“Conditions III” è il terzo atto di una serie di Ep pubblicati - a poco meno di un anno di distanza uno dall’altro - da un esordiente trio nordirlandese, formato da Ross Cullen, Benedict Goddard e Luke Niblock. Scelta Belfast come quartier generale, i Chalk in questi mesi si son piazzati in prima linea fra i nuovi coraggosi protagonisti alle prese con la ridefinizione dei contorni dell’attuale scena post-post-punk britannica, ibridando gli scuri suoni noise-industrial e le affilate chitarre distorte con l’incontenibile euforia della techno music, un po’ la medesima ricetta dei Mandy, Indiana, altra formazione dall’inequivocabile estetica rock in grado di far bella figura anche sui palchi dei festival electro oriented.
Se volete farvi un’idea abbastanza precisa del loro approccio, ascoltate “Afraid”: come shakerare nel medesimo contenitore A Place To Bury Strangers e Underworld. Un suono possente e trascinante, che consolida quanto di buono diffuso dai Chalk nelle precedenti due pubblicazioni, sulla scia delle quali si sono guadagnati l'opportunità di aprire qualche concerto per Idles, Sprints e PVA.
I tre Ep finora centellinati, per complessive tredici tracce, compongono idealmente un album d’esordio di alto profilo, ma è in particolar modo con le quattro canzoni contenute in “Conditions III” che i tre giovani musicisti confermano una continuità che li proietta fra le più quotate next big thing del circuito alternativo d'oltremanica.
In questi brani si intercetta il bianco e nero dei tratti urbani più disperati del Regno Unito, ma al tempo stesso quel desiderio di riscatto espresso da ritmiche dance martellanti, capaci di far esplodere qualsiasi club alternativo. Il tutto portato a compimento in uno studio di registrazione situato nell’assoluto isolamento della remota Islanda settentrionale, sullo sfondo di panorami nordici perfetti per amplificare il senso di solitudine e spaesamento. Qualcuno lo ha definito “Berghain-rock”, definizione tanto audace quanto azzeccatissima per spiegare una densa monocromaticità pronta a spiccare il volo fra breakbeat fragorosi e coinvolgenti assalti sonici.
Se l’iniziale “Leipzig 87” ci accompagna per mano dentro un rave illegale e “Tell Me” delinea uno stato di drammatica claustrofobia notturna, “Pool Scene” si schiude verso imprevedibili scenari futuri, con uno svolgimento che – al netto del consueto crescendo centrale – appare più ragionato, fra melodie che ora si fanno più nitide e synth pronti a supportare l’irrequieta melodrammaticità del pezzo. Un momento necessario, dopo aver assorbito una quantità quasi insostenibile di vibrante intensità, sia emotiva che sonora.
Fra pochi giorni saranno in Italia per due date live, a Bologna e Milano: set consigliatissimo. Come prezioso antipasto, nella pagina trovate la clip video con l’esibizione integrale tenuta a Seattle per Kexp.
07/03/2025