Laetitia Sadier

Attivismo e art-pop per guarire dai traumi

intervista di Claudio Fabretti

Laetitia Sadier - Stereolab - Live a Ciampino 2022Galeotta fu una foto, scattata dal sottoscritto in occasione del ritorno in Italia degli Stereolab, all'Orion di Ciampino (Roma) il 10 novembre del 2022, a 21 anni da quel concerto romano di Enzimi (21 settembre 2001) che mi fece definitivamente innamorare di loro. Tra i commenti scopro un "Nice pictures (for once!)", firmato nientemeno che Laetitia Sadier. Da allora, è iniziato un lungo inseguimento, protrattosi fino a qualche giorno fa, quando finalmente siamo riusciti a realizzare l'intervista promessa. In mezzo è successo molto: i postumi di una pandemia mondiale, due guerre devastanti, una spaventosa evoluzione politica francese (ed europea in generale) e, per fortuna, un nuovo disco di Laetitia, intitolato "Rooting For Love". Da qui partiamo per questa intervista, dopo la premessa doverosamente dedicata alla memoria della regina delle chanteuse francesi, Françoise Hardy. Una chiacchierata a tutto tondo, che spazierà dall'attività solista a rivelazioni sulle dinamiche travagliate degli Stereolab, dai traumi della Rivoluzione francese ai rischi politici attuali, da Mina a Giorgio Tuma. Con un senso di fiducioso attivismo sotteso a ogni discorso, nel segno di un'utopia: quella di un'armonia collettiva che possa finalmente soppiantare l'era delle divisioni e dell'egocentrismo.

Ciao, Laetitia. Come stai?
Bene, grazie. E tu?

Bene, sono felice di poter finalmente fare questa intervista!
Grazie. Beh, non l'abbiamo ancora fatta, ma ora ci siamo più vicini. Molto più vicini!

Già… Allora inizierei inevitabilmente con una domanda su Françoise Hardy, scomparsa pochi giorni fa. Cosa ha rappresentato per te, come cantante francese e per la musica del tuo paese in generale? Ti ha influenzato in qualche modo?
Non all'inizio. Da giovane mi ritrovavo molto di più in France Gall. E poi soprattutto in Brigitte Fontaine. Françoise Hardy era molto più sottile, più eterea, non così immediata. Approfondiva tematiche sulle donne, ma a quel tempo sentivo che era tutto troppo romantico per la mia sensibilità punk. Ma è stata una grande cantante. Adoro in particolare l'album “La Question”, che ha scritto con la cantante brasiliana Tuca. È assolutamente splendido. In quel caso, non solo mi sono identificata con lei, ma mi sono anche sentita arricchita dalle sue canzoni, personalmente e come donna. Quindi, nel complesso, posso dire che Françoise Hardy è stata molto importante per me.

Penso che si dovrebbe sempre ricordare che lei non è stata soltanto “la ragazza yé-yé degli anni 60”, come molti media si limitano a definirla...
Sì, assolutamente. Non so perché i media vogliano sempre ridurre le persone a una cosa sola. Solo e semplicemente “Tous les garçons et les filles…” (canticchia la canzone, ndr)... Ma lei è stata molto più di questo. I suoi esordi sono quasi insignificanti rispetto a quello che ha fatto e scritto in seguìto, a come si è evoluta come poetessa, come cantautrice. Una cantautrice molto abile e molto potente. Non solo quella piccola creatura tenera, come le donne vengono spesso etichettate, come se fossero in fondo piccole cose insignificanti.

Però credo che anche negli anni 60 abbia realizzato bellissime canzoni.
Sì, certo, ma poi è cresciuta e si è evoluta ulteriormente, e spesso la società tende a sopprimere questo tipo di affermazione femminile così forte.

