Un weekend a Lisbona, una notte e Porto, e poi su per la costa atlantica, lungo il Cammino di Santiago. Solo pochi giorni, e nemmeno tutti in Portogallo, ma particolarmente immersivi grazie a una colonna sonora preparata nei giorni precedenti alla partenza, e spesso aggiornata durante la permanenza. Accompagnare i soggiorni all’estero con ascolti a tema è un’abitudine che mi piace coltivare, specialmente quando — come in questo caso — mi capita di viaggiare almeno in parte da solo. Oltre che un’occasione per arricchire con altre prospettive la propria visita, è anche un modo per prolungare l’esperienza: oltre ai ritagli di tempo spesi pre-partenza a curiosare fra dischi e artisti, infatti, capita che gli ascolti si protraggano anche nei giorni successivi al rientro, sfumando in una coda che rende meno brusco il rientro a casa.
Nel selezionare i dischi, mi sono fatto trasportare dagli stimoli del momento, e con lo stesso criterio ho poi scelto cosa sentire man mano che i giorni scorrevano. Nessun tentativo di costruire uno sguardo organico sulle scene musicali portoghesi, insomma. Ma, compilando infine questa playlist a mo’ di sintesi, mi sono reso conto che la varietà è molta, sia in termini di stili che di epoche toccate.
Ho provato a raccogliere quaranta brani in modo che costituiscano un flusso, un percorso che si snoda da lidi più confortevoli (almeno per le preferenze che immagino accomunino i lettori di questo sito) in terre via via più avventurose. C’è spazio dunque, in apertura, per suoni indie e alternativi, ma anche per incursioni in campo folktronico (Omiri, Bruno Pernadas), dream/prog (Delfins), trip-hop (Coldfinger, Ithaka), oppure hip-hop (Macacos do Chinês) e post-rock (peixe : avião, Linda Martini).
Anticipati dal sognante psych-folk di Fausto, nome chiave della música de intervenção che si oppose al regime salazarista, si giunge procedendo ad artisti di estrazione tradizionale e progressiva. Innanzitutto i suoni new age dei celebri Madredeus e del loro tastierista Rodrigo Leão, divenuto già da metà anni Novanta un autore apprezzato in ambito modern classical (Leão compare invero anche nel secondo brano della playlist come componente dei Sétima Legião, sorta di ibrido fra primissimi New Order e sonorità celtiche). Poi, il virtuoso della chitarra portoghese Carlos Paredes, e Banda Do Casaco, Trovante, Gaiteiros De Lisboa, A Presença Da Formigas: nomi significativi della scena folk-progressiva lusitana — attiva ancora oggi con alcune delle band più creative del settore. Petrus Castrus e Tantra rappresentano uno sguardo sulla stagione del rock progressivo portoghese, approfondito anche tempo fa nello speciale sulle scene prog da tutto il mondo. Un altro artista chiave degli anni Settanta/Ottanta locali, José Cid, compare invece con un suo episodio di taglio decisamente soft-rock.
I nursewithwoundissimi Duplex Longa guidano verso la sezione più oscura della compilation, dedicata ai suoni post-punk e a forme sperimentali piuttosto radicali. Lo sgangherato kraut/avant-prog dei Telectu potrà ricordare a qualcuno i This Heat o altri progetti affini, mentre la mutant disco dei Pop Dell’Arte pare quasi una controparte atlantica dei nostrani Gaznevada. Carlos Zingaro e, soprattutto, Nuno Canavarro sono nomi quotati in ambito avanguardistico, e i brani scelti testimoniano le capacità evocative delle loro esplorazioni, violinistiche ed elettroniche rispettivamente.
Col post-rock elettronico dei Sensible Soccers, delicato e suggestivo, si ritorna su spiagge più rasserenanti. Giusto un attimo di respiro, prima di tuffarsi nell’inebriante psichedelia world/dub dei Gala Drop (al centro di un altro excursus sul panorama portoghese, risalente a qualche anno fa). E arrivare così, debitamente frastornati, all’infilata conclusiva tutta dedicata ai suoni urbani e post-coloniali che accendono la scena club lisbonese nel cosiddetto African awakening degli ultimi anni. Kuduro e batida sono entrambi generi elettronici, orientati alla vita notturna e frutto delle complesse dinamiche migratorie che legano il Portogallo ai paesi del suo ex impero (Brasile, Angola, Mozambico, Capo Verde, Guinea-Bissau, São Tomé and Príncipe, Timor Est). Sono figli delle musiche calypso e soca popolari in Angola, e si sono più di recente ibridati alla dancehall, alla techno, al grime. Non deve stupire, dunque, la presenza di M.I.A. nel brano degli alfieri del kuduro lisbonese Buraka Som Sistema. E le somiglianze fra il suono del producer angolano Pedro Coquenão (in arte Batida) e quello footwork di Clap! Clap!, Khalab e Guedra Guedra sono dovute sia ad affinità elettive che, realisticamente, a influenze receiproche.
Dagli anni precedenti il 1974 della Rivoluzione dei Garofani (il pezzo di Carlos Paredes è del 1971) a pochi mesi fa (l’eclettico album dei Dispirited Spirits è uscito questo marzo): quaranta brani, tre ore e rotti di musica… Eppure, pochissimo fado e nessuna traccia di metal. Ma come, e i Moonspell? E che vi devo dire, a questo giro avevo voglia di soffermarmi su altri suoni. Sarà per la prossima visita!