La storia che vogliamo raccontarvi inizia nel 1964 a bordo di una barca, quella che conduce il newyorkese Jackson C. Frank e la sua ragazza Katherine verso l'Inghilterra. La nave è la Queen Elizabeth e il ragazzo in questione è un ventunenne con una valigia piena di dollari, risoluto a comprare l'automobile dei suoi sogni. Fin qui sembrerebbe la storia ordinaria di un giovane viziato dell'alta borghesia, ma i soldi che possiede quel ragazzo gli sono costati la spensieratezza dell'infanzia.
Living is a gamble
Jackson Carey Frank nasce nel 1943 a Buffalo, New York. Unico figlio di Marilyn Rochefort e Jack Jones, presto assume il cognome del patrigno, l'ufficiale dell'esercito Elmer Frank. All'età di undici anni, la vita di Jackson cambia per sempre quando si ritrova coinvolto nel devastante incendio della scuola elementare di Cheektowaga, alla periferia di Buffalo. È la mattina del 31 marzo 1954 quando, dopo una forte esplosione proveniente dal locale della caldaia, il fuoco inizia a propagarsi nella struttura scolastica, che diviene in breve tempo una trappola per topi. Quindici bambini perdono la vita, numerosi altri subiscono lesioni di vario grado. Quando lo vedono uscire tra le fiamme, i compagni di Jackson cercano disperatamente di spegnere il fuoco con la neve, ma è troppo tardi: il ragazzino è stato ormai ustionato per metà del suo corpo.
Ironia della sorte, la classe sta tenendo una lezione di musica nel momento in cui l'incendio inizia a divampare. Risulta pertanto comprensibile che per un certo periodo Jackson non voglia neanche guardare uno strumento, ma nei nove mesi che trascorre in degenza il maestro va a trovarlo e gli regala una chitarra, assistendolo così nel lungo recupero fisico/psicologico. Nel frattempo, l'arte aiuta quotidianamente tutti i bambini nel reparto, che passano le giornate sfogliando fumetti e ascoltando i vinili donati dai benefattori. L'episodio non smette di subire un forte richiamo mediatico, tanto da condurre l'attore Kirk Douglas in visita all'ospedale. Esiste una rara foto del "Buffalo Evening News" (qui sopra) di un bambino in pigiama mentre incontra la stella del cinema. E quel bambino era proprio il piccolo Jackson C. Frank.
Anche la madre fa di tutto per aiutare il suo unico figlio a dimenticare quella traumatica esperienza. È sua l'idea di portarlo a Graceland, a spiare da fuori la casa del suo idolo Elvis Presley: con enorme sorpresa di tutti, quel giorno il re del rock interrompe il suo tuffo in piscina e lo invita a entrare nella sua villa, presentandogli tutta la sua famiglia. Dopo questo incontro, Jackson fa definitivamente pace con la musica. Il primo brano che incide è proprio una cover di "Heartbreak Hotel", che intende spedire ai suoi nonni come regalo di Natale (oggi udibile nelle antologie postume). Il suo successivo ingresso nei circuiti folk con il trio dei D'Juray Singers, l'interesse di Eric Andersen e un cospicuo numero di canzoni (un intero progetto sulla guerra civile mai inciso) non sembrano tuttavia sufficienti al giovane Jackson per affidare il suo futuro all’incognita del successo come cantautore e così, senza accantonare la sua Gretsch Streamliner, si iscrive al Gettysburg College per laurearsi in giornalismo. La normalità sembra finalmente rientrata nella vita di Frank, tuttavia il rimborso di 100.000 dollari per le lesioni subite nell’incendio sconvolge ancora i suoi piani.
