Gli Endless, Nameless (sì, proprio come la ghost track di “Nevermind” dei Nirvana) sono originari di Denver, nel Colorado, suonano un bel miscuglio di tante cose diverse (math-rock, noise-rock, emo, progressive, sasscore, post-punk, un pizzico di metal e di shoegaze, il tutto condito, all’occorrenza, con melodie sognanti), e con “Living Without” hanno esordito qualche mesetto fa per la Silent Pendulum, dopo aver pubblicato una serie di singoli e soprattutto l’Ep “Counterparts” nel 2018. Guidati dalla cantante-chitarrista Elle Reynolds, gli Endless, Nameless - la cui line-up è completata da Ricardo Bonilla (chitarra, voce), Bradley Thill (basso) e Jackson Lacroix (batteria) – affrontano, nelle nove tracce di questo loro primo Lp, temi sia personali che politici, e questo perché, ci tiene a precisare la Reynolds (trans e fiera di esserlo), la sua identità personale è “violentemente e forzatamente già politica”, per cui nulla di strano se le dimensioni del privato e del pubblico sono entrate, sia prima che durante le registrazioni, in rotta di collisione, generando quello che è stato definito anche come “identity crisis-core”.
Un disco carico di passione: questo è, innanzitutto, “Living Without”. Un disco in cui le capacità tecniche dei membri della band sono supportate da un trasporto emotivo che si traduce in partiture in cui geometria e destabilizzazione danzano sul filo del rasoio, spesso risolvendosi in strappi melodici dai toni onirici, come mostra fin da subito “A World So Kind”. Ma il raggio d’azione della band è vasto, si è visto, e allora non sorprendono l’interludio dark-ambient e il finale praticamente death-metal di “Cloudburst”, così come, in fondo, non devono lasciare di stucco l’incipit in orbita doom di “Remembrance” e i suoi improvvisi squassi grindcore, gli stessi che ritroveremo anche in “Plea Market” che, in quanto a verve “progressiva”, non teme probabilmente confronti tra questi solchi.
“Propaniac” (con Bonilla a dare man forte al microfono) è scossa da brividi punk e viaggia lungo traiettorie prog-math, delineando i tratti di una storia d’amore ormai al tramonto.
You waste your time away in bed
I spend my nights stuck inside my head
You say you wear your heart right out on your sleeve
And that you have my best interest at heart which I do not believe
“A Gradual Unwinding” vanta un memorabile doppio ritornello, che sboccia al termine dell’ennesimo tour de force strumentale, come un fiore i cui petali sono accarezzati dal vento della nostalgia.
You drowned inside a wishing well
Saw some things you'll never tell
You fell under the strength of your own spell
You tied a string around a mouse
Begged him to find his way out
You were crushed by the weight of your own doubt
(...)
And as the string is tightly wound
You produce unholy sounds
The cabinet's empty, now you swallowed it all down
The oil in the lamp is low
Not that you would even know
Your solipsism dealt the final blow
Tra i brani più emozionanti, la title track: la Reynolds vi ricorda un amico del liceo morto prematuramente a sedici anni, non prima però di averle trasmesso la passione per la musica sperimentale e l'etica del Do It Yourself.
When people tell me they can't imagine what it's like to be afraid of my own shadow, I tell them it's a little like crying at the sight of your favorite mustard
I tell them it's a little like hearing your voice every time "Life is a Highway" comes on the radio
I tell them we didn't even like that song, but you sang it so many times that it belongs to you in memory now
And I think that's love
When people tell me they can't imagine what it's like to be afraid of my own shadow, I tell them it's a little bit like love
Capaci di gestire alla grande anche la spinta verso la magniloquenza (“Perfection in Your Name”), gli Endless, Nameless sigillano questo loro primo e riuscito dispaccio con una “Sarah Lynn” che vale come compendio di una musica che sa essere insieme potente, erratica e visceralmente passionale.
20/11/2023