Simona Gretchen

Requiem for a dream

intervista di Giorgio Moltisanti

A conti fatti è sempre la vecchia storia della coerenza. Quella dell'unità di intenti tra l'autore e la sua opera. Sempre a patto che a qualcuno ancora freghi qualcosa di questa unità. A noi ad esempio interessa. Se la pensate come noi, allora fate un ultimo tempestivo salto nella vita di Simona Gretchen, creatura della faentina Simona Darchini, classe 1987. La quale porta a termine proprio in questi giorni quello che potremmo definire un piano quinquennale à-la Germs per la conquista dei piani alti del circuito indipendente. Abbiamo scritto à-la Germs e non - per dire - à-la David Bowie (“...we've got five years...”), perché la giovane ventiseienne romagnola, oltre ad essere etimologicamente più punx del Duca Bianco, pende più dal lato di quelli che ci provano e falliscono (o almeno così credono) che da quello di chi probabilmente neanche proverebbe se non avesse già garantita la vittoria. Così, proprio mentre la missione potrebbe dirsi compiuta, grazie a un pugno di canzoni eccezionali contenute nell'ultimo “Post-Krieg”, un disco scomodo che sicuramente farà parlare di sé nei mesi a venire, Simona annuncia la morte del suo alter ego Gretchen. Questo, dice, sarà il suo ultimo disco. Considerando che non stiamo parlando di Ozzy Osbourne, diremmo che c'è da crederle. Ma per adesso concentriamoci sul presente. Simona Gretchen, che cinque anni fa pensava troppo forte e oggi, come pochi altri, diremmo nessuno pensando alle attuali quote rosa in circolazione, riesce a scrivere il proprio epitaffio raccontando in modo storto, schietto, solido, suggestivo, tutto quello che si nasconde sotto la buccia del quieto vivere.

 

Togliamoci subito il dente, quale è stata la gestazione che ha portato all'idea di questo "Rise and Fall of Simona Gretchen"? Soprattutto, considerando che David Bowie ha "ammazzato" Ziggy nel momento in cui l'artista-Bowie godeva di ottima salute (sia artistica che commerciale), non ti sembra un po' un suicidio per l'artista-Simona Darchini?

Può fare paura, il suicidio. Ma, se lo annunci, il coraggio di portarlo a termine, poi, non te lo puoi far mancare; io, per quanto mi fidi di me, preferisco non fidarmi mai del tutto. Suicidi a parte, chiuderla qui con Gretchen è naturale quanto lo è stato scrivere "Post-Krieg". Se sparire fra i fuochi d'artificio invece che nella mancanza d'ispirazione diventasse la prima preoccupazione di chi registra i dischi ci si aprirebbe uno scenario piuttosto interessante davanti.

 

Senza girarci attorno, in questi anni ti ho vista arrancare dietro gente che come sia entrata a far parte del mondo della musica desta ancora oggi meraviglia. Ti ho vista premiata nell'anonimato più totale mentre altri venivano segnalati come "nuove promesse" - magari in seno a una produzione blasonata o una collaborazione nota. La domanda è: quanto tutto questo ti ha suppurata e quanto ha influito sulla scelta di far fuori Simona Gretchen?

Di quello che non è nelle proprie mani, nel bene e nel male, si può solo prendere atto. Io non credo, e suppongo neanche tu lo creda, che Simona Gretchen meritasse di uscire di scena da perdente. Io ho semplicemente fatto il possibile, nei limiti di ciò che era nelle mie mani, appunto, per evitarlo. Se ostracismo c'è stato, allora scrivere “Post-Krieg” è probabilmente la migliore risposta da dare a chi se n'è macchiato.
Chiudere con qualcosa di ben fatto mi può dare molta più soddisfazione di quanta possa darmene lasciarmi innervosire da ciò che non mi sembra del tutto giusto. Al resto del mondo non frega nulla di quel che sembra giusto a me, e va benissimo così. Detto ciò: avrei fatto morire Simona Gretchen con l'uscita di questo disco in ogni caso, la questione non ha a che vedere con quanto qualsiasi cosa cui tu ti riferisca mi abbia nel frattempo suppurato.

