Frederikke Hoffmeier stavolta si mette a nudo e decide di non utilizzare il moniker Puce Mary che l'aveva portata a una discreta notorietà nella scena noise-industrial, insieme a musiciste come Pharmakon o in parte Lingua Ignota. Più che un nuovo esordio (aveva già utilizzato il suo vero nome due volte, nel 2012 e nel 2013), questa è probabilmente una parentesi dedicata alle colonne sonore che non interrompe l'esperienza precedente. La grande opportunità le viene concessa dal regista svedese Magnus von Horn, giunto al suo terzo film con “The Girl With The Needle”, notevole produzione Mubi, che narra di una storia realmente accaduta in una Danimarca poverissima, disperata e colpita della Grande Guerra, dove ogni singolo individuo è vittima del nazionalismo militarista dell’epoca.
Magnus von Horn utilizza un bianco e nero magnifico, capace di scavare davvero in fondo al senso tragico della storia con la esse minuscola narrata (quella dei singoli individui) che vive nella cornice della storia con la esse maiuscola (il contorno rappresentato della Prima guerra mondiale), dove la follia dei singoli individui sembra uno specchio fedele della paranoia generale.
Frederikke Hoffmeier si inserisce magnificamente nelle immagini e negli ambienti desolati di “The Girl With The Needle”, mantenendo una certa coerenza con la discografia del progetto Puce Mary, con una colonna sonora abrasiva, che riesce ad amplificare l’effetto dirompente del lavoro del regista. Noise ed elettroacustica si alternano a momenti di piano, creando un mix spesso disturbante, ad esempio in brani come “The Orphanage”, dove i tasti fanno da base a droni taglienti di archi, con una melodia appena accennata che si ripresenta simile in “Dagmar's Enigma” con l'aggiunta di synth quasi sinfonici e successivamente in “Playful (Karoline)”, lento e angosciante susseguirsi di note dal ritmo funereo.
Quando Frederikke Hoffmeier si mantiene nei territori a lei consoni, lo fa con la consueta classe, con l'elettroacustica “Stuck, Faces”, con i decadenti archi distorti di “Karoline's Theme” e con le brevi composizioni noise di “Peter's Downward Spiral” o “Dark Matter (Ether)”. A tratti riesce anche a variare, discostandosi dai suoi suoni abituali, cercando sonorità elettroniche vagamente carpenteriane (“Coming Down”).
I synth diventano eterei in “Seagulls”, sei minuti che ripetono una sequenza di note su cui si inseriscono due basi, una dilatata e atmosferica e una noise, a creare un dualismo bizzarro che fa capire quanto sia serio e meritevole di apprezzamento il lavoro della musicista danese.
18/03/2025