Immagini e musica. Quanto questa unione sia stata fondamentale per la diffusione e lo sviluppo della settima arte, è un quesito che richiederebbe interi volumi per essere approfondito in pieno. Di certo, quando entrambe si fondono insieme in modo tale che il risultato finale sia maggiore della somma delle due parti, si può parlare di vera alchimia tra due fenomeni fisici di per sé separati. Un esempio classico che si potrebbe fare è quello della collaborazione tra Werner Herzog e i Popol Vuh, un caso più unico che raro in cui la presenza della musica potenzia a dismisura l'effetto che avrebbero avuto le immagini prese singolarmente. Tra questi ovviamente “Aguirre, Furore di Dio” e “Nosferatu” riescono in pieno a far capire quanto il genio di un musicista possa contribuire alla grandezza di un film.
Provare a confrontarsi col "Nosferatu" di Herzog e con quello di Murnau è certamente una scelta ambiziosissima per Robert Eggers, uno dei pochi registi che è riuscito, nonostante la giovane età, a creare un hype attorno al proprio nome davvero smisurato, grazie soprattutto ai suoi primi due film "The Witch" e "The Lighthouse". Se Eggers si è messo a confronto con Herzog e Murnau, uscendone comunque bene, seppur con giudizi contrastanti, Robin Carolan, il musicista britannico-irlandese autore della colonna sonora, non aveva un compito meno difficile, dovendosi confrontare con i Popol Vuh di Florian Fricke e persino con Wagner.
Se si pensa alla magnifica fusione tra i Popol Vuh e il cinema di Herzog, appare chiaro come Eggers ne esca in piedi, mentre Carolan davvero male. Questo non perché la sua musica sia mal prodotta o in generale di qualità pessima, ma senz’altro si può affermare che non riesca ad aggiungere davvero nulla alla potenza innegabile delle immagini. Carolan si limita tendenzialmente a una tradizionale colonna sonora di archi più simile a un compitino ben svolto che a qualcosa di veramente creativo. Un lavoro conservatore che sembra fin troppo simile a innumerevoli colonne sonore di film horror americani, come se Carolan non avesse avuto il coraggio di rischiare davvero. Nelle oltre due ore di film, la cosa che emerge è che le immagini si reggono su nient'altro che su sé stesse, mentre la musica non le sorregge e non le eleva in alcun modo.
Sono più che altro gli aumenti improvvisi di volume a far sobbalzare lo spettatore dalla poltrona, tipico trucchetto da film horror hollywoodiani di serie B, ma da una pellicola di Eggers era lecito attendersi qualcosa di più. Se la visione rimane certamente nella memoria anche dopo molto tempo, la musica, al contrario, tende a scomparire rapidamente, e non resta nella mente alcun tema o alcun brano in particolare correlato all'opera filmica. Tutto svanisce ed è un peccato, perché i colori di Eggers avrebbero meritato composizioni più originali e ambiziose.
14/03/2025