L'occasione per parlare con i Tre Allegri Ragazzi Morti ci viene data dall'ennesimo concerto sold-out del nuovo tour ancora in corso. Questa volta a Roma, in un affollatissimo Black Out. Che i TARM siano diventati una band in grado si spostare le folle (anche nel giro di poche settimane tra una data e l'altra nella stessa città), non è un mistero. Già da un paio di tour a questa parte, i loro concerti sono una sequela di accoglienze trionfali, canzoni cantate a squarciagola e costante scintillio di telefonia mobile annesso - al posto di vecchi accendini e Kodak usa e getta. La prima impressione è quella di un pubblico nostalgico, in sofferente attesa dei cavalli di battaglia, ma è solo un'impressione. Certo, l'entusiasmo e la commozione quando parte "Occhi Bassi" sono difficili da descrivere, tuttavia l'ovazione sulle prime note de "I Cacciatori" (dall'ultimo "Nel Giardino dei Fantasmi") danno l'idea di un pubblico attento e al passo con i tempi.
Davide Toffolo, con la solita maschera tenuta fino alla fine dello show, non saltella più di tanto e parla ancora meno, dimostrando ancora una volta quanto in realtà la stazza di colui che indossa come niente fosse un costume da Yeti nasconda un quarantottenne al quale per una sera può anche non andare di fare l'ex-adolescente a tutti i costi. Chapeau. Arriviamo quindi a questa intervista carichi come Lester Bangs a un meeting di etichette indipendenti. Ci aspettavamo lo stesso anche da parte di Enrico Molteni, bassista dei Tre Allegri, deus ex machina dietro La Tempesta Dischi e nostro interlocutore in questo lungo botta e risposta. Crediamo di avergli fornito, in più di un'occasione, la possibilità di sciogliere qualche matassa e togliersi anche qualche sassolino dalla scarpa. Qualche volta lo ha fatto, molto spesso no. Magari abbiamo sbagliato tutto, ma una cosa è certa: le vie del politically correct sono più infinite di quelle del Signore.
Concept-album. Tra virgolette o meno. E' tornata la moda del concept-album o magari è più pleonasticamente la voglia di togliersi uno sfizio, una soddisfazione - tipo: il vinile, il concerto in teatro, il concept-album?
Mmmh, credo che "Nel giardino dei fantasmi" sia considerabile meno concept-album di "Primitivi del futuro". Ci sono colori differenti tra loro, e i temi spaziano. E' il suono che tiene unito tutto. "Primitivi del futuro" invece aveva un impasto comune, un colore unico, una linea tematica. E comunque non credo si possa parlare di sfizi, ci sono dei paesaggi comuni nello svolgimento di diverse carriere artistiche. Di solito, o almeno noi, non si fanno le cose per esclusione delle precedenti.
"Nel Giardino dei Fantasmi", "Testamento", "Il Mondo Nuovo". Ci metto anche "Fantasma" per par condicio e perché quel che è giusto è giusto. Tutti album concettuali, sempre tra virgolette o meno. Mai pensato che visti dall'esterno possiate sembrare solo intenti a gareggiare a chi ce l'ha più lungo?
Ognuno di noi lavora in proprio, non credo ci sia una reale competizione. Per alcuni siamo tutti simili, ma ognuno di noi prova, giustamente, una certa diversità personale dal contesto in cui viene collocato. Anche se forse un po' di sfida aiuterebbe, la battaglia tra le band ha sempre funzionato, tanti i casi storici noti.
Le nuove canzoni sembrano più "scritte", certamente c'è una produzione più lucida e stranamente l'idea di un lato luminoso/positivo ("La Mia Vita Senza Te") e di uno buio/negativo ("Il Nuovo Ordine") è stata sfruttata (ancora una volta) al meglio. La volontà era questa, essere semplicemente complicati o difficilmente comunicativi?
Credo che l'impegno che ci mettiamo porti a complicare un po' le cose per chi non è attento o ha la capacità di concentrazione azzerata dai tempi che viviamo. Io sono uno di quelli che prova piacere quando qualcosa richiede un po' più di impegno del solito, a livello mentale. Mi sembra di crescere come individuo. Credo che i dischi dei Tre Allegri da questo punto di vista siano sempre stati apparentemente leggeri e fruibili, ma con molti doppi fondi e differenti possibilità d'interpretazione, semplicemente e profondamente comunicativi.
