Creta e i suoi misteri, le ombre di una storia antica quanto l'umanità che ha popolato il Mediterraneo. Creta e i suoi segreti, sussurrati tra le vette del Monte Ida e trasportati giù dal vento, fino a lambire le coste dell'isola. Creta e il suo battito, un ritmo ctonio, arcano, capace però di palesarsi con forza immutata col passare dei secoli, scoprendosi flusso plastico, materia che trascende le specifiche temporali. Lo aveva già evidenziato Venus Volcanism attraverso l'eccellente rielaborazione ambient dei rizitika, il terzetto qui riunitosi qualche anno fa per elaborare il nucleo che compone “Radical Imaginary” lo conferma: la più grande isola della Grecia è terra con i piedi ben radicati nella sua storia millenaria, capace però di guardare al di fuori di sé senza snaturarsi, ricavandoci quanto di utile per perpetuare il suo quid più autentico.
Rifugiatisi per due giorni del settembre del 2019 ad Anogia, villaggio sospeso nel tempo, Yiagos Hairetis, interprete del laouto, del mandolino e della lira cretese, Panagiotis “Tsiko” Katsikiotis alle percussioni e l'italo-greco Costantino Luca Rolando “Coti K.” Kiriakos (conosciuto anche per la sua attività di produttore e compositore per il cinema e il teatro) al laoutokitharo tenore hanno concepito un suono che si muove tra il mistico e il terreno, il tangibile e il trascendente, tanto diretto debitore del patrimonio cretese quanto pervaso da una diffusa aura soft-loud, che ne dirige gli esiti verso una profusa specificità post-.
Col titolo preso in prestito dall'opera del filosofo greco-francese Cornelius Castoriadis, che individuava nel concetto di immaginazione radicale uno degli elementi fondanti del suo pensiero, i tre musicisti imbastiscono un viaggio nel segno della suggestione creatrice, di una generazione istintiva che sì si avvale di stacchi, pause e riprese, ma pertiene a un umore unico, un humus espressivo pienamente autosufficiente. In questo senso, l'eventuale dicotomia che potrebbe evidenziarsi tra il ricorso a una strumentazione pienamente radicata nella tradizione e lo sviluppo in forme più espanse, dal vago sapore prog, rimane soltanto sulla carta, dacché ogni contrasto si appiana grazie alla totale complicità dei primattori.
Un po' come se le perlustrazioni spaziali dei Yume Bitsu avessero come soggetto gli antri del Monte Ida e i suoi ripidi declivi, “Western Wind” apre l'album e lo colloca già in un non-tempo che confonde i piani e i contesti, la vibrazione eterna che percorre in lungo e largo l'isola. “Mandrakas”, d'altro canto, si spinge ancor più in avanti, sul giro melodico di partenza imbastisce una lunga ma risoluta progressione in crescendo, un flusso ipnotico che trova sfogo in un finale di pura catarsi, materiale che la Kranky dei tempi d'oro, altezza Doldrums-Roy Montgomery, avrebbe certamente voluto nel suo roster.
Impossibile uscire serafici dalla lunga perlustrazione di “Possible Explanation”, che sotto il pretesto di un abbrivio dalle fattezze ambient monta in un secondo lato carico di tensione elettrica, una deflagrazione espressiva che i tre musicisti animano col fare di un'orchestra intera. E se un continuo montare di tensione potrebbe risultare un pizzico sfibrante, i tre sanno come disegnare affascinanti ricami d'atmosfera, impreziosire il tragitto con la più autentica contemplazione (“Whirling”).
In questo raffinato susseguirsi di visioni, di fosse e ritrovamenti (esemplare il virtuosismo esibito dalla lira di Hairetis in “Trench A”) Creta parla dal profondo delle sue viscere, esemplifica la fierezza e la forza di un'eredità che si perde nel mito, che restituisce la sua granitica potenza con poche incisive pennellate.
Edito dalla Same Difference di Patrasso, che si dimostra realtà attenta nel pubblicare le più peculiari espressioni del folk di ricerca (sempre di quest'anno il duetto Jan Van Angelopoulos – Fotis Siotas), “Radical Imaginary” schiude le porte della creazione, torna là dove tutto comincia per ricavarne la più intensa suggestione. Il mistero continua a ispirare.
06/12/2023