 

Come vedi "Gretchen Pensa Troppo Forte" quasi cinque anni dopo e alla luce del nuovo disco?

Ha raccolto più di quanto mi aspettassi. A volte penso non sia poi tanto male, come album d'esordio. Altre volte vorrei bruciare tutte le copie in circolazione. Suppongo sia normale.

 

simonagretchen_iiL'intro di "Post-Krieg" ha a che fare con i tempi e i modi dell'epica elettronica moderna; soprattutto di Crystal Castles: è stata un'idea tua o di Lorenzo Montanà che è abituato da tempo a lavorare con queste sonorità per via di Tying Tiffany? E' tua la voce che sentiamo?

La voce non è mia. Ho chiamato in studio un'amica, Sabina Spazzoli, attrice e regista teatrale, a registrare le parole dell'intro e prima parte del testo di “Everted (part III)”. I versi che ha recitato sono cut-up di miei appunti. Fa riferimento a un saggio sul poeta slavo Simić , il quale, come dice il testo, ci ricorda come l'opera d'arte stia nella chiarezza della visione, e introduce “Post-Krieg”. L'intro è quindi una nota che introduce all'ascolto del disco, svelando, tramite il riferimento alla poetica di Simić, il fatto che “Post-Krieg” sia una sorta di concept, e che nell'idea originaria da cui si sviluppa sia da ricercare, eventualmente, la sua forza.

 

Vuoi parlarci delle altre collaborazioni del disco?

Certamente. Eeviac e Karamazov hanno fatto di “Post-Krieg” un disco esteticamente fantastico; così usciranno sia gli Lp che i Cd. Sono poi molto felice Paolo Raineri, alla tromba nei Junkfood, abbia accettato il mio invito in studio: ha dato un contributo da brividi alla coda strumentale del disco. Oltre a lui, e a Sabina, sono intervenuti nell'album Lorenzo Montanà appunto, registrando le tracce di chitarra e occupandosi della produzione artistica, Paolo Mongardi, arrangiando e registrando le batterie di tutti i brani, Nicola Manzan, ai violini nello strumentale “Enoch” e nella seconda sezione di “Everted”, Silvia Valtieri, che ha registrato la tracce di pianoforte, e Gianluca Lo Presti, che ci ha dato man forte durante tutta la lavorazione del disco.

 

A suo modo anche la conclusiva e tripartita "Everted" ha un suo cipiglio epico (la seconda parte addirittura marziale), questa volta però il taglio è molto più ragionato ed elaborato e magari anche un pelino auto-celebrativo. Tuttavia, più che alla ridondante scuola progressive, sembra strizzare l'occhio al kraut-rock, al post e a certe soluzioni degli Isis. Puoi concordare?

Il kraut ma anche certo prog, e soprattutto gli Isis, rientrano nei miei ascolti: non mi stupisce, anzi mi fa piacere, tu percepisca in “Post-Kriegcerte influenze. E temo tutto il disco sia abbastanza auto-celebrativo. Ma non è una svista: quando si scrive il proprio funerale lo si fa con una discreta cura. Bisogna dire che essere auto-celebrativi, ma con gusto, non sia poi semplicissimo. Sempre meglio poi che vantarsi di un basso profilo che sconfina nella mediocrità pura e semplice. Vedi tutti i Brunori che infestano la scena indipendente e che, miracolosamente – magari fosse per miracolo: il come, ahimé, è chiarissimo -, riescono pure a far parlare di sé e vendere dischi. E' che non possiamo curare lo stato delle cose parlandone fra noi: mentre rispondo, c'è già chi pensa all'invidia. L'unica cosa che valga la pena coltivare è la pazienza, altro che l'invidia! Sperando che la vena poetica di certe generazioni, prima o poi, si esaurisca autonomamente. Io però, intanto, do alle stampe il mio requiem.