Laetitia SadierParliamo del tuo ultimo album, “Rooting For Love”. È uscito a sei anni di distanza dal precedente. Perché hai aspettato così tanto e cosa hai fatto in questo periodo?
Beh, c'è stato un lockdown di due anni in quel periodo… avrei potuto pubblicare un album, ma non avrei potuto portarlo in tour. Forse in futuro pubblicherò un album senza portarlo in tour, ma ora per me è davvero essenziale riuscire a farlo. La componente live è importante per me nel realizzare un disco. Quindi semplicemente non volevo pubblicare nulla in quel periodo. Poi anch'io mi sono ammalata di Covid in modo abbastanza pesante e non avevo davvero l'energia per pubblicare un disco. E comunque, in generale, non ho fretta di pubblicare dischi, ho bisogno di prendermi un po' di tempo per lavorarci sopra. In quel periodo ero anche nel mezzo di un lungo tour con gli Stereolab...

Sì, vi ho visti vicino Roma, a Ciampino, nel 2022... Ricordi quella foto?
Oh sì, quel posto vicino Roma. Ricordo anche la foto!

Giorgio Tuma e Marker Starling hanno dato un contributo importante al mio ultimo disco: loro hanno un approccio classico alla musica, non prettamente sperimentale. Ed è anche il mio caso: non sono John Cage, ma mi piace superare i confini. Mi piace l'idea che sia la musica a guidarmi, se invece mi metto a controllare ogni aspetto di quello che faccio, poi non suona così bene.

Nella nostra recensione su OndaRock abbiamo definito “Rooting For Love” un album coraggioso, perché tenta di sperimentare in campo pop. Hanno influito sul risultato anche le tue recenti collaborazioni? Puoi raccontarci, in particolare, qualcosa del tuo lavoro con Giorgio Tuma e Marker Starling?
Non so quanto specificamente un album venga influenzato… Tutto influenza e arricchisce il mio lavoro, ma Giorgio Tuma e Marker Starling sono davvero ottimi cantautori e compositori. Hanno un modo più classico di avvicinarsi alla musica, non sono ciò che definirei "sperimentale", ma sono esplorativi nel loro modo di scrivere canzoni. Ma ovviamente tutto ha un impatto sulla mia scrittura e sulle mie esplorazioni, ed è vero che mi piace superare i confini. Mi piace farlo a modo mio, in modo molto umile, ma voglio sentirmi invincibile! Non sono John Cage, non ho questo approccio, ma sono comunque molto sensibile a come la mia musica si connette alla realtà, all'ambiente circostante. Il mio approccio è quello di lasciare che sia la musica a guidarmi, non io a dettare ogni singola nota. Perché ho notato che quando lo faccio, quando provo a controllare la musica in ogni suo aspetto, non suona così bene. Quando mi lascio guidare dalla musica, invece, è molto diverso. E ora sono abbastanza matura per averlo capito. Diventa una sorta di processo inconscio guidato. Non sono sicura di chi guida chi! Ma non è questo il punto. Il punto è lasciarsi guidare.

In "Rooting For Love" hai coinvolto anche un gruppo vocale, The Choir. Come hanno influenzato il tuo stile di canto?
Non è una novità che io ami le voci. Adoro The Choir. Ho anche cantato in The Choir. In una voce collettiva, c’è un potere speciale, e ho voluto che fosse presente e preponderante nel mio album: sono molto legata a questa idea. E penso che sia importante in questo momento avere voci umane che cantano insieme come una cosa sola. Un altro tema importante del disco, infatti, è l'unità, come principio-cardine dell'umanità. Se l’umanità vuole davvero ritrovare la sua strada, dovrà ricercare le ragioni dell’unità, della collettività, invece di obbedire alla natura divisiva del capitalismo, a questo tipo di illusione 3D secondo cui tutto è separato. Invece non è così. Tutto ciò che comporta questo tipo di approccio è creare divisioni e guerre. E guarda dove siamo adesso. Siamo sulla buona strada per una guerra, stiamo già vivendo una guerra e ci saremo sempre più dentro, perché siamo ipnotizzati dall’idea che siamo tutti entità separate, che siamo in competizione tra noi e che l'altro è una specie di nemico. E questo semplicemente non è vero. Siamo una cosa sola, anche se ognuno di noi è diverso. Quindi il coro vuol essere anche una rappresentazione di questo concetto.

Ne è la perfetta dimostrazione, in effetti…
Sì, ma rende anche tutto armonico: puoi sentire voci diverse lì dentro, perché ognuno è diverso, ognuno è unico.