Catch a boat to England
Ora ventunenne e improvvisamente ricco, con la complicità dell’amico John Kay (Steppenwolf) si dà alla pazza gioia, compra una Jaguar e frequenta i club blues americani incontrando John Lee Hooker e Muddy Waters. Come chiunque a quell'età, Jackson è del tutto impreparato a gestire una tale cifra di denaro: quando legge su un giornale che il miglior posto per fare affari automobilistici è oltre l'Oceano, non ci pensa due volte a comprare un biglietto. Fa un po' sorridere il fatto che sia stata la passione per le macchine e non per la musica il vero motivo che lo ha spinto a salpare verso l'Inghilterra, ma durante il viaggio, oltre alla sua ragazza Katherine, a fargli compagnia c'è anche una chitarra, che porta con sé solo per ingannare il tempo.
Proprio a bordo della Queen Elizabeth prende forma la canzone che racchiude le sue speranze e illusioni, quella “Blues Run The Game” che marchierà la sua storia musicale e personale. Sulla terraferma la vitalità di Londra non tarda poi a contagiare il giovane cantautore, che inizia timidamente a esibirsi. L’affascinante amica Judith Piepe gli procura un incontro con i vicini di casa Al Stewart e Paul Simon, e quest’ultimo, colpito dalle sue canzoni, gli propone di produrre il suo album. Americano di stanza in Inghilterra come Jackson, Paul Simon è l’amico perfetto a cui affidare la produzione del suo album, che viene registrato in condizioni anomale. Il musicista non riesce infatti a celare il suo nervosismo ("non posso suonare - mi state guardando") e Simon ha quindi l'idea di circondarlo di pannelli per nasconderlo da sguardi indiscreti. Così, rinchiuso in una gabbia come un canarino, Jackson inizia a cantare.
L'album viene inciso in un'unica sessione di tre ore negli studi della Cbs a Londra, con molte delle composizioni già perfette al primo take. Come dirà Al Stewart, "probabilmente è stata la sessione di registrazione più strana che si sia mai vista". Malgrado le stravaganze in studio, il risultato è un eccellente susseguirsi di melodie fortemente suggestive, che assieme danno vita a un canzoniere raro e ammaliante. E pensare che il suo stile chiarristico era stato dettato dalla necessità: l'assiduo dolore alle articolazioni della mano (conseguenza del suo iperparatiroidismo) costringeva infatti Jackson a esplorare accordature alternative, rendendo il suo fingerpicking e la sua voce calda immediatamente riconoscibili.
Jackson era un genio assoluto. Molta della musica di quel periodo venne fuori grazie a lui. "Blues Run The Game" ha influenzato quasi tutti coloro che l'hanno ascoltata. Si potrebbe dire che ha cambiato il volto del cantautorato.
(Bert Jansch)
Il 1965 è l’anno di una nuova era per il folk: sull’onda dello splendido “Folk Roots, New Routes” (1964, Shirley Collins e Davy Graham) vengono pubblicati album come “Fairytale” e “What’s Bin Did And What’s Bin Hid” di Donovan, “Songs For Swingin' Survivors” di Mick Softley, l’omonimo di Bert Jansch (e di lì a poco uscirà anche l'album del giovane John Renbourn) e, appunto, Jackson C. Frank. Dal punto di vista stilistico, il disco è uno squisito e introspettivo folk-blues dai toni confessionali e autobiografici, che anticipa Tim Hardin più che il frequentemente citato Nick Drake. La personalità del musicista spicca senza incertezze; la tristezza ricca di armonia di ”Blues Run The Game” conquista la scena londinese: la ballad diventa il manifesto di una generazione che sta scoprendo i nuovi orizzonti della rivoluzione musicale e che comincia a conoscere le difficoltà della realtà sociale. Il tocco deciso e sicuro della sua chitarra (ora insieme alla Gretsch possiede anche una Martin) e il tono greve della sua voce sono esemplari di una maturità che non sembra corrispondere alla sua giovane età; lo sguardo della foto di copertina non è quello di un novellino, le sofferenze già marcano il suo volto, lasciando presagire anche i futuri tormenti.