Ti vedo bella carica e ti seguo ben volentieri. Domanda un po' maligna: al tempo del tuo primo disco, parlando di te, Enrico Molteni mi disse di trovarti poco incisiva - se il deus ex machina de La Tempesta dovesse cambiare idea in relazione a "Post-Krieg" opteresti per una risurrezione, un ripensamento o gli risponderesti come Clark Gable a Rossella O'Hara in Via Col Vento?

E' all'ordine del giorno esprimere opinioni su cose che si dice di avere sentito, quando magari l'unica cosa di cui si ha un vago ricordo è una brutta foto che ha caricato qualcuno in rete, o dieci secondi di una visualizzazione su YouTube, non mi farei troppe domande: probabilmente a Enrico Molteni non è sembrato incisivo il mio colore di capelli, e non ha ascoltato né ascolterà mai il mio primo disco. Tanto meno l'ultimo. Se poi gli capitasse di sentirlo - il nuovo, non il vecchio - ascolterei ben volentieri la sua opinione a riguardo. Non nutro particolare simpatia per le Rosselle, ma neanche per i Clark. Piuttosto ci parlerei con Enrico. Avrei pure una decina di domande da fargli.

 

Eppure il momento, almeno discograficamente parlando, è Latempesta-centrico.

Who cares? Il momento è Latempesta-centrico, dici? Vero, ma non sarà così per sempre. La Tempesta ha dimostrato di avere spina dorsale, eccome, ma ha pubblicato anche dischi terribili. Se per non scontentare qualcuno che era meglio non scontentare o per sbaglio non saprei. Vogliamo parlare dell'ultimo disco degli ODM, tanto per fare un esempio. Tra l'altro scandalosamente incensato ovunque. Qualcuno si ricorda dei Colore Perfetto, con cui si sporcò le mani anche Umberto Maria Moltheni Giardini? E qualcuno ha notato la differenza di profondità abissale che sta fra il primo e il terzo disco del Teatro degli Orrori? Eppure oggi dedica loro più, non meno pagine di prima, quasi qualsiasi rivista. Infine: il presupposto, diffusissimo, per cui tutti, ma proprio tutti, dovremmo avere un prezzo, è talmente evidente che anche se avessi avuto ancora qualche dubbio, sul Rise and Fall of Simona Gretchen, ora mi sarebbe passato.

 

Non so tu, ma io un'intervista così non la leggo da anni. Nel clima buonista che ci circonda ci saremo già guadagnati una mezza dozzina di “Malmostosi!” a noia. Torniamo quindi al disco, che è meglio. La title-track è uno dei pezzi più incisivi e immediati del disco: cosa rappresenta il Dopoguerra per Simona Gretchen?

Da come parli di me sembrerei un personaggio interessante. Se muoio a 27 anni (cioè l'anno prossimo) e nel frattempo ti sei stancato di scrivere recensioni, puoi sempre scrivere la mia biografia. Ritornando alla tua domanda: è una landa desolata, ma che riserva illuminazioni. Saranno le poche ore di sonno, o le tante di digiuno. Sarà che in ogni wasteland c'è sempre un Tiresia da ascoltare.

 

Una delle cose che colpisce di "Post-Krieg" è la durata, appena 26 minuti. Eppure sentendolo, si ha un senso di completezza post-punk nichilista. Come mai questa urgenza e questa scelta in controtendenza ora che tutti piazzano almeno tre intermezzi, due introduzioni e sette strumentali per tarare il proprio disco?

Perché non volevo lasciare niente di superfluo all'interno di “Post-Krieg”. Volevo fosse denso, ma anche puro, in un certo senso. Non mi importava quanto sarebbe durato, mi importava ci fosse l'indispensabile per dire ciò che volevo dire. Non una virgola di più, né una di meno. Ambizioso, forse, ma era quello che avevo in mente.

 

Nella recensione ho scritto che suoni come se Mara Redeghieri collaborasse con i Lento, la Fuzz Orchestra o i Death Of Anna Karina, e mi riferivo soprattutto a "Hydrophobia", ma ho anche scritto di considerarti un outsider a 360° (nel primo disco c'erano influenze che andavano dai Virgin Prunes a Branduardi). In genere una persona così la si definisce "artista" per tagliare la testa al toro, tu come ti definisci?

