Un viaggio alla ricerca del suono perfetto. Un viaggio nella sperimentazione, elettrificata e acustica. Lee Ranaldo, ex-Sonic Youth, non ha mai smesso di muoversi, a volte in direzioni contrapposte fra loro. Spesso anche nello stesso momento. Dai rumorismi di gioventù, dal grande pubblico che lo ha consacrato leggenda vivente insieme a Thurston Moore,è finito a suonare davanti a un pugno di persone. Senza grandi pretese, con la stessa voglia di mettersi in gioco. Ma, soprattutto, libero dalle pressioni.
Si diverte, senza tanti giri di parole. Si concede al pubblico durante e dopo il concerto: un ragazzino intrappolato in un corpo di un quasi 60enne. Giovane di testa, giovane nella musica, anche quando la forma-canzone prende il sopravvento e il suono confortante della chitarra acustica ti trasporta verso un rock di stampo decisamente più classico rispetto a quello cui ci ha abituato in 30 anni di funambolica carriera. E con il recente tour per l’Italia e la Svizzera, a seguito dell’album “Acoustic Dust”, Ranaldo ha scelto di suonare in un set spogliato di ogni cosa: niente batteria, niente band. Solo una sedia e un microfono, le sue sei chitarre e una scarna pedaliera. Un viaggio nuovo, in cui le follie e gli eccessi dei Sonic Youth riecheggiano costantemente. Un riverbero sonoro a volte nascosto, a volte più prepotente.
Lo abbiamo incontrato al termine del suo show a Lugano del 10 marzo allo Studio Foce. Sorseggiando un bicchiere di buon Aglianico dell'Irpinia (terra di grandi vini, in cui affondano le radici della famiglia Ranaldo), accompagnato da formaggio locale, ha ripercorso tutte le tappe che lo hanno portato a decidere di pubblicare un disco acustico. Poi le sue origini italiane, l’amicizia con Thurston Moore e Kim Gordon, quel primo disco dei Beatles che gli ha cambiato la vita e la convinzione che il futuro della musica sia nelle mani delle piccole band in cerca di nuove strade e forme d’espressione.
Da New York a Barcellona. Dall'America all'Europa: perché hai scelto di registrare l'ultimo disco in Spagna?
Non lo considero il mio ultimo album (ride). Il promoter spagnolo mi ha chiesto un tour acustico e quindi, insieme alla mia band, ho colto l’occasione di registrarlo proprio a Barcellona. È nato tutto in modo molto semplice.
Dalla scena newyorkese sono emerse grandi band, dai Velvet Underground ai Sonic Youth. Questa città può essere ancora considerata fonte di ispirazione? Nel mondo, quali altre città o paesi hanno avuto per te un fascino particolare?
Sì, è ancora una grande fonte di ispirazione. La mia famiglia vive là e a New York succedono davvero tante cose. Certo, non è una città semplice: se ci stai sempre può diventare opprimente. Fortunatamente mi sposto molto e, nel corso della mia vita, ho avuto modo di vedere tante realtà diverse e conoscere un gran numero di persone. È fondamentale per me fare questo tipo di esperienze. Durante i miei viaggi mi sono sentito a casa soprattutto a Parigi: è una città con un grande fermento culturale. Non è identica a New York, ma la trovo, per certi versi, molto simile. Un’altra città “super amazing” è Tokyo. Ma anche le piccole città regalano incontri ed esperienze interessanti.
Guardi mai al passato, agli anni vissuti nei Sonic Youth? Cosa ti manca di più di quei 30 anni?
Qualche volta mi capita di pensare al passato ma in realtà non mi manca nulla, perché tutto quello che ho fatto è stata un’esperienza. E l’esperienza continua anche oggi, anche se non sto suonando con i Sonic Youth e non registriamo dischi. Loro sono ancora qui, così come sono ancora qui i nostri fan.
La tua carriera è stata segnata dalla sperimentazione sonora. Oggi quali sono i generi che più si adattano a continuare un percorso?
Ci sono tanti gruppi che improvvisano e fanno cose interessanti. Oggi alla radio si sente molto pop... in realtà esistono piccoli gruppi che suonano non per diventare famosi o incidere dischi, ma per il piacere di creare musica. E sono queste band quelle che mi interessano.
Da ascoltatore, quali generi e band preferisci?
Difficile dare una risposta a questa domanda. C’è un gruppo di New York, i Parquet Courts, hanno inciso due o tre dischi: mi hanno davvero impressionato. Uniscono sonorità dei Sonic Youth a quelle dei Pavement e di altre band. Sono davvero in gamba.
Dagli estremismi sonori a un rock più intimista e classico. Come è avvenuto questo passaggio?
Fare dei concerti acustici per me è molto strano, non è mai stata la mia dimensione. Ho passato tanti anni alla ricerca di suoni di un certo tipo che scaturissero dalla mia chitarra elettrica e invece proprio in questi ultimi anni ho scoperto che fare musica acustica è un’esperienza meravigliosa. È un’opportunità, una sorta di viaggio alla continua ricerca di sonorità sempre nuove e diverse.
