboogi" gli Imarhan si erano prefissati di rappresentare la cultura Tamashek e di riportarla a un’attenzione più ampia, si può ben dire che abbiano realizzato l'intento con grande abilità. Nell’abbraccio della loro comunità sono riusciti a creare l'opera migliore della loro produzione, straordinariamente in bilico fra tradizione e modernità.

14/02/2022

Tracklist

  1. Achinkad
  2. Derhan
  3. Temet
  4. Tindjatan
  5. Asof
  6. Assossam
  7. Taghadart
  8. Laouni
  9. Imaslan n' Assouf
  10. Tamiditin
  11. Adar Newlan




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