La genesi del duo Memorials è alquanto singolare. La leader degli
Electrelane, Verity Susman, e il chitarrista dei
Wire Matthew Simms hanno lavorato su progetti comuni per oltre una decina di anni prima di pubblicare un singolo nel 2022 come Susman & Simms (“It's In Our Hands”), in seguito ripubblicato sotto il nome di Memorials, denominazione assunta nel momento in cui i due musicisti sono stati chiamati al confronto con il pubblico per una serie di concerti, con Steve Beresford nel ruolo di terzo incomodo.
L’incarico di comporre le colonne sonore per due film – “Tramps!” e “Women Against The Bomb” – ha formalizzato il sodalizio, dando inizio a un tour che ha toccato anche l’Italia con ben cinque date, inclusa la partecipazione all’Out Here Festival (che ha già ospitato i
Vanishing Twin).
Un nuovo
sold-out per la rassegna avellinese ha contrassegnato quest’interessante appuntamento live: la versatilità di Matthew Simms, chitarra e batteria, e la particolare identità artistica di Verity Susman, tastiere, sax e voce, hanno fatto il resto, incantando ancora una volta il pubblico.
Il primo elemento caratteristico dei Memorials è senz’altro la voce di Verity Susman, istintiva, quasi grezza, a volte visibilmente
out of tune. Una scelta espressiva che più che alla misurata delicatezza di molte colleghe punta a una più genuina e graffiante anarchia. In questo approccio quasi
punk risiede il fascino peculiare di una proposta musicale che ha molti punti di riferimento, dai
Cabaret Voltaire ai
Broadcast, da
Bob Dylan agli
Smiths.
La fine degli
anni 70 e i primi
anni 80 rappresentano il selvaggio input emozionale e creativo del duo: un viaggio tra l’elettronica frivola del movimento
new romantic e la definitiva rottura di confine tra
mainstream e ricerca musicale. Catturare tutto questo è stato il primo vero impegno dei Memorials. Ne sono testimonianza le due
soundtrack, “Music For Films: Tramps” e “Music For Films: Women Against The Bombs”. I Memorials stanno scrivendo parte della futura materia sonora per una nuova
hauntology, quella che fa da colonna sonora alla moderna civiltà industriale e all’illusione
post-modern. Ed è dunque naturale che a rappresentare questa alchimia siano brani come “Peacemaker”, una forma di
urban-elettro-lounge con sax da brivido e crescendo ritmico ossessivo, l’altrettanto dissonante e quasi noise “Oversharing” (finora inedita su disco) e l’atonale e accelerata furia di “Accept, Exp” (titolo provvisorio ?).
Qualcuno ha definito i Memorials i fratelli cattivi degli
Stereolab, definizione che può senz’altro aiutare il pubblico a catturare quel cantilenante romanticismo che sottolinea la suggestiva ballata ”Dark Green”, uno dei brani più intensi della serata, e l’altrettanto suggestiva “Name Me”. C’è molta carne al fuoco nella musica dei Memorials, il set live è ancora in parte grezzo e necessita di qualche messa a punto. La band ha peraltro scelto un approccio poco affine alla natura descrittiva degli album, dando risalto a brani più graffianti (“The Roxy”, “We Live Here” e il folle finale elettro-punk-rock di “Tramps!”) e il risultato è un concerto stimolante e ricco di suggestioni per il futuro.
La serata prosegue con la band bolognese dei
Leatherette, adrenalinica formazione
post-punk, rock’n’roll e jazz in chiave
no-wave. Trascinante e piacevolmente irriverente, il gruppo offre un set volutamente destrutturato che mette in luce un deciso passo nella giusta direzione. Peccato che spesso nel tentativo di suonare fresca e moderna la band appaia stanca e legata a cliché creativi che alla lunga perdono fascino. Aver messo insieme accordi rubati agli
Smiths, ai
Black Midi e a
James Chance le ha permesso di mettere insieme un live set interessante, ma difficile capire se il futuro sarà speso all’insegna di un’ambiziosa rivoluzione semantica o di quella normalizzazione che ha già messo in ginocchio molte delle formazioni di belle speranze
made in Italy.