Dan Auerbach

Keep It Hid

2009 (Nonesuch Records)
blues, songwriter

Blues: 12 battute, una manciata di note lungo il manico in palissandro di una chitarra malconcia, l’aspro scorrere dei polpastrelli su delle corde arrugginite, ritmo costante, a volte sincopato, qualche turn around e una manciata di scale tra rivolte e non. Teoricamente il genere è semplice, bastano pochi dettami tecnici-teorici e un buon orecchio per produrre sonorità proprie. Ma il blues è anima: non bastano suoni geometricamente coerenti per arrivare all’entità effettiva della musica del dolore e della lussuria. E’ il cuore la base, la struttura e la fisionomia del suono del Mali, del Mississippi, dei neri americani e del continente africano tutto. La ricetta è quella della storia e delle radici del genere umano: un pugno di terra rossa africana, un bicchiere di acqua del Mississippi, una spolverata di sofferenza, amore quanto basta e un’indole adatta a raccontare le fragilità della vita. Comporre un buon album blues era difficile già all’epoca dell’arrivo del sound in Europa, figuriamoci oggi a molti anni di distanza dall’apogeo del genere. Dan Auerbach riesce nell’intento di produrre ottime sonorità, unendo la sua esperienza di chitarrista blues ai suoi ascolti tra il country di Johnny Cash e i songwriter americani.

Giungiamo ai fatti: Dan Auerbach, voce e chitarra del duo americano dei Black Keys, ha dato alle stampe il suo primo lavoro solista “Keep it Hid”. Non c’è più traccia della rabbia dei tempi di “Thickfreakness” (datato 2003), con cui la band si impose all’attenzione degli appassionati come eredi delle sonorità di hard-blues tanto care al periodo hippie e post-sessantottino. Non immaginate di trovarvi dinanzi a nessuna “Set You Free”, canzone bandiera del duo grazie a una imponente miscela di riff alla Cream e di veemenza ritmica propria del college-rock più spensierato. Tanto meno a una poderosa “I Got Mine”, brano contenuto nel loro lavoro del 2008 “Attack & Release”. Senza la sua consueta spalla ritmica Patrick Carney, Dan Auerbach si cimenta in uno stile esecutivo diametralmente opposto, molto più radicale, più viscerale, tornando così a sciacquare i panni nel delta del Mississippi più ancestrale e tribale. Una strana ritualità è propria a questo “Keep it Hid”, lavoro scarno nelle esecuzioni quanto nelle composizioni: il tipico ascolto facile che ci aspetteremmo mettendo nello stereo un B.B. King, un Robert Johnson o un Muddy Waters “qualsiasi”. Un’operazione quasi da coroner, da medico legale, consente ad Auerbach di svisare su scale blues come da tempo non si sentiva, citando qua e là i più importanti, e da noi già nominati, bluesmen dei tempi che furono.

Il canto d’apertura è “Trouble Weighs a Ton”, placido componimento per chitarra acustica solo, sulle orme delle piantagioni di cotone quanto del cantautorato americano più asciutto. E, sinceramente, ci fa strano pensare allo stesso momento al fu Mr. Johnson e al “Boss” Springsteen di “Nebraska” e unirli in un impensabile duetto che fonda i loro stili e le loro attitudini.
Il miglior pregio di questo “Keep it Hid” è certamente la versatilità dei componimenti e degli strumenti utilizzati (anche sotto forma di effettistiche varie), la molteplicità dei generi nelle composizioni e la qualità indiscutibile che fa di ogni brano un valore aggiunto. “I Want Some More”, infatti, vira già decisamente verso suoni elettrici e ritmi sciamanici: strutture tipiche del blues per una danza acida e delirante vicina al groove che avrebbero avuto i Funkadelic se fossero stati inglesi. Segnaliamo anche “Heartbroken, In Disrepair” con le sue chitarre in bella mostra e la sua voce tra il country e le ballate alcolizzate dei gruppi americani dell’hard-rock di metà anni Settanta; la made in Stooges “Street Walkin'”; “Whispered Words” e la sua arrendevolezza rock ‘n roll anni Cinquanta mista allo spirito nostalgico dei Beach Boys e, infine, la zeppeliniana “Real Desire”, canzone che con i suoi organi sembra uscita dal calderone “Phisycal Graffiti”. Vero gioiello di “Keep it Hid” è, però, la romantica e agreste “When the Night Comes”, ululato alla luna di un lupo solitario in cerca di amore.

Amore, sì: l’anima del blues come di ogni essere umano sulla terra. Sofferenza e amore. E Auerbach riesce a descrivere entrambi i sentimenti alla perfezione, con la sua voce monocorde e i suoi giri armonici, traccia dopo traccia. Non lasciatevi confondere da canzoni come “Mean Monsoon”, solo falsamente spensierate, “Keep it Hid” è davvero un album blues a tutti gli effetti. Con tutto ciò che comporta.

05/03/2009

Tracklist

  1. Trouble Weighs A Ton
  2. I Want Some More
  3. Heartbroken, In Disrepair
  4. Because I Should
  5. Whispered Words
  6. Real Desire
  7. When the Night Comes
  8. Mean Monsoon
  9. The Prowl
  10. Keep It Hid
  11. My Last Mistake
  12. When I Left the Room
  13. Street Walkin'
  14. Goin' Home

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