Rivisitare un classico è un'operazione complessa e ambiziosa. Da un lato, è un omaggio glorioso a chi ci ha segnato; dall'altro, richiede un approccio filologico, o il rischio di snaturarlo è dietro l'angolo. E con esso, la possibilità di scatenare un'ondata di puristi pronti a mettersi le mani nei capelli. Giunto al suo terzo album, Joseph Winger Thornalley, figlio d'arte (il padre, Phil Thornalley, fu bassista dei Cure nel biennio 1983-1984), può vantare lavori come producer di Frank Ocean, oltre a collaborazioni con nomi altisonanti, da Dean Blunt a Travis Scott.
L'arte dell'arrangiamento è, per Vegyn, la sua secret weapon, che qui decide di esibire in piena luce. A volte osa e inciampa, altre volte raggiunge risultati dignitosi, e in qualche occasione riesce perfino a spiccare: è il caso dell'opener "New Star In The Sky", trasformata in una dolce ballad trip-hop. Il classico viene riletto, ma non tradito; mantenuto, ma rinnovato.
In altri casi, però, viene da grattarsi la testa. "Sexy Boy" presenta una dissonanza timbrica mal calibrata; forse la chitarra fatica ad aderire agli accordi del Rhodes, forse l'iconico sample vocale avrebbe meritato un diverso posizionamento.
È quasi scontato dire che il giudizio sia inevitabilmente condizionato da ciò che abbiamo già esperito. "Moon Safari" è una pietra miliare del suo tempo, e un rework si posiziona per forza di cose su un piano più fragile. È ciò che affiora con "All I Need": non dispiace, ma l'inserimento di un elemento neo-psichedelico in una cornice downtempo risulta una lieve stortura rispetto all'originale. Si ha l'impressione che quella raffinatezza raggiunta dagli Air fosse un equilibrio delicato e che basti poco a comprometterne la magia.
Alcune tracce sembrano ormai lontane dall'originale ("Kelly Watch The Stars": dov'è finito il vocoder?), altre invece convincono. È il caso di "Ce Matin-Là", divenuta una spiaggia ambient su cui si infrangono onde leggere al tramonto, oppure "Remember", mutata in una piccola deriva dream-trance. Eppure si ritorna presto a espedienti meno riusciti, come con "Talisman", che passa da quell'elegante indietronica cinematica, che caratterizzava la release del 1998, a un dance-pop da ascensore. E ci si chiede: perché tutto questo?
La risposta non ci è data. È evidente il rispetto profondo di Vegyn per il duo francese. Ma il rischio è che, al netto di alcune valide eccezioni, non emerga un reale desiderio di tornare ad ascoltarlo. Semmai, viene voglia di rimettere su l'originale.
27/06/2025