Ognuno è diverso, ma il risultato è una voce collettiva.
Esattamente. Ma non è una voce “fascista”. Il fascismo significa semplicemente “tutti obbediscono a questo formato”. E non è assolutamente il mio punto di vista. Voglio promuovere l'idea che ognuno possiede qualcosa di unico, con cui può contribuire alla collettività.

Conoscendo le tue idee politiche, non avevo dubbi in proposito…
Devo chiarirlo perché, sai... guarda i recenti risultati delle elezioni europee in Francia...

I risultati delle elezioni europee in Francia sono stati uno shock. È stato come un colpo allo stomaco e in faccia. Quel Bardella probabilmente vincerà e ci porterà al caos, con l'abbandono della sfera pubblica da parte dello stato e nuove lacerazioni sociali

Eh sì, lo so. Sei preoccupata?
Ero appena arrivata a Parigi da Londra quella domenica, quando abbiamo avuto i risultati e ne sono rimasta scioccata. È stato come un colpo allo stomaco e in faccia. Per circa una settimana sono rimasta sotto shock, anche se era previsto... Si è verificato uno scenario simile in Italia e, a quanto pare, lo avremo anche noi. Sono abbastanza sicura che quel Bardella riuscirà a farcela.

Vincerà le elezioni...
Lui non ha un programma. O meglio, ha un programma, ma nessuna idea politica. E quindi dobbiamo prepararci a un ulteriore caos derivante dall’abbandono della sfera pubblica da parte dello Stato, per lasciarla alle società private che distruggeranno ulteriormente il tessuto sociale. Quindi, sì, è preoccupante, ma non voglio essere disfattista e depressa per questo, anche se sarebbe facile esserlo. Voglio anzitutto essere sicura che stiamo davvero vivendo tutto ciò. C'è anche un risultato interessante della sinistra, dai partiti ecologisti al partito comunista, dai socialisti all'ala più di sinistra La France Insoumise… loro dicono “Ok, beh, adesso dobbiamo unire le forze”. E stanno cercando di farlo davvero.

Anche se è sempre molto difficile trovare l’unità a sinistra, anche in Italia. È un grosso problema per la sinistra in generale, in tutto il mondo.
Sì, perché si lasciano guidare dall’ego e perdono di vista le priorità che dovrebbero accomunarli. È tutta una questione di ego. E questo è anche un tema importante del mio album: cercare di vedere oltre l’ego, perché l’ego è come un ostacolo alla scoperta della nostra vera natura. In noi c'è qualcosa di più di quanto l'ego ci porti a credere. E l’ego è manipolabile dai media. Sai una cosa? Se non ti fai condizionare dall’ego e resti davvero sovrano di te stesso, avrai meno probabilità di essere influenzato da ciò che gli altri pensano di te. Ed è anche meno probabile che tu possa venire manipolato dall’horror show mediatico che ci martella ogni giorno.

Siamo tutti traumatizzati, è come una ferita collettiva. Ma solo noi stessi possiamo curarla. L'unica forma di guarigione è guardare a fondo in noi stessi e smettere di proiettare sugli altri le nostre zone d'ombra e la nostra rabbia.


