10/09/2010

Berlin Festival

Tempelhof, Berlino


Berlin Festival, anche Berlino ha il suo festival, e certo in una location piuttosto originale: l'aeroporto di Tempelhof, una volta il più grande aeroporto del mondo e adesso parco e luogo di spettacolo. La data della prima serata è venerdì 10 settembre ed è sold out per un programma che non ha molto da invidiare ad altri importanti festival europei, con band quali Lcd Soundystem, Caribou, Robyn, Editors, Fever Ray e dj come Fatboy Slim, 2many Djs, ad alternarsi nei vari hangar dell'aeroporto. Il Berlin Festival di quest'anno è un festival indie electro.

 

Sono circa le 19 ed è una splendida sera a Berlino, temperatura mite e poche nuvole in cielo, la serata promette bene. Osserviamo il tabellone degli arrivi con il programma dei concerti e poi entriamo nell'area degli show. Ci troviamo così in un immenso spazio sotto una aviorimessa, mentre pochi metri più in là si apre un enorme parco dove i berlinesi vanno in bicicletta. Nei dintorni c'è perfino ancora anche qualche aeroplano parcheggiato.

I concerti. Archiviata la non esaltante performance di Adam Green (conclusasi alle 20), ci rifacciamo - si fa per dire - con un trancio di pizza da Mario, oltre che con la seconda birra della serata; fra poco ci sono gli Lcd Soundystem.

Intanto, grazie a un gioco di luci curato e vagamente psichedelico, l'insolita arena si fa sempre più affascinante e suggestiva. Issata la sfera da disco sopra le nostre teste, sul palco il concerto può iniziare. Entra prima la band e poi James Murphy: "Us v Them" apre la setlist e la serie di lunghe marce elettroniche, con le percussioni in primo piano e la folla che ben presto si infiamma. L'esecuzione delle canzoni, tratte dai tre album in studio degli Lcd, è perfetta, con groove e incastri percussivi a cui è difficile resistere e la voce di Murphy, che tra falsetto e toni profondi autografa il complessivo concentrato sonoro. Si arriva così velocemente all'epos di "All My Friends", seguita dalla non così dissimile "I Can Change" dal recentissimo "This Is Happening". Murphy non pretende certo di presentare una proposta musicale originale, vuole soltanto essere cool, e talvolta il suo cool (si pensi a "New York, I Love You But You're Bringing Me Down", che non sarà inclusa nella setlist) guadagna senza ombra di dubbio una consistenza musicalmente significativa, degna degli elogi della critica nonché del successo di pubblico, che hanno elevato gli Lcd Soundsystem a una fra le band più importanti di questi ultimi anni, anche se a volte l'ispirazione (si veda l'ultimo cd) non è all'altezza della fama. Dopo "I Can Change" c'è "Tribulation" (dall'album d'esordio) probabilmente il pezzo più tirato e riuscito di tutto il live, prima della chiusura con "Yeah". Era un concerto molto atteso e possiamo dire che le aspettative non sono state tradite; la band ha ovviamente il suo spessore, soprattutto live; James Murphy non è apparso in forma smagliante e lo ha sottolineato lui stesso, ma è stato capace lo stesso di portare a termine una setlist di notevole impatto sulle anime inquiete e danzanti dei tanti giovani berlinesi accorsi al Festival.

 

È il momento di dirigersi verso l'hangar 4, dove il concerto della radiosa Robyn è iniziato da circa un quarto d'ora, alle 21.45. Troppo tardi per godersi "Dancing On My Own", obiettivamente gran ultimo singolo, ma lo spettacolo regalerà lo stesso altri brividi emotivi. L'hangar è strapieno e ha occhi solo per il folletto biondo che, accompagnato ovviamente da una band composta da soli uomini vestiti con eleganti completi bianchi, dà tutta se stessa in un mix electro-pop, genere di cui è ridiventata recentemente una stella. Si alternano pezzi storici, a pezzi più recenti, dalle due parti di "Body Talk", fino al plenilunio finale, di luci, synth e voce; voce che non brilla per forza, ma per esilità e pathos. Arriviamo, nostro malgrado, alla fine: "With Every Heartbeat" è la degna conclusione di un gioioso calderone electro-pop, che ha divertito ed è piaciuto, al di là di tutti i pregiudizi.