To sing is a state of mind
Il filo conduttore del disco è una malinconia sottile, mai indolente o melliflua, la stessa che contraddistingue il brano-simbolo di "Blues Run The Game". Ma non c'è solo quello; ogni pezzo di Jackson C. Frank possiede infatti un suo moto dell'animo, una sua distinta identità: mentre la delicata “Milk And Honey” ha il fluire di una ballata senza tempo (sarà Sandy Denny a renderla ancor più intensa nel suo album del 1967, “It’s Sandy Denny"), la cupa ironia di “Yellow Walls” è un piacevole duetto tra l’autore e Al Stewart, ispirato alla lunga permanenza di Frank in ospedale, fissando per mesi la carta da parati e le luci del corridoio.
Nel novero c'è spazio anche per l’unica canzone di protesta dell’album, “Don’t Look Back”, che sottolinea la sensibilità di Jackson C. Frank verso le minoranze e l’ingiustizia. Ma quello che differenzia il disco dai suoi contemporanei è la profondità dei toni e il perfetto amalgama di folk inglese e americano: non vengono accantonate le origini blues nella scarna e coinvolgente “Here Comes The Blues” e nella ammaliante rilettura di “Kimbie” (basata sul traditional "I Wish I Was A Mole In The Ground"), mentre il mondo del circo e il suo simbolismo si affacciano nella visionaria “My Name Is Carnival”, uno dei brani più moderni e innovatori che ancora oggi possiede quel singolare fascino dei classici.
La cantilena leggiadra di “Just Like Anything” è abilmente inserita tra le due canzoni più dolorose scritte dall’autore. La prima, “Dialogue (I Want To Be Alone)”, sconfina nel territorio di Tim Buckley regalando un intenso momento di folk malinconico, molto distante dalla canzone omonima cantata nello stesso anno da Vashti Bunyan con femminile consapevolezza. “You Never Wanted Me” mette invece in chiaro le difficoltà e le perplessità nel poter avere una vita sentimentale stabile; il fisico debilitato e una patologica insicurezza saranno una costante nei suoi rapporti con le donne.
Dopo le registrazioni del disco, Jackson incoraggia la sua nuova ragazza, Sandy Denny, a lasciare il suo lavoro di infermiera per la musica, battezzandola discograficamente nella B-side del singolo "Blues Run The Game/ Can't Get Away From My Love", dove è accreditata al tamburello. Assieme assistono al successo della scena folk di quegli anni, prima che le loro strade si dividano, avviandosi verso sentieri ugualmente tragici. Jackson gira nei club incrociando i protagonisti dell’invasione musicale americana e spende i suoi ultimi risparmi in una Aston Martin e una Bentley. L'ispirazione, però, svanisce presto come il denaro e così il musicista si ritrova vittima del suo primo blocco artistico: il rock si è fatto prepotentemente strada e per i folksinger diventa sempre più difficile trovare una casa discografica. L’introverso folk di Jackson C. Frank non ha la forza per cavalcare l’era di Woodstock; le emozioni più intime e private sono materia obsoleta, tutto viene sacrificato in nome della rivoluzione giovanile.
Nonostante la bellezza dell'opera e il sostegno di un'etichetta importante come la Columbia, il debutto di Frank si rivela un flop commerciale. Il cantautore torna quindi negli Stati Uniti, con l'unica parentesi di un breve viaggio in Gran Bretagna nel 1968, quando registra una sessione per John Peel e partecipa a una breve tournée dei Fairport Convention, suonando alla Royal Festival Hall di Londra. Rientrato definitivamente in America, Jackson C. Frank trova un lavoro e sposa la fidanzata Elaine Sedgwick, ex-modella e cugina della più nota attrice Edie Sedgwick, con cui si trasferisce a Woodstock nei giorni della Summer of love. Le cose sembrano andare bene per un po', ma la morte inaspettata del figlio più piccolo per fibrosi cistica lo ritrascina nella totale disperazione. Racconterà Jackson: "Era circa il 1973, dopo il divorzio. Mia moglie non mi ha permesso di vedere l'unica figlia che era sopravvissuta. Ho avuto un crollo emotivo".