Laetitia SadierNel tuo album rivolgi “un appello alle popolazioni traumatizzate del pianeta affinché possano evolversi finalmente oltre millenni di sofferenza e alienazione”. A quali realtà specifiche ti riferisci? E come pensi che sia possibile riuscire a portare a termine questa missione?
Può sembrare strano, ma è quello che ho passato negli ultimi mesi e anni. Ho avuto alcune informazioni provenienti dal mio corpo, dalle mie cellule, dal mio Dna. Sì, alcune informazioni di vite passate bussano alla mia porta e dicono che c'è stato un trauma qui e un trauma là. La Rivoluzione francese durò 10 anni, gli ultimi cinque dei quali furono conosciuti come “La Terreur”. E io ho come dei ricordi chiari degli anni vissuti al tempo di “La Terreur”, in particolare di quando ero una bambina handicappata di 5 anni, che non poteva muovere le gambe ed era stata abbandonata dalla sua famiglia che era dovuta scappare con urgenza e mi aveva lasciato lì, a morire di fame, sete e spavento. Come se l’avessi vissuto, ma in un altro corpo, in un altro momento, negli anni del Terreur. È spaventoso. E questo è solo un esempio di quegli anni, e so che i francesi sono stati traumatizzati, traditi, spinti alla rabbia più feroce. È così esasperante quando vieni trattato da schifo appositamente, in modo che qualcuno possa affermare il potere e avere piena autorità su di te. Quindi, era un momento storico in cui cercavamo la nostra sovranità come popolo e quello che invece abbiamo ottenuto è stato “La Terreur”, qualcosa di opposto a ciò che credevamo fosse possibile. Abbiamo eliminato la monarchia, ma l’abbiamo sostituita con un’altra forma di autorità esterna oppressiva, non con la nostra libertà. Quindi ci abbiamo provato e abbiamo fallito. E penso che non abbiamo mai lavorato su questa ferita collettiva, esaminando più a fondo il modo in cui ha generato un malessere collettivo.

Una ferita collettiva per tutto il popolo francese…
C'è una ferita collettiva. Voglio dire, sto parlando dei francesi, della mia esperienza qui. Ma è solo un esempio, perché vedo che gli irlandesi sono completamente traumatizzati, e anche gli italiani hanno ferite profonde da rimarginare. È un problema generale.

Qual è la cura?
Abbiamo la cura. Noi siamo la cura. Quello che dobbiamo fare è scavare dentro di noi e cercare le tracce di queste ferite: entrare in contatto con il nostro “io” del passato e interrogarlo. Potrebbe avere cose da comunicare, bisogna ascoltarlo con attenzione. Tutto là fuori è costruito affinché tu possa farne a meno: guardare il tuo telefono, essere sempre impegnato, in modo da non fare mai i conti con te stesso. Ma se non lo fai, non puoi guarire: tutto lo schifo, tutto il bene, tutto il male, tutto il dolore, anche i piaceri… dobbiamo sentirli e metabolizzarli. Se non fai questo lavoro di introspezione, su tutte le cose che non vuoi vedere di te stesso, finirà che le proietterai sugli altri. Ed è esattamente così che si iniziano le guerre. Guardate gli ebrei con i palestinesi in questo momento. È tutta rabbia, oscurità che non è stata assorbita e viene ora proiettata sugli altri. Il risultato sono le guerre e grandi introiti per un’industria molto redditizia…

Torniamo alla musica. La tua produzione solista si è allontanata dall’art-kraut-pop originale degli Stereolab, esplorando territori come il lounge pop, la bossa nova e la musica da film: puoi raccontarci come è nato il tuo interesse per questi generi e quali artisti ti hanno influenzato nel tuo percorso?
Non lo so. Non sono brava a catalogare e archiviare. Ma posso dire che per me Brigitte Fontaine è stata davvero importante. E in effetti anche certa musica brasiliana mi ha sempre affascinato, anche per il fatto di essere nata come una risposta creativa al regime fascista, al tempo della dittatura in Brasile alla fine degli anni 60 e 70.

Laetitia Sadier Sì, ti riferisci al movimento del Tropicalismo?
Sì, è stato davvero importante. Ed è sempre per queste ragioni che ero una grande fan dei McCarthy, perché c'era questo tipo di musica pop molto “jingly”, con bellissime canzone e splendide melodie. Era stupefacente. E nei testi cercavano di affrontare l’oscurità della psiche umana, analizzandone la complessità e il modo in cui tutto ciò si sarebbe tradotto nella sfera politica. Perché Malcolm (Eden, il cantante, ndr) non era tanto interessato ai sentimenti, quanto alla ricerca di risposte politiche dalle persone. Quindi, sì, lo ritenevo un un gruppo davvero affascinante. Il potere di trasformazione della musica è stato un grande amico per me. Ero piuttosto sola e la musica significava davvero tanto per me: se non ci fosse stata la musica, non credo che avrei vissuto molto a lungo.