Acustico ed elettrico sono due facce della stessa medaglia. Come mai hai deciso di dare un'impronta diversa al tuo ultimo lavoro?
Si è trattato, molto semplicemente, di cambiare mentalità.
Il legame familiare con l'Italia è sicuramente importante. Il paese di origine dei tuoi genitori ti ha influenzato musicalmente?
Sicuramente. A casa della mia famiglia c’era sempre musica e qualche volta ascoltavamo anche canzoni italiane. I miei nonni vengono da Benevento e le origini della mia famiglia sono state per me fondamentali. Ho conosciuto la cultura italiana proprio a casa di mia nonna, a Brooklyn, quando ci riunivamo tutti a tavola: ricordo grandi pranzi e tante persone sedute intorno al tavolo.
In Italia ci sono o ci sono stati grandi gruppi rock, ma che hanno sempre fatto fatica a imporsi all'estero. Cosa conosci del nostro panorama musicale?
Ci sono varie band che mi piacciono, come i miei amici torinesi dei My Cat Is An Alien. Ho avuto modo di ascoltare tante band italiane nel corso della mia carriera, anche se poi non ho potuto seguirne gli sviluppi.
Se dovessi tornare indietro ai tuoi inizi, quando ancora non eri conosciuto quale concerto ti piacerebbe aprire?
Non saprei, certo potrei scegliere dei personaggi molto famosi come Neil Young, Iggy Pop o qualcun altro di questo calibro. In realtà, all’inizio non ho mai pensato veramente di aprire un concerto di qualcuno: l’ambizione era quella di diventare headliner. Come poi è successo con i Sonic Youth.
In Italia ci sono molti problemi economici e divisioni politiche. Che differenzi trovi con la società americana?
Tutti nel mondo hanno questi problemi, compresi gli Stati Uniti: problemi economici, problemi legati alla giustizia, senza dimenticare la corruzione. Internet, però, ha cambiato le cose e oggi tutti possono sapere cosa accade ovunque. Il salto che dovrebbero fare ora le nazioni è di lavorare fianco a fianco e sostenersi a vicenda.
Parliamo di cibo e vino italiani...
Non esiste un posto negli Usa dove si possano gustare le cose come succede in Italia. Ad esempio, ho scoperto piatti particolarissimi in Puglia durante una vacanza con la mia famiglia. Sono un appassionato di vini, ma non esperto. Soprattutto apprezzo i vini rossi. L'Italia è un paese fantastico, ovunque vai trovi la storia intorno a te.
È possibile paragonare il vino alla musica?
Anche quella dei sapori è un’esperienza, ma questa è una domanda alquanto strana. In realtà non ci ho mai pensato.
Quale è stata la tua canzone preferita quando eri un ragazzo?
Non ne ho mai avuta una.
E il primo album che hai comprato?
Il mio primo disco, non acquistato ma avuto in casa, è stato il primo album dei Beatles: ha influenzato la storia del rock’n’roll e sono stato molto fortunato ad aver avuto la possibilità di ascoltarlo. Chiedendo al mio batterista Steve, di sette anni più giovane di me, quale sia stato il suo primo album dei Fab Four che ha avuto, mi ha risposto: “Quello rosso o quello blu?”. Lui parlava di compilation... Ecco, questo fa capire molto la differenza tra aver potuto ascoltare i Beatles degli inizi e averli conosciuti ascoltando una compilation.
Chiudiamo con l'attualità: cosa ne pensi dell'ascoltare musica attraverso le app dedicate?
Mmm... È sempre positivo un mezzo che ti permette di ascoltare musica. Ma io ricordo quanto tempo passavo su un vinile, questo ti dava la possibilità di conoscere al meglio quello che ascoltavi. Con le app, invece, è tutto molto veloce: passi da un brano all'altro troppo in fretta.
LEE RANALDO | |
From Here To Infinity (1987) | |
Scriptures Of The Golden Eternity (1993) | |
Dirty Windows (1998) | |
Amarillo Ramp (For Robert Smithson) (2000) | |
Outside My Window The City Is Never Silent - A Bestiary (2002) | |
Music For Stage And Screen (2004) | |
Ambient Loop For Vancouver (2006) | |
Maelstrom From Drift (2008) | |
Between The Times And The Tides (Matador Records, 2012) | |
Last Night On Earth(with The Dust, Matador, 2013) | |
Acoustic Dust (with The Dust, 2014) | |
Electric Trim (Mute, 2017) | |
Electric Trim Live At Rough Trade East (live, Mute, 2018) | |
Names of North End Women (2020, Mute) | |
In Virus Times Ep (Mute, 2021) |
Off The Wall | |
Angles | |
Hammer Blows | |
Stranded | |
Blackt Out (Lee Ranaldo and The Dust) |
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