 

È il momento degli Editors, sul main stage. Reduci dalla svolta synth-pop di "In This Light And On This Evening" (2009) il quartetto di Birmingham, headliner sulla carta della serata, ci propone uno show senza particolari lampi. Pezzi storici come "Sparks" e "Smokers Outside The Hospital Doors" e altri più recenti come "Papilon", provano a fare il suo sporco dovere rock, ma la band soffre di quello che sembra fin dall'inizio un equivoco di fondo della loro musica: non aver una propria anima musicale ben definita, in bilico fra sincere aspirazioni dark e altrettanto sincere aspirazioni a ritornelli da stadio. Il risultato è di conseguenza una musica priva di autentica emozione, che sostanzialmente appare invece di essere, che suona invece di vibrare.

 

Una band che possiede invece una propria identità specifica sono i Fever Ray. Progetto solista di Karin Elisabeth Dreijer Andersson, già nota per la sua appartenenza, con il fratello, agli Knife che con "Silent Shout" hanno lasciato una traccia profonda nei territori electro degli anni 2000. L'omonimo album del 2009 ha riscosso unanimemente critiche positive e il gruppo, nell'esibizione live iniziata alle 23.30, impreziosita da splendidi giochi di luci e fasci luminosi proiettati nell'hangar 4, riesce in pieno a trasmettere agli spettatori le oscillazioni così caratteristiche della sua musica, allo stesso tempo glaciale e trascinante, scarna e melodica. Fra tutte le canzoni ricordiamo lo splendore di "When I Grow Up", mentre "Triangle Walks" si sveste sublime, con decine di lampade che scandiscono il ritmo sul palco, accompagnando i membri del gruppo e l'affollatissima platea verso l'oscurità e la bellezza del suono, dello spazio.

 

È ormai l'una di notte quando raggiungiamo l'hangar 5, dall'altra parte dell'aeroporto, dove è presente lo stage dell'etichetta City Slang, che festeggia 20 anni di attività (e lo farà in grande a novembre con tre giorni di concerti con Broken Social Scene, Yo La Tengo, Calexico, Tortoise, Menomena, Lambchop, Alexi Murdoch). Da un'ottima posizione si può assistere all'imminente concerto di Caribou, il matematico canadese, deus ex machina di un progetto electro-pop fra i più coinvolgenti degli ultimi anni, con dischi come "Andorra" (2007) e "Swim" (2010) che hanno mostrato una invidiabile capacità di unire tessuti elettronici e predisposizione alla melodia (spesso piuttosto surf e retrò), situando il sound in territori non troppo distanti da quelli di Animal Collective e Four Tet. L'hangar è strapieno, quando all'una e mezza i quattro membri della band (Daniel si alternerà fra chitarra, tastiera e batteria) entrano sul palco con fare molto easy e attaccano "Leave House", una delle canzoni più ispirate di "Swim. "Melody Day", il pezzo simbolo di "Andorra" viene presentato in una versione piuttosto minimale, ma lo stesso convincente, da un gruppo che mostra grande affiatamento. Daniel fa gli auguri alla City Slang, poi l'area strapiena accoglie con un boato "Odessa" , singolo dell'ultimo album. Il finale è riservato a "Sun", progressione elettronica di sapore tecno-house che chiude il concerto - bello e davvero molto indie - di Caribou.

 

A questo punto succede l'imprevisto: gli organizzatori sono infatti costretti a interrompere i concerti e i dj-set alle 2.30, praticamente subito dopo il concerto di Caribou, per motivi di sicurezza, per problemi relativi ad un eccessiva concentrazione di folla all'ingresso dell'hangar 4, che avrebbe previsto il dj-set di 2many Djs, che viene così annullato, al pari di quello di Fatboy Slim. Per la serata di sabato è stato poi deciso di anticipare la chiusura di tutti i concerti alle 23.

Gli organizzatori così si sono espressi sul sito ufficiale del Berlin Festival: "Discontinuing the festival was indeed a very hard decision that many might think of as too cautious", ovviamente la mente va alla tragedia della Love Parade del 24 luglio scorso, che costò la vita a 19 persone. Qualcosa evidentemente non ha funzionato; ad ogni modo, prima dell'interruzione, abbiamo potuto assistere a diversi concerti di ottimo livello.

 

È stata, comunque, una notte da ricordare, a dispetto della chiusura anticipata del programma, con diversi concerti degni di nota di artisti importanti dell'universo indie. Il tutto all'interno di uno spazio particolarmente suggestivo, certamente valore aggiunto di un Berlin Festival che, nonostante i problemi organizzativi, ha mostrato indubbie potenzialità, che ne lasciano immaginare - perché no - un futuro di primo piano, nei prossimi anni, nel panorama dei festival musicali internazionali.

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