È Tim Gane, invece, “l’anima Velvet Underground” degli Stereolab?
Certo, lui li adora, ma anche io… sono una grande fan dei Velvet. Sono le mie basi: Velvet Underground, Young Marble Giants... e anche i McCarthy. Poi mi hanno sempre affascinato i Residents. Ma anche i My Bloody Valentine sono stati fondamentali per me, e il movimento Tropicalia. Cose così. Ma i Velvet sono stati decisivi: una volta che entri in contatto con loro, non puoi più guardare indietro. Come se proprio tu non possa non vedere, non percepire la loro importanza.

Progetti con gli Stereolab? Forse ci sono, ma è troppo presto per parlarne. I problemi con Tim nascevano dal fatto che lui non voleva che fossi coinvolta musicalmente nella band, ma solo per la scrittura dei testi e il canto. È stato molto frustrante per me, così ho creato i Monade. Sentivo il bisogno di dare vita finalmente alle mie idee musicali. Con i miei ritmi, senza più forzature. Curiosamente ho poi realizzato il contrasto di parole tra mono e stereo dei due progetti!

A proposito degli Stereolab, è stato bellissimo rivedervi suonare dal vivo a Ciampino (Roma). Ci sono progetti in arrivo per gli Stereolab?
Forse ci sono, ma non posso discuterne.

Non puoi anticiparci qualcosa?
No, è troppo presto, non posso proprio parlarne.

Qual è il tuo album preferito degli Stereolab o quello a cui ti senti più legata?
Non lo so. “Not Music”, forse, l'ultimo.

Davvero? Non me l’aspettavo... E dei dischi storici?
Non lo so. Onestamente, preferisco non parlare dei vecchi dischi degli Stereolab. Forse un giorno parleremo di alcuni nuovi dischi degli Stereolab. Nel frattempo, ho un nuovo album in uscita, ho otto album all’attivo... Comunque, sì, sono ancora negli Stereolab. Sono anche in Isidora, nel Source Ensemble, in Modern Cosmology, c'è molto di cui parlare!

Laetitia Sadier - MonadeHai anche pubblicato tre album a nome Monade. Puoi dirci qualcosa di quel progetto? È ormai definitivamente concluso?
No, non penso mai ai miei progetti in termini di qualcosa che finisce. Penso che siano un continuum. Ho iniziato con Monade perché Tim non voleva che fossi coinvolta musicalmente nella band, ma solo per la scrittura dei testi e il canto. È stato molto frustrante per me, perché anche la musica è la mia forma di espressione. Lui voleva controllarla completamente, ma il mio desiderio di creare la mia musica era sempre più forte. È il potere della creatività, ed è sempre destinato ad aumentare, qualunque cosa accada, non importa quanto cerchi di reprimerlo.

Avevi tante idee nel cassetto e finalmente sei riuscita a tirarle fuori...
Avevo dei sogni, come sogni bagnati, e canzoni che uscivano fuori dai miei sogni. Quindi il progetto Monade è nato da questo. Ed è divertente, perché avevo sentito parlare del termine “monade” che significa unità, qualcosa che non può essere diviso. E ho pensato che bella parola... Mi ci sono voluti alcuni anni per realizzare che ero in una band con il mio ragazzo chiamata Stereolab e avevo creato un’attività da solista chiamandola Monade. Quindi “mono” e “stereo”. Mi ci sono voluti tre anni per realizzare l'aspetto inconscio della mia scelta del nome!

In effetti, non avevo mai pensato al gioco di parole “mono-stereo”… Quindi con Monade ti sei sentita finalmente libera?
Già. Fondamentalmente Monade era come il mio parco giochi, perché non sapevo suonare molto bene la chitarra, non potevo misurarmi con Tim Gane come songwriter: lui aveva molta più esperienza, io ero inesperta e agli inizi. In quel parco giochi, invece, mi sentivo al sicuro. Non c'erano paletti. Non stavo cercando di intraprendere la mia carriera da solista e superare gli Stereolab. Non c’erano altri obiettivi se non quello di aprire uno spazio in cui mi sentissi felice e al sicuro. Sperando di potermi unire a persone che non fossero necessariamente del tipo "oh, sono il più grande cantautore sulla Terra!". Persone che avevano semplicemente il desiderio di fare canzoni, di godersi il processo musicale, di farlo con i suoi tempi e di lasciarlo svolgersi, invece di forzarlo. Non volevo più forzature, volevo solo che le cose emergessero, con i loro tempi.

