Torneremo a ballare, torneremo a sudare sulle piste, questa è una promessa. Non è dato ancora sapere quando sarà possibile, ma prima o poi questo momento avverrà. A giudicare dalla selezione qui proposta, gli stessi producer e dj non vedono l'ora di poter tornare nella loro dimensione ideale, di dare sfogo alla propria creatività nei club di tutto il mondo. Dall'Australia al Giappone, passando per New York e il Mozambico, una raccolta dei migliori Ep/12'' ascoltati nel corso degli scorsi tre mesi, mai come adesso desiderosi di essere passati nel loro contesto d'elezione. Fino ad allora, dance, dance, dance till you drop, nella comodità del proprio salotto!
AceMoMa – EP3 (Haus of Altr)

Malgrado la chiusura dei
club e delle loro serate newyorkesi, è stato comunque un anno denso per AceMo e MoMa Ready, che all'album “A New Dawn” pubblicato lo scorso gennaio ha affiancato la pubblicazione di due Ep, di cui questo “EP3” costituisce la più recente venture. Già distintisi per un approccio ricombinante ai generi e alle attitudini, che ai tracciati house di base accosta le più svariate dimensioni della
club-culture, con il loro ultimo progetto (quasi un album breve considerata la sua durata di oltre mezz'ora) i due proseguono sul loro intrigante percorso di ibridazione, affinando ulteriormente i dettagli della loro curiosa ricerca. In una combinazione che già su
Resident Advisor era stata etichettata come “fuori dal tempo e fresca”, l'estetica del duo è oramai perfettamente rodata, e sa come lasciar convivere sotto lo stesso tetto nostalgici fraseggi garage-rave in “Revolutionary” (ottimo il senso della progressione) e le cadenze acide di “Sun Through Rain” (appena accentuate da leggere nervature techno), lo spirito simil-footwork di “Harp Machine” e i passaggi jungle di “Sky Trax”. Sottilmente perturbato ma dominato da un intricato gusto per l'atmosfera, “EP3” è il più vitale progetto pubblicato dagli AceMoMa in questo 2020: un sestetto di
banger a cui è difficile resistere.
Blue Fiction – Blue Fiction 001 (Visionary)

Acquatica, ipnotica, profondissima: saranno aggettivi abusati, ma ad ascoltare il primo Ep dei Blue Fiction, duo giapponese nato dall'unione di IORI (tra gli specialisti in Giappone dell'ambient-techno più lenta ed evocativa) e TASOKO (emerso soltanto l'anno scorso con una cassetta), difficilmente la prima impressione potrà essere diversa. Soffusa, nelle sue lente scansioni dettate da hi-hat dal sapore quasi
jazzy e gli intensi tratteggi
dub, “Salvation” presenta immediatamente l'estetica sospesa del binomio, in una squisita ricerca della lentezza che richiama da vicino le esplorazioni immersive dei Voices From The Lake. Un pizzico più acida “Rotation”, con le sue melodie sotterranee e i richiami cavernosi dei bassi, ma il tono possiede un'analoga rilassatezza d'insieme, che “Deconstruction” spinge alle sue estreme possibilità oniriche, coadiuvate dall'emergere di placide linee sintetiche. Giusto “Extension” raddoppia il passo (senza mai eccedere con i
bpm) e propone un'alternativa più brulicante, cigolante del sound introdotto nei precedenti brani, senza comunque risultare di troppo nell'Ep o perdere le sue qualità atmosferiche. Le premesse per qualcosa di entusiasmante sono tutt'altro che scarse.
Cakes Da Killa & Proper Villains – Muvaland (Classic)

Cosa succede quando uno dei più sfacciati e divertenti
rapper in circolazione collabora con un
producer dai beat implacabili e dai groove irresistibili? Semplice, che venga prodotto uno dei più fighi progetti hip-house degli ultimi anni. In soli 14 minuti, Cakes Da Killa, con un fitto
background nella scena
ballroom ma dal
flow sciolto e caustico, e Proper Villains tirano fuori un sestetto di brani (ma sarebbe più opportuno parlare di quintetto) rispettoso delle attitudini hip-hop del primo ma provvisto di un'energia inarrestabile, talmente contagiosa che si finisce col fare proprie le invettive e le
shade di Cakes Da Killa, dirette verso la qualunque. La curiosa partecipazione di
Nomi Ruiz, nella garage accelerata di “ICU”, ci catapulta immediatamente all'interno della pista (poco importa che visti i tempi sia soltanto immaginaria) e all'eterno rituale della seduzione, con i bassi di “In Da House” a fungere da scintillante supporto ai
dissing supersonici del
rapper. La dimensione più propriamente vogue di “Don Dada” è un concentrato di energia che i continui stacchi nell'interpretazione rendono un
pastiche degno dei migliori momenti di
Azealia Banks, prima che la
title track vada in direzione Brasile e chiuda l'Ep con uno scatenato
pattern percussivo. Eccitante è dir poco.
DJ Plead – Going For It (Livity Sound)