Quale è allora il vostro rapporto con l'ukulele e più in generale con la "sperimentazione" di strumenti atipici nel vostro set-up originale? Personalmente trovo che sia uno strumento molto TARM, l'ukulele.
Questo ultimo album vede la presenza di molti strumenti particolari, oltre l'ukulele: cajon, cucchiai, mandolini e così via. Io li trovo funzionali, mi piacciono, hanno un bel suono e credo arricchiscano elegantemente il disco dandogli quel tono folk fantascientifico che cercavamo.
Nei vostri dischi c'è sempre un riferimento, più o meno marcato, all'adolescenza e al suo lato più umbratile e depressivo. Danni collaterali legati a Kurt Cobain e camicie di flanella a parte, come vi rapportate con la depressione giovanile e l'aumento degli attacchi di panico in età adolescenziale? Avete una posizione rispetto all'uso degli psicofarmaci e all'uso degli psicofarmaci per i giovani?
C'è una canzone nel disco che parla (velatamente) proprio di questo. Si chiama "Bugiardo". Più cresco e più vedo il percorso della vita come un percorso impervio, pieno di ostacoli. Bisogna essere forti per superare ogni stagione dell'esistenza a testa alta, e durante l'adolescenza si trovano molte trappole. Credo che la vita vada presa alla leggera e con curiosità, forse bastano questi spunti per stare sereni e godersi tutto quello che c'è.
Presentazione del disco in occasione della festa La Tempesta al Rivolta. Che ricordo hai di quella serata? Ci sono stati gli stessi problemi tecnici dell'edizione romana in estate oppure è andata meglio?
E' andata meglio, pur essendo al chiuso il Rivolta è grande quasi il triplo del Supersanto's e il Veneto ha reagito complessivamente meglio del Lazio. È stata una serata eccezionale, come al solito tutti i gruppi sono stati grandi e così il pubblico. Mi piace il Rivolta perché è una struttura ben gestita, una di quelle cose che ci si aspetta di trovare solo a Berlino.
Guardandosi in giro a un vostro concerto, l'età media è bassissima. Ma fino a qui nulla di nuovo sotto il sole. Una mamma ansiosa mi ha anche chiesto se sapevo se "loro (ossia voi) fanno fare il pogo" - che è abbastanza illuminante. Osservando però i figli e non le mamme, ci si rende conto dalle loro t-shirt di chi potrebbero essere. Che Guevara e Ramones, ma anche Lady Gaga e I Soliti Idioti. Così dicendo, parrebbe quasi che la metà dei ragazzi morti della musica (e forse pure della vita) non abbiano ancora capito molto. Quanto c'è di pedagogico nei Tre Allegri? Sembrerebbe esserci una volontà educativa di fondo, intesa come "educazione all'ascolto", che poi sia degli Smiths, dei Buzzcocks, di Peter Tosh o di qualche buon romanziere o saggista lo decidano loro.
Quest'analisi è veramente buona. Ciò che dici ha un senso. Credo ci sia effettivamente in gioco la volontà educativa di cui parli, che faccia parte dell'idea di collettività che ci appartiene.
Non avete mai avuto la visibilità mediatica (e l'interesse della critica colta) di molti vostri colleghi - anche di etichetta. Mi piace pensare che a voi di questo "finto merito", come lo stare simpatici o antipatici a qualcuno, non ve ne freghi nulla. Mi sbaglio?
Sì, hai ragione, non ce ne frega nulla. Abbiamo sempre fatto la nostra cosa al nostro meglio, il cortocircuito è tra di noi. Se poi ci passa la radio, ben venga. Ma non abbiamo mai mirato nè al successo nè ai soldi. Ci piace l'idea di sviluppare un'idea in quello che è un laboratorio di comunicazione, non solo musicale.
Dobbiamo aspettarci una seconda "versione" anche per questo disco, magari in inglese?
Ci sarà, non in inglese. E sarà dub.
Non te la prendere, ma è ovvio che a parlare con te è materialmente impossibile non pensare a La Tempesta. Nel 2000 quando l'hai fondata avresti mai pensato che l'Italia potesse diventare una Nazione, a suo modo, La Tempesta-centrica?
No, mai. Anche se ogni tanto sogno una sorta di monopolio simile alla Egrem, unica etichetta discografica cubana. Scherzo, in realtà sono uno di quelli convinti che più si è, meglio è.