Posso capire come ti sei sentita all’interno degli Stereolab. Ma in realtà credo che il ruolo di chi canta in una band sia sottovalutato: per me, ha quasi la stessa importanza di quello dell’autore delle musiche. Insomma, adoro gli Stereolab anche e soprattutto per la tua voce, il tuo modo di cantare e interpretare i brani…
Grazie. È anche la cosa più difficile da fare, sai, perché cantare è direttamente connesso alle tue emozioni. Quindi ti stai esponendo direttamente, soprattutto quando non sei una cantante esperta, come nel mio caso. Non ho frequentato la scuola d'opera, quindi non possiedo la tecnica per nascondere le mie emozioni.

Laetitia Sadier - Tim Gane - StereolabQuindi il tuo stile è molto naturale, istintivo…
Sì. Anche scrivere testi è molto difficile, molto impegnativo, comporta una grande responsabilità! Bisogna usare parole poetiche o evocative senza dire cose troppo a naso e avere la capacità di aprire le porte dell'immaginazione del campo sensoriale ed emotivo. È un'arte. All'inizio ero felice di farlo, ma, anche in questo caso, non ero allenata. Ho fatto tutto mentre andavamo avanti e Tim scriveva 50 canzoni per un album, 35 delle quali le registravamo. Quindi dovevamo agire, dovevamo produrre molto velocemente. E per me è difficile scrivere 35 canzoni, 35 testi in modalità “bam bam bam bam bam”.

Forse in effetti l'unico difetto degli Stereolab è stata proprio un’eccessiva prolificità, almeno in alcuni periodi.
Ecco perché abbiamo dovuto avere tutti questi album, perché avevamo così tanto materiale! E scrivere i testi penso sia la cosa più difficile che puoi fare. Scrivere una melodia è facile, amico. Tim è senza dubbio un ottimo cantautore, ma mi ha lasciato i compiti più difficili nel realizzare una canzone. Purtroppo, è vero che il lavoro di chi canta viene spesso sottovalutato, soprattutto se a farlo è una donna. Il suo lavoro non avrà lo stesso valore di quello di un uomo e questo è il risultato di millenni di patriarcato.

Concordo. Credo che il maschilismo sia ancora molto diffuso nel mondo della musica.
Ne siamo fortemente impregnati, ma alla fine questa visione patriarcale non serve a nessuno, nemmeno agli stessi uomini. Pensano che sia a loro vantaggio, ma non è così, perché gran parte della loro sensibilità, della capacità di provare ed esprimere sentimenti è stata spenta. E questo è drammatico. Vedo molti uomini completamente persi al giorno d'oggi. E i vecchi metodi di automedicazione non funzionano più. Quindi sì, forse andranno in guerra. Ok, vai in guerra, uccidi la gente. Se questo è il tuo programma, beh, forse dovresti cambiarlo. Non serve a nessuno e a questo punto mette a rischio la vita dell’intero pianeta.

Nel mio caso, però, voglio difendermi: adoro le cantanti donne e su OndaRock ho sempre cercato di dare loro il giusto risalto (ridiamo).
È fantastico!

Quali sono gli ultimi album che hai ascoltato con piacere e gli artisti recenti con cui ti piacerebbe collaborare?
Per quanto riguarda gli artisti recenti, c'è questo disco di Zooey... sono pessima nel ricordare i nomi. Beh, ho ascoltato il nuovo album dei Broadcast, penso che sia molto bello. Mi piacerebbe collaborare con Ben LaMar Gay. Sì, vediamo, cosa ho ascoltato? Oh sì, Sofia Bolt. Se ti piacciono le cantautrici, adorerai il suo lavoro, ha una produzione molto vasta e interessante. Cos'altro... mi piace Susan James, pubblicherà un album che uscirà il mese prossimo. Ho già ascoltato il suo disco perché è mia amica e lo ha suonato, adoro il suo modo di scrivere, è davvero spettacolare. E una cantante mauritana, Noura Mint Seymali, la sua voce mi arriva dritta all'anima, lo stesso accade con Maluma, anche lei cantante nordafricana. Artisti, cantanti e produttori di musica molto potenti. Arto Lindsay ha pubblicato un nuovo album, lo adoro davvero, sono una grande fan di Arto. Interessante l'album dei Rrose intitolato “Please Touch”. E “Ahora” dei Melena è un buon album... Il nuovo Oscar Mulero, “Drifting Northward Ep”. E infine il nuovo disco degli Aquaserge, intitolato “La Fin de L’Economie”, è davvero un successo.

