Doja Cat

Scarlet

2023 (Kemosabe/RCA)
hip-hop

Leggi Doja Cat e subito pensi: controversie. Questa la narrativa dietro uno dei nomi più in vista del panorama americano dello scorso triennio. Certo, la ragazza ama provocare e ha un carattere schietto, gli ultimi anni di attività supersonica ne hanno provato lo spirito e, comprensibilmente o meno, qualcosa ogni tanto le scappa di bocca. Ma negli ultimi mesi è stato difficile non trovare il suo nome associato al termine di relazioni parasociali, argomento caldo proprio adesso che stiamo assistendo all’avvento della prima generazione cresciuta con Internet sempre disponibile – consumo esasperato anche da una recente pandemia globale. Doja si presta bene all’esperimento proprio per le qualità di cui dispone: spigliata e cartoonesca, con testa e ciglia rasate in segno di ribellione, un costante meme di espressioni colorite, volgarità gratuite, canzoni virali e irriverenti scelte sartoriali – uno dei completi di Viktor & Rolf da lei indossati qualche tempo fa è attualmente in esposizione all’esibizione “Diva” nel V&A di Londra.

Ma anche le relazioni parasociali sono causa di stress; nel momento in cui l’insistenza dei fan, i cosiddetti kittenz coi quali Doja conversa quotidianamente su Twitter/X, ha iniziato a interferire con le sue scelte di vita – in particolare, un fidanzato dal passato losco – la ragazza ha invitato tutti ad andare a quel paese e farsi una vita. Ha pure definito i suoi precedenti album “Hot Pink” e “Planet Her” come “cash grabs”, ovvero marchette realizzate per l’industria – e scemi voi che li avete comprati ah-ah-ah! Nel giro di un paio di giorni Doja ha perso quasi mezzo milione di fan, che sono comunque pochi rispetto ai suoi attuali numeri.
L’ascoltatore più adulto può osservare il tumulto dall’esterno chiedendosi se tutto questo sia davvero un problema – come se poi non fosse già esistita la parabola di Azealia Banks. Ma nel microcosmo dei kittenz s’è scatenato il parapiglia, ed è qui che entra in contropiede “Scarlet”, l’alter-ego col quale la rapper promette di tornare alle origini di autrice senza fronzoli né artifici – e fanculo al pop.

Peccato solo che il singolo “Paint The Town Red” arrivi sottolineato da un costosissimo sample di “Walk On By” di Dionne Warwick; nel momento in cui il pezzo ha conquistato la vetta delle classifiche in Usa e Uk contemporaneamente, è stato chiaro che di “cash” in casa Doja ne sta girando ancora parecchio, sia in entrata che in uscita.
A che gioco stiamo giocando? Bella domanda, perché “Scarlet” offre vari momenti sonicamente accattivanti e studiati al dettaglio, a partire dall’obliquo incubo pluviale alla “Jumanji” della suggestiva “Demons”, o l’accoppiata finale di “Balut” e “WYM Freestyle”: sibillina downtempo la prima, denso hip-hop tagliato a cubetti la seconda. “Attention” è tra i migliori pezzi in carriera: cadenze trip-hop, arpe sintetiche e anemici refrain attorniano il flow passivo-aggressivo di un’autrice al contempo ferita e tracotante, vulnerabile nella propria umanità mentre vaga come la “Unfinished Sympathy” per un nuovo, distaccato millennio.

Ma per il resto, Doja ha realizzato il disco che aveva preannunciato: hip-hop schietto e minimale, ideato senza ospiti, su ispirazione dei lavori di J Cole, per concentrare le attenzioni sull’urgenza comunicativa. Sono i momenti più colloquiali, ma anche quelli dove le tematiche fanno in un attimo a sfuggirle di mano; “Fuck The Girls (FTG)” e “Shutcho” reiterano le sue battaglie contro fan e antagoniste, “Wet Vagina” sciorina esattamente quello che ci si aspetta dal titolo – e così fa pure “Gun”, se per pistola consideriamo l’arnese tra le gambe del suo partner.
Attorniata da panorami disadorni, Doja mostra anche i suoi limiti; su un numero da ballroom come “Ouchies” siamo a un passo dal cosplay di Nicki Minaj, senza con questo eguagliarne l’energia, sul lounge-jazz della noiosa “Often” l’autrice invece scompare direttamente dentro al mix senza lasciar traccia. Non fa meglio “Skull And Bones”, pezzo che dovrebbe metterne nuovamente a nudo pregi e difetti di donna complessa ed emancipata, ma che finisce col suonare come un’inutile ripetizione di concetti meglio espressi altrove.

Ma Doja Cat è felice anche così; un pezzo come “Love Life” suona stranamente sereno e positivo, non solo per gli standard dell’autrice ma un po’ per l’hip-hop tutto, la riprova che talvolta può vincere anche l’amore – particolarmente suadente la romantica dedica di “Agora Hills”, soffice notte stellata non troppo lontana da certe caramelline sintetiche di Hannah Diamond.
Tra alti e bassi, “Scarlet” fotografa esattamente lo spaccato di vita dell’autrice, una ventisettenne ora aggressiva ora ferita, poi spiritosa e subito dopo annoiata, scostante e finanche altezzosa ma tutto sommato attanagliata dalla solitudine del doom scrolling esattamente come i suoi kittenz che tanto ama schernire.
Potevamo aspettarci di più, il potenziale di partenza era certo elevato, ma al momento Doja Cat è un po’ intrappolata dentro al suo stesso hype.
E le accese diatribe sull’immaginario satanico impiegato nei suoi video? No, qui molliamo perché sarebbe davvero troppo noioso reiterare un altro trito escamotage della musica leggera del Novecento – ma poi in America non avevano Alice Cooper già cinquant’anni fa?

26/09/2023

Tracklist

  1. Paint The Town Red
  2. Demons
  3. Wet Vagina
  4. Fuck The Girls (FTG)
  5. Ouchies
  6. 97
  7. Gun
  8. Go Off
  9. Shutcho
  10. Agora Hills
  11. Can't Wait
  12. Often
  13. Love Life
  14. Skull And Bones
  15. Attention
  16. Balut
  17. WYM Freestyle






Doja Cat sul web