Billie Joe Armstrong dei Green Day ha detto: "Ricordo che una volta un ragazzo si avvicinò a me, mi chiese 'Ehi Billie! Cosè il punk?' io diedi un calcio a un bidone e risposi 'Ecco, questo è il punk!'. Lui diede un calcio a un bidone e disse 'Ah!! Ora ho capito! Quindi il punk è questo!' e io risposi 'No, questo non è punk, questo ora è moda!'". Cosa ne pensi dei mostri generati dai vari Vasco Brondi? Quando lo hai reclutato ti saresti mai aspettato l'abominio che siamo spesso costretti a sopportare adesso?
Credo che la forza seminale di artisti come Le Luci Della Centrale Elettrica e Il Teatro Degli Orrori sia potentissima e me ne sono reso conto nel momento in cui pubblicavamo i loro dischi. Quando uscì "Dell'Impero Delle Tenebre" ricordo che ridevo all'idea di quanta gente avrebbe cominciato a suonare con quel piglio. Così come pensavo a quanti avrebbero cercato di cogliere lo stile di Vasco Brondi. Ma è troppo difficile, l'obiettivo è esprimere se stessi, non scimmiottare qualcun altro.
Quali riferimenti musicali ti spingono ad apprezzare un gruppo oppure a snobbarlo?
E' un discorso molto complesso. Proverò a semplificarlo dicendo che è una sensazione a pelle. Se vedo o sento una cosa che mi piace, lo so immediatamente, non ho bisogno di tornarci sopra. E' un mix di bravura tecnico/poetica, di immagine, di nome del progetto, di suono, di energia palpabile sul momento, di grafica. Non si può pensare che per fare musica basti scrivere la canzone, è un'idea romantica ma lontana dalla realtà. Serve una visione più articolata, e deve essere una visione precisa. Mi piacciono le idee in assoluto, più della loro realizzazione. Credo sia uno degli insegnamenti del punk.
La Tempesta. Etichetta paragonata da molti alla Cramps Records. Soprattutto per l'umore socialmente impegnato di alcuni (molti, ma non tutti) nomi coinvolti al suo interno. Poi però scopri che è spesso distribuita e partner dalla Universal Italia. Colosso multinazionale che distribuisce anche tutta quella sfilza di nomi che vengono additati da alcuni di voi come Il Male della musica italiana. Quindi, è un'infiltrazione per combattere il nemico dall'interno, c'è del puro e semplice marketing di fondo oppure un po' di italianissima ipocrisia?
Diciamo che il lavoro di un distributore è profondamente diverso da quello di una casa discografica. In questo senso La Tempesta approfondisce rapporti con distributori diversi e disponibili, ma di sicuro ogni scelta rimane nelle nostre mani, o meglio, nelle mani degli artisti.
Ok, ma allora qual è delle due l'Italia che vi sentite di rappresentare?
Credo ci sia un fondo di popolarità nella nostra gente. Non ci sono i modaioli, non ci sono gli ultras. Ci piace l'idea di rappresentare la gente comune: bella, semplice, curiosa.
D'accordo, passiamo oltre. La maschera dei TARM originariamente rappresentava il gesto (politico?) di annullamento delle persone Davide, Enrico e Luca in un oggetto di vendita. Ovviamente, anche con tutta la concettualità "anti" di chi, per dire, si tatua un codice a barre addosso. Oppure "We Are All Prostitutes", per dirla à-la Pop Group. Ora che senso hanno le maschere?
Le maschere hanno preso una loro strada, da un certo punto di vista. Forse per farne un'analisi approfondita bisogna aspettare ancora un po' di tempo. Ora le vedo come un collante tra chi si sente a proprio agio nello stesso immaginario.
Tu che lo conosci di sicuro meglio di me, Giulio Ragno Favero passa le sue notti a cercare di conquistare il mondo o ha un ego smisurato solo quando si tratta di musica?
Giulio è una persona speciale, mi dispiace che ogni tanto qualcuno riceva solo la sua vibrazione "metal". Giusto per dire, Ragno è uno dei suoi due cognomi, non certo un nome figo messo lì per fare il duro come alcuni credono. Giulio è un lavoratore incredibile, non molla mai un attimo, ha una passione profonda e sincera per la musica ed è diventato bravissimo in quello che fa. È di Padova e forse bisognerebbe passare lì un po' di tempo per interpretarne meglio il pensiero, l'operosità innata legata a una certa forma di protesta continua.