Dei classici della musica italiana amo Mina, una cantante che ha davvero tutto, e Lucio Battisti. Ma trovo incredibile che ancora non sia stato riconosciuto il giusto valore al lavoro di Giorgio Tuma: ha un enorme talento e io sono una sua grande fan! Anche in Francia spesso non riconosciamo i meriti dei nostri artisti, a volte addirittura li odiamo, forse perché siamo disgustati da noi stessi.

Com’è il tuo rapporto con l’Italia? Ti piace qualche musicista italiano?
Si chiama Mina?

Sì, Mina, la regina delle cantanti italiane!
Sì. “Parole parole parole” (canticchia, ndr). Lei ha davvero tutto: le canzoni, la voce, l'atteggiamento, la passione, il coraggio, e questo è davvero notevole. E anche il songwriting e il modo di produrre. Naturalmente c'è una grande tradizione musicale in Italia... Lucio Battisti... voglio dire, questo tipo di canzoni. Ma poi ci sono anche le novità: ad esempio, sono un grande fan di Giorgio Tuma.

Sì, anche noi su OndaRock lo apprezziamo e recensiamo i suoi album...
Bene. Sono felice che lo conosciate, ma non basta. Penso che sia molto triste che l'Italia non abbia potuto ancora riconoscergli il suo grande talento. Avrebbe dovuto ottenere molti più riconoscimenti nel suo paese.

Sì, meriterebbe molta più attenzione.
E sai una cosa? In Francia, facciamo lo stesso con i nostri artisti. Li odiamo perché siamo disgustati da noi stessi. Odiamo noi stessi e quindi ce la prendiamo con i nostri artisti. E preferiamo amare gli artisti americani, piuttosto che i nostri stessi figli, e così proiettiamo il nostro odio per noi stessi sui nostri stessi artisti.

In realtà, in Italia siamo abituati a pensare che la Francia abbia un approccio molto più nazionalista di noi...
La Francia ha avuto un po' di fiducia nel successo degli Air, dei Phoenix e dei Daft Punk. Ma prima, ad esempio, era tragico il modo in cui odiavamo noi stessi negli anni 90. Le persone erano così critiche l'una verso l'altra che ti avrebbero sparato, se ti fossi azzardato a proporre qualcosa di creativo...

Ho visto proprio qualche giorno fa gli Air in concerto a Roma… A me piace in generale la musica francese.
Possiamo tranquillamente affermare che noi abbiamo una sorta di identità musicale legata al fatto di essere francesi. Penso che abbiamo davvero bisogno di essere rassicurati sul fatto che, ok, possiamo essere noi stessi. Non dobbiamo odiarci. Possiamo tranquillamente essere creativi e amare ciò che facciamo. È stato duro, per me, vedere cosa è successo a Giorgio, soprattutto durante un programma radiofonico che abbiamo fatto sulla radio nazionale, lo hanno trattato così male, volevano forse punirlo per aver osato proporre la sua creatività...

Davvero?
Se tratti bene gli artisti, li incoraggi. Penso che dovresti farlo, se sei una radio nazionale. Invece l’hanno trattato come se volessero demolirlo. Ed è stato straziante vedere questa crudeltà.

Un altro genere musicale italiano che dovrebbe piacerti, a giudicare dalla musica degli Stereolab, è la soundtrack music di marca lounge degli anni 60 e 70... Compositori come Piccioni, Umiliani, Morricone, ovviamente, e molti altri.
Sì, certo, amo anche questa musica.