Già in giro da qualche tempo con una buona frequenza di pubblicazioni, l'australiano DJ Plead è un mago delle percussioni, e il suo approdo alla sempre più benemerita Livity Sound di
Peverelist non fa che confermarne il grande talento. Il mondo intero è il suo palcoscenico e gli spunti collezionati in giro per il mondo fanno del suo operato tra i più stuzzicanti nell'ambito, in una connessione tra Oriente, Occidente, nord e sud che non lascia nessun punto inesplorato. Che siano i richiami mahraganat della
title track introduttiva, coniugati a spirali sintetiche che tradiscono immediatamente i legami col Medio Oriente, o che si tratti degli spunti
dabke della più dubbeggiante “Rough Text”, sottolineati da ricorsi atmosferici perfettamente inseriti nel contesto di casa LS, il percussivismo del
producer non cala mai di tensione, si mantiene accattivante di traccia in traccia, scavando ogni volta nicchie del tutto diverse. I misteriosi accenni dub di “Espresso” e le cornici garage di “Ess” completano un ascolto elettrizzante, che si spera possa essere il trampolino di lancio verso una maggiore (e dovuta) acclamazione.
Henzo – Not Like This, Not Like You (Worldwide Unlimited)

Un po' c'era d'aspettarselo, che la visione di
DJ Python, tra le più curiose e originali nel ricco panorama electro degli ultimi anni, avrebbe travalicato la sua proposta e avrebbe richiamato menti affini. Ecco quindi sorgere la Worldwide Unlimited, etichetta attraverso cui pubblicare l'operato di
producer con un'analoga mentalità e lo stesso approccio al sincretismo. Da Manchester, Henzo è il primo nome proposto dalla label, che già dalle battute d'apertura pone un'impronta chiara sul suo registro espressivo. Con due brani opportunamente corredati anche di un
mix alternativo, “Not Like This, Not Like You” è progetto che manifesta chiaramente la sfaccettata prospettiva del produttore, che ai bassi dembow di base abbina volta volta differenti selezioni ritmiche e ottiche stilistiche, mantenendosi sempre su tempi medi, narcotici. Ben più elettrica e zigrinata è la
title track, che dalla digital-dancehall degli
Equiknoxx nel mix principale si muove in territori più astratti e technoidi nelle variazioni del secondo. Se il “sauna mix” di “For Your Consideration” cattura rapidi commenti vocali all'interno di lente maglie dub e sudaticce effusioni sintetiche, il “gym mix” ne stravolge totalmente le fattezze, flirtando con elementi garage e rarefatte influenze tech-house. Anche in soli venti minuti, l'universo di Henzo (e di converso anche della stessa etichetta) pare promettere scintille.
Nandele – FF EP (Cotch International)

Nandele Maguni è più di un semplice produttore. La sua è una figura chiave in Mozambico, avendo contribuito ad innovare la scena elettronica del Paese e ad aiutare tanti giovani interessati a inserirsi nel settore. Un vero e proprio pioniere insomma, con un approccio idiosincratico, futuristico, al
beatmaking, dalle solide fondamenta hip-hop modellate in seguito con la più piena libertà. Canti tradizionali segnano il passo di “Virose”, che lo spesso ma narcotico tratto ritmico esalta nel loro potere spirituale. “Module” è pura enfasi industrial, synth ispidi e fantasie minacciose solcano in profondità la scansione di base donandole costantemente nuovi contorni. “Kanhola” prosegue con lo stesso ordine di idee, ma la base assume una centralità maggiore, chiamando a sé il restante corredo sonoro e gli ostinati vocali. E se “FF” quasi inciampa sui percorsi propri del grime, tocca a “Impact 61+” individuare punti di contatto con la techno classica, facendo in modo però che il discorso campionato inizialmente funga da alienante introduzione al brano, prima che questo si evolva in solitario
banger da notte fonda. Curioso, coraggioso e intraprendente, Nandele non mancherà di segnare ulteriori traguardi per tutta la scena elettronica mozambicana, e per estensione di tutta la diaspora lusofona.
Nazar – Territorial (self-released)

Non soltanto “
Guerrilla”, tra i dischi in materia elettronica più potenti e singolari dell'anno, il 2020 ha visto Nazar Simões espandere la sua ricerca espressiva anche attraverso un discreto numero di Ep, con i quali dare il via ad una sostenuta sperimentazione che tenesse conto della diaspora africana e del suo ricchissimo patrimonio sonoro. “Territorial”, con la collaborazione di personaggi chiave del settore quali Citizen Boy, P.Adrix (adesso noto come A.K.Adrix) e
Slikback realizza il lavoro più interessante e compatto della serie, un progetto che parte dal suo inconfondibile dark-kuduro per espanderlo ai quattro venti, alla volta della batida dei cugini lisboneti o del
gqom sudafricano, mantenendo intatta l'energia selvaggia, grezza, dell'ispirazione primaria. Il risultato è a dir poco trascinante, con i tre brani originali e i tre
remix che ne preservano il carattere reattivo, impetuoso, piegandolo e distorcendolo verso le più disparate tangenti stilistiche. Laddove “Clan” lavora con pattern metallici, industriali, che riportano immediatamente ai racconti della guerra civile dell'album di quest'anno, la sua rivisitazione da parte di Slikback ne rielabora totalmente gli assunti, se possibile rendendola ancora più ispida, pura carta vetrata sopra i fraseggi in scia gabber del
pattern ritmico. Operazioni analoghe portano “2 African Sickos” ad essere corredata di vesti totalmente nuove: a rimanere identico è lo spirito portante dell'operazione, che cementa collaborazioni a chilometri e chilometri di distanza, rendendo l'Africa un concetto ben più globale e comprensivo rispetto ai suoi contorni geografici. Energia incontenibile.
Overmono – Everything U Need (XL)