Ovviamente scherzavo, le dolenti note arrivano adesso: il disco di Appino suona simil-Teatro Degli Orrori, il disco dei Bachi da Pietra suona simil-Teatro Degli Orrori, il disco dei Teatro Degli Orrori suona simil-Teatro Degli Orrori. E dietro tutti e tre (e non solo) c'è Giulio Favero. Ora, non c'è nulla di male a fare il produttore. Considerato però che Tony Wilson, che produttore lo era sul serio, non ha fatto suonare tutti come i Joy Division (o Rick Rubin tutti come i Run DMC) c'è qualcuno ne La Tempesta che ha mai detto o pensato "Giulio Ragno Favero: ora hai veramente rotto le palle!"?
Credo che il disco dei Bachi Da Pietra sia perfetto così. La mano di Giulio e il lavoro del gruppo viaggiano su uno stesso binario. Nel disco di Appino avverto un doppio binario, da un certo punto di vista l'incontro artistico è più sperimentale. O forse sarà che avendo sentito i provini registrati in casa da Appino m'ero abituato ad un altro tipo di "morbidezza". Comunque, Giulio è un ottimo produttore e non ci ha mai spinto a pensare che ha stufato. Hai mai sentito il disco di Bob Corn che ha registrato Giulio? E' morbidissimo, caldamente acustico.
Sì, ma suona un po' come l'eccezione che conferma la regola. Altresì ammetterai che è (relativamente) assurdo che Bruno Dorella, dopo aver sdoganato Bugo alla stessa Universal nel 2002, ora si faccia co-produrre il disco da Giulio. Per me sarebbe stato molto meglio (e anche più logico) se fosse stato Bruno a co-produrre "Il Mondo Nuovo" del Teatro Degli Orrori, se mai…
L'idea di un disco del Teatro prodotto da qualcun altro mi incuriosisce molto. Chissà.
Alla fine lo hai sentito poi il nuovo disco di Simona Gretchen?
No, non l'ho ancora sentito.
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Intervista 2010 Ritorno in levare di Marco Lo Giudice Incontro con il leader dei Tre Allegri Ragazzi Morti, Davide Toffolo, che ci parla dell'ultimo disco, di primitivismo, de La Tempesta e dell'importanza della provincia... Un disco, "Primitivi del Futuro", che ha spiazzato un po' tutti. Una battuta che improvvisamente gira in levare e disegna nuovi paesaggi sonori. Un colore blu a dipingere ovunque la voglia di tornare all'essenzialità delle cose, delle relazioni e della natura. Questo sono oggi i Tre Allegri Ragazzi Morti, e ce li racconta il fumettista-cantante più famoso della penisola, Davide Toffolo, generoso di parole e opinioni. La curiosità si centra immediatamente sul cambio di direzione nei suoni, ampiamente ispirati dal dub e dal reggae, e coordinati dalla mano sapiente del produttore Paolo Baldini, noto anche per essere il basso pulsante degli Africa Unite. "C'era la voglia di trovare una lingua nuova" spiega Davide, "l'Italia della musica è cambiata molto, il rock è stato in qualche modo mangiato dal mercato. È stata davvero prima di tutto un'esigenza, una priorità. Ci sono stati dei segnali, legati a viaggi e suggestioni, che hanno anticipato questa scelta: mi sono ritrovato in Russia per lavorare a un fumetto che sarà pubblicato prossimamente, e nel paese più a nord del mondo, vicino alla Norvegia, il gruppo più famoso faceva reggae. Mi sono accorto dell'universalità di questo linguaggio, e ne sono rimasto affascinato. Pensa agli aborigeni d'Australia: anche lì si suona musica in levare". Paolo Baldini ha dato ordine e direzione a questa volontà, permettendo ai tre musicisti di Pordenone una vera e propria indagine nel genere. Davide ci tiene a sottolineare che questo è il primo disco registrato a Pordenone, dove vive e lavora lo stesso Baldini: "Ci siamo incontrati di nuovo dopo tanti anni, ed è stata l'occasione per scoprire un ottimo professionista e soprattutto un ambiente musicale qui in città molto cresciuto". Grazie a questa collaborazione e ai frutti di questo viaggio artistico, il disco assume una tonalità unica dall'inizio alla fine, tanto da invogliare un ascolto unico, ininterrotto: "Non ci piace la cultura dello skip tipica dell'iPod, volevamo un disco che andasse respirato tutto d'un fiato, che potesse essere apprezzato nella sua fluidità e nella ricchezza delle frequenze sonore presenti. Ci siamo divertiti molto a farlo, e ci stiamo divertendo a