È un piacere ritrovare Verity Susman (Electrelane) e Matthew Simms (It Hugs Back, Wire) di nuovo sotto le spoglie dei Memorials, progetto destinato in origine a una fugace incursione nella moderna musica per film e ora concretizzatosi in una vera e propria band.
"Memorial Waterslide" fa seguito al tour che ha portato la band anche in Italia (qui il nostro report della data di Avellino), mettendo in luce una personalità e una verve che vanno ben oltre l'appellativo di "fratelli cattivi degli Stereolab".
Primo album per la Fire, considerato da molti come il vero e proprio esordio della formazione, il nuovo disco dei Memorials mette a fuoco con intelligenza il personale amalgama di elettronica, pop, kraut-rock, post-rock, avant-noise, psichedelia, shoegaze, weird folk e jazz, restando fedele a quelle lievi dissonanze che sul palco si traducono in un graffiante stile vocale e strumentale out of tune che riserva più di una sorpresa.
Alla magmatica decostruzione sonora di "Memorial Waterslide II" (la prima parte è rintracciabile nell'Ep "Centre Pompidou") spetta l'onere di concentrare in soli (entusiasmanti) tre minuti e trentasette secondi le malsane divagazioni noise e free jazz in chiave hauntology, costantemente trafitte da dissonanze e suoni atonali. Nelle ipnotiche tribolazioni lounge di "Book Stall" tutta questa insana follia ora descrittiva viene abilmente incapsulata in un pregevole formato pop-antipop, ed è qui che i richiami a gruppi come i Vanishing Twin e Broadcast diventano più potenti, echi che peraltro caratterizzano il trittico iniziale dell'album composto da tre brani, già punto di forza delle esibizioni del gruppo.
Difficile resistere al gorgheggio del Farfisa e alle fosche linee di basso che scivolano impetuose nel groove psichedelico di "Acceptable Experience" o alla festa di loop ed effervescenti intuizioni melodiche di "Lamplighter", brano già noto e qui proposto nel pieno splendore delle sonorità, messe a punto con un mellotron progettato dai due musicisti.
Altra punta di diamante delle performance live, "Cut It Like A Diamond" ostenta un'energia quasi punk con stridii di sax, basso in loop e tempi ritmici kraut che sembrano sbucare dal nulla con un'intensità devastante. Anche le meste e quasi funeree trame folk ricche di arpeggi e incursioni dolenti di sax e chitarra sono frutto di una collaudata messa in scena live, quel che già appariva come un destabilizzante momento di angosciante poetica noir continua a fungere da potenziale giro di boa del linguaggio artistico dei Memorials (non è un caso che introduca il furore noise, jazz e post-rock della già citata "Memorial Waterslide II").
Ai due brani più elaborati dell'album spetta il compito di mettere prima a punto le già enunciate similitudini con gli Stereolab attraverso interessanti spunti jazz ("False Landing"), per poi proiettare l'album verso stravaganze avantgarde che si rivelano intriganti esternazioni visionary-pop ("I Have Been Alive").
La musica dei Memorials è come un buco nero che tutto assorbe e nulla distrugge, un caleidoscopico viaggio in quel mondo di mezzo dove sperimentazione e giocosità pop trovano una giusta sintesi. Ma attenti a sottovalutare i testi: ci sono un intenso vissuto e un fantasioso spirito dark e grottesco nelle liriche del duo, e perfino una malinconica riflessione sull'amore, sull'amicizia e sulla felicità perduta, che Verity Susman e Matthew Simms adornano con soavi e quasi impalpabili tonalità dream-folk nella suggestiva chiosa di "The Politics Of Whatever": una deliziosa ballata dove i Beach Boys e le Unthanks sembrano andare a braccetto.
23/10/2024