Ha un che di dolceamaro, questo nuovo Ep dei fratelli Ed e Tom Russell, meglio conosciuti come Overmono. Già avviato prima che entrasse in vigore il
lockdown primaverile (la sua
title track è stata suonata all'ultima apparizione
live prima della chiusura dei locali), il nuovo Ep si porta dietro le difficoltà di produrre musica da
club quando questi non sono aperti e non sono provvisti nemmeno di un'ipotetica data di riapertura, quando il tuo intero ambiente vive sull'orlo dell'incertezza costante. Anche così, la coppia ci ha dato veramente quello di cui abbiamo bisogno, un viaggio nostalgico attraverso breakbeat e techno anni Novanta, composto con l'accortezza di chi si è studiato a menadito la
rave-culture, senza però scadere nell'effetto cartolina di chi quell'età non può averla vissuta per ragioni anagrafiche. Con synth zompettanti a sottolinearne la progressione e lievi accenni melodici, la
title track è pura immersione ambient-techno, pezzo tanto allucinato quanto dotato di un suo specifico impatto atmosferico. Laddove in “Aero” aleggia lo spettro di
Aphex Twin (trasportato però nel presente diffratto di Actress), “Clipper (Another 5 Years)” stacca in scioltezza i suoi
break omaggiando (parole loro) la grandezza del recentemente scomparso
Andrew Weatherall. A loro modo, i fratelli hanno realizzato un Ep oltremodo consolante.
Sansibar – Game Over (Avoidance)

Che tiro questo “Game Over”! E che abilità produttive questo Sansibar! Pur muovendosi in ambiti decisamente classici (si parla di trance anni novanta, dub e ambient techno) il tocco propulsivo del finlandese, il suo senso della progressione, lasciano intuire la conoscenza del materiale e le capacità ricombinanti, tali da non scadere nel cliché e nella fotocopia sbiadita. Nel quartetto di tracce dell'Ep, il tasso di adrenalina si mantiene sempre elevato, senza necessità di eccessi violenti o scariche elettriche, ma con la sapienza di chi sa manovrare perfettamente i fili degli ambiti in cui si muove. Strutture poderose viaggiano di pari passo con atmosfere serpeggianti, sinuose come i campioni vocali di cui si fanno carico, resi parte integrante del tessuto sonoro. Echi house convivono serenamente con i più impattanti spunti ambient-techno (la brillante
title track), la dub più Porter Ricks-iana assume quasi i connotati annebbiati della trance (“S1 Type Beat”), prima che quest'ultima effettivamente trovi spazio negli echi post-rave di “Sissi”. Più ossessiva e scattante, “Sunshine In Gommorah” è pura celebrazione di Detroit e del suo mito, anche se il suo contesto più riconoscibile non ne scalfisce di certo la felicità nella struttura, che sa come lavorare sui synth per elaborare malinconiche melodie perse nello spazio. Tra i momenti migliori in un anno che questo Ep lo avrebbe volentieri sudato nei
club.
Sepehr – Crown Jewel (Shaytoon)

Abbiamo già trattato su queste pagine “
Shaytoon”, l'oscuro e sensuale album di lancio di Sepehr, tanto ossessivo nelle sue propaggini più industriali quanto capace di calzare guanti di velluto e proporre algidi abbracci coldwave. È con lo stesso titolo scelto per l'album (“piccolo diavolo” in lingua persiana) che il producer lancia la sua etichetta, volta ad esplorare il dualismo insito nella sua estrazione irano-statunitense, e quindi a poter saggiare, senza alcun ostacolo, i limiti della sua indagine sonora. Al crocevia tra il buio umidiccio del
long play e le sperimentazioni electro antecedenti, “Crown Jewel” è opera come da pronostici intensa, tanto spendibile sul club (le propulsioni della title track a fornire ipotetici collegamenti tra
Sandwell District e la spazialità di
KamavoSian, “Night Is Young” a procedere ancor più spedita sui binari di una techno notturna e asfissiante), quanto funzionale all'ascolto puro (il rado percussionismo à-la Raime di “Cloak Of Flames”). Minacciosi campioni vocali, segmenti di suono ripescati dal tempo, fughe dal buio che tutto ingloba: anche a non disporre della durata dell'album, il più recente progetto non perde minimamente in capacità evocativa e gestione dei
pattern timbrici, rivelandosi lavoro denso e dinamico. Il consolidamento del talento di Sepehr è qui chiaro.