Un uragano, a modo suo. Impossibile parlare di Eska Mtungwazi senza menzionare l’esplosiva carica con la quale si presenta sul palco – stavolta era alla Rough Trade East di Londra, in occasione della pubblicazione in formato fisico di “The Ordinary Life Of A Magic Woman”, un mese prima del rilascio sulle piattaforme digitali. Testa rasata, spirito disinibito, voce fibrillante e un’inestinguibile energia punk, questa donna ha caricato sul pubblico come un carro-armato, travolgendolo con la sola forza di canzoni mai sentite prima, ma dalle quali era già impossibile scappare. Questo perché Eska non “interpreta”, quel che produce arriva dritto dalle proprie esperienze di donna matura e di musicista onnivora e autoprodotta – per dirla con le liriche dell’esplosiva “Down Here”, traccia d’apertura giocata su ritmi dispari e uno spleen alla Prince: “La musica mi scorre nelle vene”.
Ma per raggiungere tal purezza d’intenti i tempi possono essere snervanti; sono infatti passati dieci anni tondi dall’esordio “Eska”, impiegati per crescere una figlia e farsi i cavoli propri lontana dall’industria, salvo qualche saltuario contributo offerto a colleghi prescelti (Shabaka, Dave Okumu, Keleketla!).
Un senso di libertà emotivo e pazzoide pervade “The Ordinary Life Of A Magic Woman”, tramite strutture art-rock sintetiche e ruggenti, ritmi dinoccolati, melodie aliene e liriche a ruota libera, ora pungenti, poi aperte a libere associazioni. Per farsi un’idea, basti l’ascolto di “Daddy Long Legs”, arricchita da un sax in modalità free a cura di Soweto Kinch, o delle vigorose declinazioni indie-rock che punteggiano varie parti del lavoro, dalla chiassosa celebrazione di “Magic Woman” alle oblique atmosfere stile dEUS di “Fazerfolk”. O anche quando l’accattivante “Human” inscena una marcetta sintetica metà Bloc Party metà V V Brown, perché anche il pop può fare la sua parte, se opportunamente smembrato.
Ma Eska non sta ferma un attimo; inizialmente giocata sopra un lieve tappeto acustico wave, “All The Way Down” progredisce a piacimento tra ruggiti math e stridori Idm, un caos sonoro che contrasta a meraviglia con i momenti più dolci, ovvero il madrigale “The Edge”, con flauto e violoncello, e la splendida ballata folktronica “Touch”, tra arpe e ricordi di Bjork.
Disco oscuro, contorto e non sempre immediato, contiene anche intermezzi a vari livelli di decifrabilità, oltre a un’indolenza onesta da far male su “Snoozing Friends”, e quel finalino a sorpresa di “Muzak” che pare un nonsense dei Mr Bungle.
Ma, come spesso accade per lavori composti seguendo l’ispirazione a rotta di collo, “The Ordinary Life Of A Magic Woman” fa (ri)emergere un talento incontaminato, scevro di regole, se non la ferrea fedeltà al proprio verbo interiore.
Pur avvolta da uno status leggendario nella capitale inglese grazie a decenni di attività sotto varie spoglie, Eska continua a eludere il grande pubblico con le proprie uscite autografe, preferendo guardare altrove, oltre ogni steccato associatole in passato, che siano il soul e il gospel o le sonorità delle proprie origini familiari in Zimbabwe. Finché la musica continuerà a scorrerle nelle vene con tal forza, il risultato sarà sempre un’esperienza avvincente.
09/06/2025