proporre questo nuovo linguaggio anche dal vivo; per questo è un'esperienza che difficilmente rimarrà isolata: c'è già in cantiere una versione dub del disco con ospiti di altissimo livello". Il titolo dell'album, "Primitivi del Futuro", è un omaggio sincero alla band di Robert Crumb, autentica leggenda del fumetto: "Non c'è ovviamente nessun legame musicale con Les Primitifs du Futur (il nome dell'orchestrina, che suona una sorta di jazz, ndr), ma è un ulteriore modo per sottolineare il rapporto indissolubile che esiste per i Ragazzi Morti tra fumetto e musica. È una condizione esistenziale, quella di essere musicista e fumettista, che mi ha portato e mi porta a concepire questa avventura come un'esperienza assolutamente unica". Assieme al linguaggio reggae, a dare unitarietà al lavoro è proprio il concetto di primitivismo, espresso con sfumature differenti in tutti i testi: "Non abbiamo mai smesso di cercare emozioni musicali differenti, anche negli altri dischi. Qui c'è però indubbiamente una visione del suono molto unitaria, che si accompagna con forza all'immaginario lirico descritto dai testi. Molti dei temi di questo disco provengono direttamente dalla vita nella campagna friulana: la nostra scelta di tornare a vivere insieme nella provincia pordenonese ha permesso di avvicinarci a un ambiente naturale sfruttato dall'uomo in maniera radicale". Nel complesso di queste ispirazioni la lettura dell'anarco-primitivista John Zerzan si è rivelata illuminante, "tanto quanto pericolosa! Però ha certamente organizzato alcune sensazioni: siamo una parte, soltanto una parte, della natura. È in questo senso che dare a questo disco i contorni musicali del reggae è stata una conseguenza piuttosto spontanea". Il messaggio sociale e politico che ne esce è quindi molto forte e diretto. Viene allora da chiedersi se la musica abbia ancora forza comunicativa in un mercato discografico in crisi totale. La domanda non è affatto casuale, poi, se chi sta dall'altra parte del telefono è anche una delle menti (insieme agli altri Ragazzi Morti, Luca Masseroni ed Enrico Molteni) de La Tempesta Dischi, diventata negli ultimi anni l'etichetta indipendente italiana di riferimento. "Aspetta: se parli di mercato in crisi, allora ti do ragione. Ma la musica non è in crisi, assolutamente. Anzi: la musica indipendente sta vivendo un momento di forte espressività, è più libera, slegata da esigenze meramente commerciali. Dalla parte di chi fruisce il prodotto musicale, c'è poi una richiesta costante... No, la musica è in piena salute, forse oggi più di altri momenti". E le cose sembrano davvero stare così, se si guarda alla fertilità e alla vivacità dell'underground italiano (i gruppi de La Tempesta su tutti). Non è che forse certa "musica indipendente" italiana - i ruggenti anni Novanta di Mescal e co. - abbia in qualche modo fatto il suo corso, portando con sé compromessi e scelte diverse? "A questo riguardo mi viene da dire che ogni periodo sviluppa una realtà che lo rispecchia: è vero, negli anni Novanta le etichette indie erano forse meno e con modalità e approcci spesso simili alle major. La Tempesta è figlia di un altro tempo, e certamente nasce sotto una logica di collettivo artistico e non di industria. C'è poi da aggiungere che internet ha tolto importanza al territorio come delimitazione di una scena: pensa a cosa significava vivere e suonare a Torino o a Milano vent'anni, quindici anni fa. Oggi c'è una sorta di delocalizzazione che porta un'etichetta come la nostra a trovare e produrre gruppi da tutta Italia". Quali possono essere, allora, gli obiettivi di un'etichetta indipendente oggi? Che cosa ha fatto veramente la differenza nell'esperienza de La Tempesta?: "La nostra strategia è nata da una ricerca - quella dei Tre Allegri Ragazzi Morti - di libertà espressiva e dalla volontà di slegarsi da produzioni esterne. E questa è stata l'esigenza che ha portato Giorgio Canali, Moltheni, Il Teatro degli Orrori e via dicendo a collaborare con noi. Il nostro unico obiettivo è quello di far sì che tutte queste realtà mantengano la loro identità, non soltanto artistica: anche nella relazione con noi, nel modo di procedere con la promozione e