La storia degli Stereolab è stata contrassegnata da un continuo fermento quasi situazionista, percepibile in ogni loro gesto o in qualsiasi scelta artistica e creativa. La sensazione che nulla venga lasciato al caso è rafforzata dall'ostinazione con la quale la band anglo-francese ha prodotto e demolito nuovi linguaggi sonori. Gli Stereolab hanno cambiato in maniera definitiva la percezione comune di quell'universo sonoro fatto di groove e beat, fino a renderlo colto, cerebrale, perfino ostico, contrariamente alla propria natura di ritmico oscillare e input danzerecci.
Dopo un ultimo album targato 2008, "Chemical Chords", un successivo periodo di stasi, appena turbato da una raccolta di outtake e sparute apparizioni live, e un ritorno in scena nel 2019 per una serie di tour consacrati alle versioni rimasterizzate e ampliate dei loro album per la Warp, il nome degli Stereolab sembrava destinato a essere relegato al passato. Invece, poche settimane fa è arrivato l'annuncio di un nuovo album di inediti.
La musica degli Stereolab è autarchica, avventurosa e originale quanto basta per resistere alle immancabili accuse di immutabilità, e non stupisce che il nuovo album sia stato accolto con pareri discordi dalla critica - un tiepido 7 da The Wire e addirittura un 4 da Record Collector - ma chi ha avuto la fortuna di intercettarli nella loro recente tournée italiana del 2022 ha potuto verificare che, nonostante il lungo lasso di tempo trascorso, la band anglo-francese non ha perso né in smalto né in modernità.
Per molti critici e seguaci della band uno degli elementi di scetticismo è l'impossibilità di far rivivere gli incastri vocali tra Laetitia Sadier e la compianta Mary Hansen, ma la prima novità è che oltre alla nuova vocalist Marie Merlet (ex-collega della Sadier nei Monade), ci sono ben due voci maschili, Joe Watson e Xavi Muñoz. Ulteriore spessore è offerto dal ruolo di ingegnere del suono di Cooper Crain dei Bitchin Bajas, una presenza che subito evoca la scena post-rock di Chicago e il contributo di John McEntire dei Tortoise nel disco degli Stereolab "Dots And Loops".
Il brio yé-yé di "Aerial Troubles" apre le ostilità concentrando in un sol attimo tutti gli elementi formanti dell'album - le quattro voci, il tipico tempo downbeat del gruppo, la malleabilità dei ritmi e dei sintetizzatori - ribadendo le mai sopite velleità sociali e politiche, non a caso gli Stereolab non hanno mai escluso dalle loro scalette live il potente manifesto ideologico socialista di "Refractions In The Plastic Pulse".
Le sfaccettature di "Instant Holograms On Metal Film" sono alquanto familiari. Anche i titoli dell'album e delle tredici tracce inducono a credere che il gruppo prediliga restare in una comfort zone, ma è una sensazione che viene disfatta dalla qualità della scrittura e degli arrangiamenti: il suono della cornetta di Ben LaMar Gay che amplia i già estesi confini stilistici di "Immortal Hands", l'oscillante e contagioso swing ritmico e melodico di "Melodie Is A Wound" e la notevole incursione della psichedelia in chiave lounge di "Transmuted Matter" sono solo alcune delle tante meraviglie che gli Stereolab mettono in fila in questa inquieta e suggestiva colonna sonora immaginaria.
Chi avesse nostalgia delle gustose ibridazioni di kraut-rock, Bacharach style e tropicalia può orientare l'orecchio alla vezzosa "If You Remember I Forgot How To Dream Pt. 1", i più compassati potranno bearsi delle spurie prog di "Vermona F Transistor", i detrattori delle sembianze più pop troveranno pane per i loro denti nella furia strettamente strumentale di "Electrified Teenybop!" e nello sfacciato pastiche futurista di "Esemplastic Creeping Eruption", trovando ristoro armonico nella più mesta "Flashes From Everywhere".
Spetta comunque a "Le Coeur Et La Force" la palma di brano più atipico, una discesa negli inferi poetici di Robert Wyatt con un substrato elettronico alla Tomita.
Sul versante dei testi la ferocia socio-politica trova la sua maggiore espressione nella ironica e quasi comica "Color Television", un duro attacco ai media e al loro ruolo di imbonitori delle masse ad uso e consumo delle classi politiche ed economiche, l'incalzare ritmico (quasi un moderno da-da-um-pa kessleriano) e la banale coda strumentale sono la perfetta sintesi dell'impassibilità dell'uomo contemporaneo.
Ora la parola passa al pubblico, ai social, alla sovraesposizione di commenti che rischia di confondere l'ascoltatore. Quel che è certo è che i fan non resteranno delusi, i critici avranno pane per i loro denti per almeno una ventina di giorni, ma alla fine quello che conta è che gli Stereolab sono tornati con un disco musicalmente potente, dove non v'è traccia di routine. Ascoltate "Instant Holograms On Metal Film", lasciatevi trastullare e keep calm.
23/05/2025