Dopo una serie di album sempre convincenti che prendono un tema per elaborarlo, plasmando in modi differenti la materia sonora, Lucio Leonardi porta il progetto Pluhm nel vortice più basso possibile di sofferenza e dolore, riuscendo a elevare la propria musica a livelli che finora non aveva mai toccato. Siamo passati dal tema della mancanza (“Sull'assenza”) alla riflessione sul passato (“Canzoni di buio e luce”), alla perdita di sé stessi con “La caduta (l'ultimo canto)”, sino all'odierno "L'Anticristo o l'accettazione del male", titolo estremamente potente ed evocativo, che affronta (cito lo stesso autore) “un tema difficile, che parla della violenza, che esiste in ognuno di noi, e di come la facciamo sembrare normale accettandola e giustificandola”.
Il suono del progetto Pluhm si scurisce ulteriormente, ma soprattutto scopre un utilizzo magnifico di tromba, sax e piano che in passato non aveva mai avuto, prendendo spunto dai suoni dark-jazz di band come il Dale Cooper Quartet & the Dictaphones, i The Lovecraft Sextet o i The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble e probabilmente dalla colonna sonora del compositore sudafricano Trevor Jones del film “Angel Heart” del regista Alan Parker (un cult dimenticato).
I diciotto minuti della title track sono senz'altro il momento più alto immaginato da Lucio Leonardi, con una lenta introduzione di synth e rumori di fondo, cambi di note sino alle prime screziature elettroniche, inizialmente appena percettibili poi più invasivi sino all’ingresso, dal settimo minuto, della tromba suonata da Luigi Giannattasio che fa entrare il brano in un mondo totalmente differente. Ne nasce un lentissimo crescendo che, senza mai accelerare, scava a mani nude sino al fondo del tema affrontato: l'accettazione del male e la presa di coscienza che in noi e nella nostra società esiste un buco nero che fa paura. I synth diventano fiumi in piena, la tromba sempre più aggressiva sino all'ingresso di un piano a dettare tempi lenti in un magma sonoro sempre più vorticoso. Non è facile, oggi, ascoltare diciotto minuti così incisivi nella scena ambient.
“Rumori di un cuore malato” ha un lungo ingresso in territori dark-ambient con un drone a simulare la ripetitività di un battito cardiaco. Tutto cambia con una singola nota di synth e la successiva, lunga coda di tromba. Pur mantenendo caratteristiche in comune, il terzo brano lungo (quattordici minuti), “Essere nulla, sentirsi nulla”, ancora una volta nel campo dark-jazz (stavolta col sax suonato da Guido Tabone), ha un utilizzo del piano che non si era mai sentito nei dischi del progetto Pluhm, con un fiume di note a incidere nel gorgo oscuro di synth e sax.
Probabilmente l'album della maturità di Lucio Leonardi, forse nato da un periodo difficile, di quelli che possono far crescere l'animo di un musicista. Forse no. Ad ogni modo, un lavoro da ascoltare con attenzione e dedizione.
15/04/2025