In quegli anni John Renbourn cerca di rintracciarlo, descrivendolo alle persone che incontra per strada: "Mi era stato detto che c'era un tipo strano, persino per gli standard di Woodstock, che andava in giro a guardare i semafori". Sorprendentemente si trattava proprio di Frank, ma a parte una breve conversazione telefonica, i due amici non si incontreranno. Nel frattempo, tutti coloro che avevano conosciuto il suo talento non si dimenticano di lui: John Renbourn porta spesso sul palco la sua "Blues Run The Game" e Sandy Denny incide un paio di altre composizioni di Frank, dedicandogli l'inedita e dolce "Next Time Aroud". E se Roy Harper lo ricorda nell'intima "My Friend", persino Nick Drake si accorge del cantautore ormai dato per scomparso, registrando in quegli anni ben tre canzoni di Jackson (oggi ascoltabili nella raccolta "Family Tree").
I am a crippled singer
Negli anni Settanta il musicista viene ricoverato in ospedale contro la sua volontà, trasferendosi da una clinica all'altra. Quando nel 1977 sembra essersi finalmente ripreso, Frank cerca di vendere il suo secondo album a diverse case discografiche, ma nessuno pare interessato. Invece di lavorare su nuove canzoni e cercare di promuoverle, Frank cade ancora in depressione. Nel decennio successivo, dopo essere tornato dai suoi genitori a Buffalo, un giorno parte e sparisce all'improvviso senza lasciare traccia. In quel periodo sua madre si trova in ospedale per un intervento e quando rientra a casa è convinta che il figlio sia morto, constatando che non c'erano state transizioni bancarie da diversi mesi. In realtà Frank si era recato a New York con l'idea fissa di ricontattare il suo vecchio amico Paul Simon, ormai divenuto una star inavvicinabile. Tutti i suoi tentativi risultano quindi vani e finisce per vagare senza meta e dormire come un barbone sulle panchine della città.
Comincia allora il suo calvario psichiatrico: viene curato per una schizofrenia inesistente e rinchiuso all'l'istituto di Creedmoor, dove Woody Guthrie aveva esalato i suoi ultimi respiri appena un decennio prima. In aggiunta, ingrassa in modo smisurato e si lascia sopraffare dalla sofferenza fino a che un suo fan, Jim Abbott, non riesce a rintracciarlo dopo tanti anni di ricerche. La prima volta che Abbott si imbatte nel nome di Jackson è nel 1983, quando sfogliando i vinili in un negozio di musica trova una dedica scritta a mano nell'album di Al Stewart, "The Year Of The Cat". Sopra c'è scritto: "Saluti a Jackson. Blues Run The Game, Al". Una frase misteriosa, che cattura subito la sua attenzione, ma il proprietario del negozio non sa dargli spiegazioni. Abbott dimentica quindi l'aneddoto e va avanti con la vita finché un paio di anni più tardi nota "Blues Run The Game" nella tracklist di un album di John Renbourn ("So Clear"). Dopo oltre un lustro di straordinaria ostinatezza, tramite un collega Abbott riesce a contattare Jackson C. Frank e gli organizza una sistemazione temporanea in una casa per anziani di Woodstock. Quando Abbott va a New York per trovarlo, rimane scioccato dalla persona che si trova davanti, avendolo visto soltanto nella foto di copertina del suo album.
Alla metà degli anni Novanta, Jackson C. Frank mette in valigia i pochi effetti personali ed è pronto per trasferirsi nella sua nuova dimora. Non prima, però, che un altro fatale incidente ostacoli il suo destino. Nell'aprile del 1995 un gruppo di adolescenti sta giocando con un fucile ad aria compressa per le strade del Queens, New York, quando nota un senzatetto seduto da solo su una panchina. Senza alcuna pietà, uno di loro prende la mira verso il volto di quell'uomo e spara un colpo secco, solo per il gusto di farlo. Jackson C. Frank, che aveva perso già tutto, si ritrova ora anche senza l'occhio sinistro.
