The Weather Station

Humanhood

2025 (Fat Possum)
alt-folk

Sono passati ben quindici anni dal timido esordio self released del progetto The Weather Station ("The Line"), un percorso che trova ulteriori spunti d'interesse con l'ottavo album "Humanhood".
Accantonato l'iperrealismo e il graffio folk-poetry degli esordi, Tamara Linderman ha gradualmente modificato l'approccio alla composizione, passando dalla chitarra al piano per la realizzazione del piccolo gioiellino "Ignorance", per poi abbracciare una visione più articolata e strutturalmente complessa.
In questo processo di evoluzione da folksinger ad autrice composita, è stato naturale passare dal vibrante insieme di parole e musica in stile "Blue" di Joni Mitchell al rovente e avvolgente jazz-folk in stile "Hejira". Ma, a dispetto dei prevedibili legami con la figura femminile più influente della musica rock, il progetto The Weather Station si è emancipato fino a diventare esso stesso punto di riferimento per l'attuale scena folk-rock.

Che le qualità artistiche della Linderman fossero elaborate e complesse è stato ancor più palese dopo la pubblicazione del disco gemello di "Ignorance", "How Is It That I Should Look At The Stars", un lavoro tanto scarno quanto intenso.
Quel che è certo è che le inquiete e colte canzoni dell'artista di Toronto necessitano di un ampio respiro sonoro, ed è qui che entrano in scena i musicisti coinvolti ormai a pieno titolo nel progetto, provenienti dal jazz e dall'ambito della musica sperimentale canadese: Kieran Adams, Ben Boye, Philippe Melanson, Karen Ng e Ben Whiteley e il co-produttore Marcus Pequin.
"Humanhood" mette a nudo riflessioni e dubbi posti dalla realtà quotidiana, le canzoni non offrono però risposte o semplificazioni, anzi, si nutrono di luce e oscurità in egual misura con un'onestà che toglie il fiato.

Annullamento e riscatto emotivo sono il filo conduttore di un disco dove metafore e vita reale viaggiano in sincrono, insinuando spesso nell'ascoltatore un febbrile senso di caos. Il vortice di armonie rock-blues tinte di jazz di "Neon Signs" è un perfetto punto di partenza per "Humanhood" (anche se l'album è in verità introdotto dal breve strumentale "Descent"), l'incedere ritmico del brano è raggiante, spetta dunque alle parole il compito di insinuare timori, lanciando l'ennesimo grido di sgomento nei confronti del collasso dell'umanità causato dalla luccicante e menzognera vita urbana. Alla coda finale di "Neon Signs" e allo sfumare di piano, elettronica e all'algida presenza del flauto, spetta aprire la porta verso la struggente natura quasi funky di "Mirror", un brano che sottolinea una cura degli arrangiamenti sempre più rara nella produzione contemporanea, una canzone che non sfigurerebbe in un moderno "The Nightfly", opportunamente scelta come singolo di lancio definitivo dell'album (il video sarà pubblicato il 14 gennaio, tre giorni prima di "Humanhood").

Sempre più avulsa dalle logiche lo-fi, la musica di The Weather Station è caratterizzata da un'impressionante qualità delle strutture strumentali, elemento che affiora prepotentemente nella splendida tessitura ambient-pop-funk di "Body Moves" e nell'ancor più intenso fraseggio jazz, hip-hop e noir di "Irreversible Damage", quest'ultima una delle prime perle dell'anno appena iniziato, un concentrato di tecnica e ispirazione che lascia decisamente il segno.
La dolorosa malinconia scandita dal delicato minimalismo di "Ribbon" e l'umida bellezza dell'ondeggiante title track, sono due poli creativi solo apparentemente distanti, entrambi resi fluidi dal continuo richiamo all'immagine dell'acqua, metafora della natura fluida dell'inconscio che la Linden ha dichiarato essere elemento fondamentale di questo ultimo album.

Frutto di due live session registrate sul finire del 2023 e poi completato con importanti contributi esterni - Sam Amidon, James Elkington, Joseph Shabason - "Humanhood" è un disco che racconta una multiforme realtà emotiva: Tamara Linderman è un'artista in continua evoluzione, in queste canzoni c'è tanto candore e voglia di comprendere l'origine delle nostre sofferenze ma anche delle nostre gioie. Non è stato infatti un periodo facile per l'autrice canadese, vittima di disagi mentali e "Humanhood" è il non facile percorso di redenzione verso la speranza.
Con la devastante bellezza noir di "Lonely" l'autrice mette a nudo ansie e timori personali, con che per un attimo sembrano non avere alcuna possibilità di essere sanate, basta un attimo, i 97 secondi di "Aurora", per riappropriarsi dei sogni e dare così un senso alla dicotomia che scuote la quotidianità, ed è quello che accade nel delicato capitolo finale dell'album. La schiettezza della delicata ballata "Sewing" è liberatoria, taumaturgica, tutto assume un senso, così come il continuo incastro di armonie, ritmi e contrappunti sonori di "Humanood", paura, consapevolezza e dolore diventano esperienza comune e necessaria per sconfiggere il disagio di vivere.

Questa straordinaria narrazione del caos è sagacemente sorretta da una struttura musicale dove tutto diventa un unicum, banjo, synth, drum machine, flauti, piano, percussioni, archi e mellotron si fondono smarrendo la loro identità originaria, e il risultato è incantevole. Con "Humanhood", The Weather Station chiude un percorso e nello stesso tempo apre ulteriori prospettive future, un ruolo che è peculiare di quegli album destinati a resistere all'usura del tempo. Queste sono canzoni forse non facili da amare a un primo ascolto ma il loro mix di caos, angoscia e dolore non lascerà indifferenti.

03/01/2025

Tracklist

  1. Descent  
  2. Neon Signs
  3. Mirror
  4. Window
  5. Passage
  6. Body Moves
  7. Ribbon
  8. Fleuve
  9. Humanhood
  10. Irreversible Damage
  11. Lonely
  12. Aurora
  13. Sewing



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