Bene, allora, ti vedremo in tour in Italia?
Sì, ho intenzione di venire in Italia a novembre. Andrò a Roma, Perugia, Milano e forse anche in altre città. Fate attenzione, presto lo annuncerò!

Ok, l'ultima risposta è libera. C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Sì, vorrei concludere con questo... Ho capito da molte conversazioni che le persone ormai pensano che comunismo e fascismo siano la stessa cosa. E non sono assolutamente la stessa cosa!

Forse la forma storica del regime è stata la stessa, ma ovviamente non l’ideologia.
Sì, l’ideologia è fondamentalmente molto diversa, perché il comunismo accetta e riconosce pienamente che siamo tutti diversi e che tutti abbiamo qualcosa di diverso da portare a questo mondo e che dovremmo sbocciare come individui all’interno di una collettività, di una comunità. Nel cuore di una comunità ognuno può far fruttare le proprie qualità. Il fascismo non è questo. Il fascismo è “tutti fanno e obbediscono alla stessa autorità”. Ci sarà una regola per il popolo e un’altra per le élite al potere.

È la fine della libertà, semplicemente.
Sì, voilà. Non è facile raggiungere la libertà per tutti, perché ci sono cose di cui occuparsi. Quindi ci deve essere una certa organizzazione. Mi piace molto l'analisi di Cornelius Castoriadis, che parlava di auto-organizzazione. Dobbiamo avere fiducia nella nostra capacità di auto-organizzarci, dobbiamo farlo, per poter funzionare, per non essere trascinati nel caos. Devi mettere un semaforo rosso e uno verde e la gente deve capire che il rosso è stop, il verde è via. Altrimenti è il caos. La forza organizzatrice risiede nella natura. La saggezza è dentro di noi. E dobbiamo avere fiducia che sia lì. Vivere in una condizione di paura produrrà solo risultati negativi. Fondamentalmente, dovremmo avere molta più fiducia in noi stessi, anziché essere sempre diffidenti. Sì, voilà.

Grazie mille, Laetitia, e in bocca al lupo per tutto, a bientot!
Ciao ciao!

(Contributi di Gianfranco Marmoro)

(30/06/2024)



Discografia

STEREOLAB
Super Electric (Ep, Too Pure, 1991)
Switched On (antologia, Too Pure, 1991)
Peng (Too Pure, 1992)
Low-fi (Too Pure, 1992)
Space Age Batchelor Pad Music (Too Pure, 1993)
Jenny Ondioline (Ep, Duophonic, 1993)
Transient Random Noise Bursts With Announcements (Elektra, 1993)
Mars Audiac Quintet (Elektra, 1994)
Music For The Amorphous Body Study Center (Duophonic, 1995)
Refried Ectoplasm (antologia, Drag City, 1995)
Cybele's Reverie (Ep, Duophonic, 1996)
Emperor Tomato Ketchup (Elektra, 1996)
Dots And Loops (Elektra, 1997)
Alluminium Tunes (Drag City, 1998)
Cobra And Phases Group Play Voltage In The Milky Night (Elektra, 2000)
Sound-Dust (Elektra, 2001)
Instant 0 In The Universe (Ep, Elektra, 2003)
Margerine Eclipse (Elektra, 2004)
Oscillons From The Anti-Sun (antologia, Too Pure, 2005)
Fab Four Suture (Too Pure, 2006)
Serene Velocity (antologia, Rhino, 2006)
Chemical Chords (4AD, 2008)
Not Music (Duophonic, 2010)
Electrically Possessed, Switched On Volume 4(Duophonic, 2021)
Pulse Of The Early Brain, Switched On Volume 5(Duophonic, 2022)
LAETITIA SADIER
The Trip (Drag City, 2010)
Silencio (Drag City, 2012)
Something Shines (Drag City, 2014)
Find Me Finding You (Drag City, 2017)
Rooting For Love (Drag City, 2024)
MONADE
Socialisme ou Barbarie: The Bedroom Recordings (Duophonic, 2003)
A Few Steps More (Too Pure, 2005)
Monstre Cosmic (Too Pure, 2008)
Pietra miliare
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