Fixin' to die
Negli anni il personaggio di Frank è diventato familiare ai cultori del folk anglo-americano: se Findlay Brown gli ha dedicato l'intero suo esordio "Separate By The Sea", tra i primi ad accorgersi di lui sono stati paradossalmente i Daft Punk, che lo hanno incluso nella soundtrack di "Electroma". Ma gli omaggi saranno tantissimi, in ogni angolo del mondo. Il suo tragico vissuto ha rafforzato la sua immagine di genio dimenticato e sopraffatto dalle regole dell’industria rock e oggi non è difficile trovare sul web lodi e aneddoti su Jackson C. Frank. Il suo unico miracolo discografico, dopo una timida ristampa nel 1978 (intitolata Jackson Again e con copertina diversa), ha attraversato il nuovo millennio con una serie di edizioni ricche di inediti, fino alla versione in vinile della Earth, che ha il pregio di non aggiungere nulla di superfluo alle dieci preziose tracce del progetto originale.
L'interesse negli ultimi decenni, assieme all'insistenza di Abbott (unico erede), ha portato alla stampa di due raccolte di demo (Forest Of Eden e Fixin' To Die) e due vaste retrospettive. La prima è la doppia compilation Blues Run The Game (2003), che oltre all'esordio discografico include anche le sette canzoni registrate per il secondo album mai pubblicato, otto registrazioni inedite degli anni Settanta e una serie di canzoni risalenti negli anni antecedenti alla morte di Frank nel 1999. L'altra raccolta è invece ad oggi la più esaustiva: i tre cd di Jackson C. Frank - The Complete Recordings (2015), pubblicati in concomitanza al libro di Jim Abbott, "Jackson C. Frank: The Clear, Hard Light Of Genius", contengono infatti ben 67 tracce, 24 delle quali inedite. Alcuni pezzi non superano la prova della qualità audio, essendo registrazioni domestiche, ma tra le composizioni degne di nota c'è la dolce rassegnatezza di "Stitch In Time", la drakeiana "China Blue" (che sembra uscita da "Pink Moon") e l'arrancare da cupo blues di "Child Fixin' To Die". C'è spazio pure per "Marlene", incisa negli anni Settanta per la fidanzatina delle elementari Marlene Dupont, una delle vittime-simbolo della tragedia scolastica, talmente ustionata da dover esser riconosciuta dai pochi brandelli di vestiti rimasti intatti. Jackson le riserva una serenata eterea: nei versi la descrizione dell'incendio che lo ha reso "un cantante storpio", nel ritornello il sogno dei due ragazzi uniti "che danzano come fiocchi di neve".
Il futuro di Jackson era già bruciato in quella tragedia, i cui fantasmi lo tortureranno per tutta la vita, anche se la morte lo troverà soltanto nel 1999, a 56 anni. Dopo un'esistenza segnata dalle disgrazie, il suo cuore non ha retto: fatale è stato un attacco cardiaco.
Jackson C. Frank(Columbia, 1965) | |
Blues Run The Game(compilation, Castle Music, 2003) | |
Forest Of Eden(raccolta di demo, Sacred Records Limited, 2013) | |
Fixin' To Die(raccolta di demo, Sacred Records Limited, 2014) | |
The Complete Recordings(compilation, Da Da Bing!, 2015) |
You Never Wanted Me (Sandy Denny) | |
Milk And Honey (Sandy Denny) | |
Milk And Honey (Nick Drake) | |
Blues Run The Game (Bert Jansch) | |
Blues Run The Game (John Renbourn) | |
Blues Run The Game (Simon & Garfunkel) |
Blues Run The Game - The Movie | |
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