Guardarsi dentro per poi volgere lo sguardo verso il mondo esterno. È quello che è accaduto a Graham Coxon e Rose Elinor Dougall, che dopo un esordio introspettivo e rivelatore, si sono avventurati in un'esperienza musicalmente speculare ed esplorativa.
Il sodalizio personale e artistico ha già dato buoni frutti: una figlia e un album "The Waeve" con il quale hanno modellato uno stile peculiare, grazie a una palese sinergia creativa che si nutre di intese e di contrasti.
"City Lights" è il secondo album di una delle coppie artistiche più chiacchierate, ma più che Lennon-Ono il punto di riferimento è Lennox-Stewart, soprattutto alla luce della svolta pop-wave di questo nuovo articolato capitolo.
Questa volta il produttore James Ford ha preso in mano le redini del gioco, forzando l'estetica di un disco estroverso che ha in David Bowie una delle fonti d'ispirazione più evidenti. "City Lights" si nutre infatti della natura mutante del Duca Bianco, alternando vibrazioni soul e funky filtrate dalle maglie del guitar-sound alla Robert Fripp (la title track), a decise virate verso l'elettronic/glam di Gary Numan, Roxy Music e ovviamente il Bowie di "Scary Monsters" ("Moth To The Flame").
Graham Coxon come novello Phil Manzanera mette a soqquadro con il suo sax tutte le preziose architetture strumentali, fino a virare verso un graffiante punk-pop corroso da una forsennata ritmica motorik ("Broken Boys"). Ma dietro le luci abbaglianti della città c'è tanto da scoprire: Rose e Graham tornano sui passi dell'oscuro romanticismo dell'esordio con la tortuosa "I Belong To..:" abilmente introdotta da uno straziante suono di violino (ancora una volta gli archi sono opera dell'Elysian Quartet), rimettono in gioco gli affetti familiari con un folk barocco dall'aulica ed enigmatica bellezza ("Song For Eliza May") e ostentano ambizioni e azzardo nell'avventurosa "Druantia".
L'onirica "Simple Days" e il vezzoso pop alla Siouxsie di "You Saw" rimarcano la perfetta consonanza raggiunta dai due musicisti. Dolcezza e inquietudine si avvicendano come in un racconto noir, non privo di smagliature e colpi di scena. La fluidità vocale e strumentale è oltremodo efficace e permette al duo di mettere a segno l'ennesima canzone da salvare per i posteri, ovvero la splendida "Girl Of The Endless Night", un originale intreccio di chitarre acustiche, voci e archi, al quale spetta il compito di aprire le porte alla lunga ed epica pagina finale dalle sonorità quasi folk-psych-prog, "Sunrise", ennesima mutazione di un duo che continua a sfidare ruoli e generi con una vitalità impressionante.
25/09/2024