i concerti... è un approccio che non mi dispiace affatto definire 'etico'". In un momento in cui è sempre più forte il confezionamento caramelloso di prodotti musicali, dove l'artista è inserito (se non costretto) in un contesto definito in partenza, La Tempesta propone così una produzione incentrata sulle volontà dell'artista stesso: "Cerchiamo semplicemente di dare all'idea il supporto giusto, e per ora funziona: chi ha collaborato con noi ha sempre avuto la possibilità di esprimersi al meglio delle proprie peculiarità. È naturale che, per fare questo, la dimensione ideale è quella del 'do it yourself': La Tempesta è gestita totalmente da noi e la relazione con gli artisti è diretta, senza intermediari. Ma non può che essere così, se l'interesse è quello di sviluppare rapporti con la gente e con l'arte che non siano quelli di una stagione. Qui si lavora per dare una realtà duratura a una passione altrettanto duratura". A cercare di dare visibilità al sottobosco indipendente italiano ci avevano provato gli Afterhours con la compilation "Il paese è reale", in occasione della loro partecipazione al Festival di Sanremo del 2009. È interessante conoscere il parere su un'operazione simile di chi, questo sottobosco, lo conosce molto bene e in qualche maniera lo rappresenta: "Certamente è stata un'esperienza coerente con la storia e il percorso di Manuel e gli After, che hanno sempre cercato di proporre una musica alternativa in grado di sostituire anche commercialmente il mainstream. Per quanto mi riguarda, la musica è un fatto: esiste. Perciò, ritengo sia decisivo non tanto il darle visibilità, quanto il metterla in moto, non rinunciando mai a sporcarsi le mani. Per questo dico che sarebbe bello vedere Manuel e gli altri aprire un'etichetta!". Per i Tre Allegri Ragazzi Morti e tutta La Tempesta, la priorità assoluta va insomma data all'idea artistica e alla possibilità di lavorarci in totale libertà. E In Italia questo risulta particolarmente ostico: spesso la novità viene accolta con freddezza e immediatamente catalogata. "Se un album come 'Primitivi del futuro' fosse stato prodotto da un gruppo americano , avrebbe creato curiosità e movimento (penso all'accoglienza trionfale riservata ai Vampire Weekend). Qui viene visto quasi con sospetto. Aggiungi il fatto che da quando sono usciti i Gorillaz, ci troviamo a dover rispondere a domande che riguardano noi e loro. A parte il fatto che noi esistiamo dal '94, e a parte il fatto che le due operazioni sono diverse: perché si deve sempre e comunque trovare un riferimento? Capisci perché dico che in Italia è difficile lavorare sulle idee?". Le ultime battute sono spese su Pordenone: è curioso come la realtà artistica fresca e originale dei Ragazzi Morti e quella produttiva de La Tempesta nascano nella provincia per eccellenza, il Nordest. Anche la musica e l'arte in genere sembrano così raccontarci di una fuga dalla città per recuperare stimoli. È così? "La provincia è stimolante, creativa. Tutta la nostra arte ha a che fare con i territori in cui siamo cresciuti, è nata qui, da esigenze legate a questi luoghi. E la gestazione di questo disco, come ti dicevo, ne è assoluta testimone. Insieme a tutto l'immaginario concettuale che sta alla base di 'Primitivi del Futuro'". Una boccata d'aria. Si respira una vera boccata d'aria a sentire - direttamente dai protagonisti - che l'Italia della musica è vivissima, si muove, crea, è libera e ha idee nuove; che sa cambiare direzione, suoni, ascolti; e che soprattutto non smetterà di salire su un furgone e calcare i palchi, nel segno puro e cristallino della passione. Questo sono oggi i Tre Allegri Ragazzi Morti. |
Piccolo intervento a vivo (live, Bmg, 1997) | ||
Mostri e normali (Bmg, 1999) | ||
La testa indipendente (La Tempesta/ Venus, 2001) | ||
Le origini (antologia, La Tempesta/Venus, 2002) | ||
Il sogno del gorilla bianco (La Tempesta/Venus, 2004) | ||
La seconda rivoluzione sessuale (La Tempesta/Venus, 2007) | 6 | |
Primitivi del futuro (La Tempesta, 2010) | 6 | |
Nel giardino dei fantasmi (La Tempesta/Venus, 2013) | 6 | |
Sindacato dei sogni (La Tempesta, 2019) | 6,5 |
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