Dalila Kayros - Khthonie

2025 (Subsound)
avantgarde, industrial

La musica sperimentale italiana sta attraversando la Sardegna come un vento impazzito. Da un lato, nomi ormai affermati (e comunque più accessibili) come Iosonouncane e Daniela Pes, dall’altro lato invece, la crescita esponenziale a livello underground di una musa dark già apprezzata nei piccoli circuiti nazionali (e non) da una fedele schiera di appassionati. Stiamo parlando di Dalila Kayros, eccellente performer e ricercatrice vocale accompagnata (fin dal 2018) dal compositore cagliaritano Danilo Casti, musicista attivo da svariato tempo in una lunga serie di collaborazioni/progetti collettivi (improvvisazioni elettroacustiche, installazioni multimediali, teatro di ricerca e danza contemporanea).

Il nuovo album segue inesorabilmente la scia del precedente “Animami” (2022), rivelandosi in parte maggiormente fruibile ma soprattutto ancora più solido e compatto in fase di produzione: nove brani di pura avanguardia, dai quali emerge un cupo tribalismo, capace di legare a doppio filo il passato arcaico di un’isola con la sua vivace contemporaneità.
La lingua sarda si sovrappone a basi elettroniche alquanto audaci, mentre la voce di Dalila Kayros esplora ogni universo possibile, spingendosi oltre la melodia e al di là dei più facili accostamenti (sarebbe riduttivo citare qualsiasi fonte di ispirazione al cospetto di una personalità così caleidoscopica). Ecco perché “Khthonia” è un paesaggio sonoro a dir poco multiforme, capace di mettere in contatto l’acqua, la terra, il fuoco e l’aria. Suggestioni che ammaliano come una filastrocca (“sakramonade cantu de luna, sacra sangre d’ira scura”) e come un rituale pagano consumato danzando senza freni.

Il tris iniziale è da brividi: “Nea” è una totalizzante ipnosi notturna, “Sakramonade” ha una carica energetica devastante, mentre “Mitza” suona come un presagio intriso di folklore-dark. Tre composizioni che da sole valgono il prezzo del biglietto.
Non sono da meno i brani successivi, a cominciare dal beat sincopato della più ariosa “Leviatan” o dalla cruda performance vocale che plasma a suo piacimento le atmosfere di “Lamia”, ennesimo piccolo capolavoro presente nel disco.

Se “Terranera” presto si trasforma in un ballo isterico (torna in mente l’argia sarda di antropologica memoria), con i nove minuti scarsi di “Susneula” ritroviamo suoni più abrasivi (Dalila Kayros si mantiene comunque a distanza di sicurezza dalle evoluzioni death-industrial di Lingua Ignota), in attesa della sontuosa doppietta finale costituita da “Lugoi” (un mantra nero) e dal crescendo elettronico di “Corpus Sonorum”, dove le corde vocali dell'artista sarda toccano dei vertici di assoluta drammaticità e disperazione. Un epilogo tragico, teatrale, dannatamente viscerale, per un album favoloso, proveniente dalle profondità terrestri, da un mondo sotterraneo, dunque ctonio (come suggerisce il titolo). Un culto che adesso merita solo di emergere dal buio, come lava incandescente.

08/04/2025

Tracklist

  1. Nea
  2. Sakramonade
  3. Mitza
  4. Leviatan
  5. Lamia
  6. Terranera
  7. Susneula
  8. Lugoi
  9. Corpus Sonorum

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