Golden Silvers

True Romance

2009 (XL)
pop, funky-soul

Il "tamarro" è ormai da tempo assurto a categoria estetica e concettuale di primissimo ordine, soprattutto nell'ambito di quel crogiuolo scoppiettante e perversamente contraddittorio che (da sempre) è la musica pop, quindi non dovremmo sorprenderci poi troppo del fatto che l'esordio "True Romance" dei londinesi Golden Silvers, da argutissimo elogio della più effimera frivolezza glam da febbre del sabato sera, finisca poi e del tutto improvvisamente con il rivelarsi una cosa serissima e oltremodo interessante, piena di curiose intuizioni stilistiche illuminate da un'intelligenza spesso instabile e obliqua.

Questi tre ragazzotti abbigliati in maniera quantomeno opinabile si divertono infatti a giocare l'astuto gioco dei finti vecchi, anticonformisti in quanto conservatori in un arido mondo in cui l'innovazione è obbligatoria e già sempre priva della benché minima originalità, dichiarando il proprio amore per l'inattuale ciarpame retro (si fa per dire!) di nomi inusuali come Thelonious Monk, Nat King Cole e Barry White. Ma passeggiando nel loro sound ci si imbatte in realtà in un più nutrito repertorio di artisti, di estrazione per lo più funky-soul-pop, che colpisce per la sua vastità (dai Prefab Sprout agli Scritti Politti, passando per Steely Dan, Blue Nile, Style Council, fino ad arrivare a Prince, Michael Jackson, Sam & Dave e il David Bowie anni Ottanta). Nomi che farebbero rivoltare lo striminzito stomaco dell'indie-amatore medio, guadagnandosi scomuniche e inferocite bolle controriformistiche che sinora forse solo certi esercizi di sontuoso kitsch citazionista a firma The Killers (non per niente di Las Vegas) hanno saputo meritarsi. Eppure, come già detto, il giocattolo funziona.

Canzoni all'insegna del più sfrenato e piroettante edonismo discosoul come "Another Universe", "True Romance (True No. 9 Blues)" e "Magic Touch" si insinuano tra le pieghe del cervello come scontrini fossilizzati nei jeans, denotando gusto invidiabile nella vivacissima tavolozza degli arrangiamenti e lasciando intravedere un'apprezzabile scaltrezza nello sfruttare al massimo le potenzialità di cori e intrecci vocali squillanti. E' musica da genuino intrattenimento, loquace, brillante e un po' marpiona, pronta a scattare come una molla caricata in motti di spirito irresistibili, con trovate di ogni tipo ben nascoste nel doppio fondo della giacca, capace, se necessario, di barare con carte che non ha o non dovrebbe avere, come l'introspezione pianistica di "The Seed", l'hip hop gospel allarmante di "Shakes" o il melodramma porteriano di "Here Comes The King".

Il disco (che potrebbe quasi essere considerato una versione riuscita di ciò che quel mattacchione di Chris Cornell covava nella sua malsana mente) nel complesso convince e diverte, non annoiando mai, anzi incoraggiando ascolti ripetuti grazie a una vena pop ficcante e polimorfa, che non teme il ridicolo ma che anzi lo sfida e stuzzica fino a cavarne forme e figure di sicura efficacia stilistica (ascoltate il piccolo miracolo "Queen Of 21
st. Century" o il variegato lunapark doo wop di "Please Venus").
Esordio da annotare in agendina ad ogni modo: non diventeranno forse famosi per eccesso di sarcasmo o per il troppo erudito formalismo di certi passaggi ma, stilando le proverbiali classifiche di fine anno, non potremo evitare di ricordare questo disco con un briciolo di affettuosa nostalgia.

21/08/2009

Tracklist

1. Another Universe
2. True No9 Blues (True Romance)
3. Magic Touch
4. The Seed
5. Here Comes The King
6. Shakes
7. Queen Of The 21st Century
8. Please Venus
9. Arrows Of Eros
10. Fade To Black

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