Artista è termine che ultimamente sento denigrare di continuo. Quasi fosse una cosa brutta, essere artisti, quando è uno status che solo gli altri possono riconoscerti - o meglio, che non è sufficiente tu ti riconosca da solo. Se poi si possa definire anche me artista, o meno, non credo stia a me dirlo. Non ho mai coltivato particolari sogni di gloria ... è che, quando mi va di fare qualcosa, la faccio. O almeno ci provo.

simonagretchen_iEcco, allora passiamo una attimo a Simona Darchini: parlami della nascita di Blinde Proteus, di come si sta evolvendo fino ad ora, delle sue intenzioni future.

La Blinde Proteus, che in fondo è più un collettivo di musicisti che una label vera e propria, è nata meno di un anno fa, con la pubblicazione di “Achab”, Ep degli Elettrofandango - che seguo dagli esordi. L'ho fondata poco dopo aver co-prodotto l'ultimo vinile di Death Of Anna Karina, ritrovati con, alla voce, un'altra vecchia conoscenza - Andrea Ghiacci. Sono orgogliosa di aver potuto partecipare con altre più di dieci etichette alla pubblicazione di “Morire Per la Patria della Fuzz Orchestra, così come nel progetto FULkANELLI. Impossibile poi non accennare, almeno, alla rara eleganza del doppio vinile degli Ornaments. Quanto al futuro, continuerò ad affidarmi all'istinto. Il mio futuro è un buco nero in cui potrebbe esserci tutto come nulla. Così ho deciso di prendere una qualche decisione una volta finito di dedicarmi a promozione del disco e live. Nel frattempo voglio dare un'occhiata in giro. Intendo fuori dal paese irreale, ma anche dentro. Lo dico sinceramente: non è disamore nei confronti dell'ambiente musicale a farmi chiudere il progetto Gretchen. Nel frattempo, a maggio, invito chiunque volesse farsi un'idea di chi siamo e cosa facciamo a Bologna, per una serata che vedrà Lleroy, me e Fuzz Orchestra sullo stesso palco.

Ecco, appunto, cosa dobbiamo aspettarci dai nuovi live?

Liberandomi dai limiti imposti dall'avere un basso o una chitarra elettrica a tracolla per la maggior parte del live-set, tanto per cominciare. Vorrei mettere tutto il corpo, oltre che la mente, al servizio di questa nuova dimensione live. Con un disco del genere, come hai ben intuito, non si può rischiare di mancare di fisicità.

Mi è sempre piaciuto il nome d'arte che hai scelto. E mi ha fatto sempre sorridere quando ti hanno chiesto il "significato" di Gretchen ("Margherita", in tedesco). Mi è sempre piaciuto per quel suo senso tragico di sconfitta esposto comunque con fierezza e nobiltà che ben si sposa con un certo romanticismo tragico, non a caso alla fine Gretchen va in Cielo. Forse la risposta è già nella domanda, ma come mai sei rimasta affascinata dal personaggio di Goethe? A tratti, sentendoti sembri essere molto più Faust che Gretchen.

Io sono molto più Faust che Gretchen. Ma per descrivere una cosa devi darti una posizione e un punto di vista, devi importi un distacco. Se no è meglio scrivere su un diario e tenersi per sé il risultato. Gretchen è un ottimo punto di vista, sul Faust. Ma, anche se somiglio certo più a Faust che a Gretchen, mi è capitato eccome di essere Gretchen. In maniera molto più letterale di quanto si possa immaginare. Chiunque (forse proprio chiunque no, ma passami la generalizzazione) può essere Faust o Gretchen, o anche tutti e due, in momenti diversi della propria vita. Mi piace pensare la grandezza di Goethe abbia a che vedere anche con questo.

Le foto di questa intervista sono di Mirko Pezzi.

Discografia

Gretchen Pensa Troppo Forte (Disco Dada, 2008) 8
Venti e Tre (Trovarobato/Disco Dada, 2011)
Post-Krieg (Blinde Proteus/Disco Dada, 2013) 8
Pietra miliare
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