Tra il 1976 e il 1977 in Italia esplosero gli ultimi bagliori, in parte inconsapevoli per gli stessi protagonisti, di quel movimento di lotte e passioni passato alla storia come Sessantotto (ma che in realtà covava già dai primi anni 60 e che, dalle nostre parti, finì per durare quasi un ventennio). A livello generazionale, il passaggio di consegne di questo patrimonio umano, politico e artistico, fu più complesso del previsto, fatto certamente di scambi, ma non privo di tensioni, rotture e incomprensioni.
Sotto il profilo musicale la nuova ondata di artisti emersi in quel biennio (da New York a Londra, da Berlino a Bologna) si riconobbe nella spinta del punk, nient'altro che una forma di rock'n'roll basata sulla forza dell'impatto sonoro, e della new wave, il non genere per eccellenza, in grado di canalizzare filoni tra loro distanti a tal punto da sembrare agli antipodi (dub e funky, rockabilly e corrieri cosmici ecc...).
Insieme furono, prima di tutto, reazione ai regressivi anni del sempre più autoreferenziale progressive, delle pretese poetiche dei cantautori (sia quelli "impegnati" che quelli più "d'evasione"), dell'ingessatura del blues nell'hard e nell'heavy-metal, di un glam ormai attardatosi sui banchi di scuola di adolescenti ormai troppo cresciuti per farsi incantare ancora da lustrini & paillettes.
La nuova ondata fu capace e di rotture ("No Elvis, Beatles Or The Rolling Stones in 1977") e di continuità, recuperando dal rock precedente sia la fisicità del beat e del garage, che la cerebralità della psichedelia e del kraut, imprimendo al rock tutto una scossa che ne riassesterà e determinerà le vicende seguenti, direttamente e indirettamente, per almeno un quindicennio.
Uno solo poteva ridere mentre De Rossi diceva dei funerali del Re.
E Franti rise.
(Edmondo De Amicis, "Cuore")
È in questo clima che, sui banchi di scuola di un liceo torinese, nasce la storia dei Franti. Un gruppo di ragazzi, proveniente dai quartieri di Mirafiori Nord e Santa Rita, che decide, parallelamente a tanti coetanei europei e americani, di mettere su una band. Il gruppo inizialmente suona soprattutto brani strumentali influenzati dal free jazz e dal rock canterburiano (sono gli anni di Rock in Opposition) e utilizza varie sigle (Guerrilla's Band e Franti Band).
Dopo una prima fase di assestamento (1976-79), la formazione si stabilizzerà, nel 1980, attorno a Stefano Giaccone al sax (occasionalmente anche cantante e chitarrista), Massimo D'Ambrosio al basso, Marco Ciari alla batteria e Vanni Picciuolo alla chitarra.
In seguito ad alcune esibizioni dal vivo, alla frequentazione del circolo del proletariato giovanile (come si chiamavano allora i nascenti centri sociali occupati e autogestiti) del quartiere e una crescente maturazione musicale che li porterà a entrare in contatto con la seconda ondata del punk (che in Italia ebbe un impatto molto maggiore rispetto alla prima) il gruppo, coadiuvato dal cantante dei Deafear, Lux, decide di registrare una cassetta con due brani.
Il primo, "No future", destinato a diventare uno dei loro pezzi più rappresentativi (soprattutto in questa prima parte di carriera), è cantato in italiano, mentre il secondo, "Last Blues", è in inglese: nel complesso rimangono ancorati a una certa new wave un po' scolastica ("Patti Smith, Wire, Gun Club e un casino di punk californiano" dirà Giaccone, gli ascolti più frequenti del periodo), ma le divagazioni art-rock fanno intuire che il gruppo ha ancora tanto da dire. E la prima cosa di cui si accorgono è proprio la mancanza di una voce adatta a un suono in continua evoluzione. Ed è a questo punto (siamo nel 1982) che entra in scena Lalli; già cantante dei Luna Nera, conosciuta tramite il chitarrista di questa band, Sandro Picciuolo, (fratello del già citato Vanni) diventa il fattore decisivo che fa propendere Giaccone & C. per una rifondazione della band, che ora può contare sull'apporto fondamentale della sua voce.
Suggestionati dalla lettura di un brano del "Diario minimo" di Umberto Eco, dove al Franti di De Amicis vengono fatti vestire i panni dell'anarchico che uccise il Re d'Italia, Gaetano Bresci, i nostri decidono ormai di assumere definitivamente questa sigla.
Noi non abbiamo paura delle rovine: un nuovo mondo sta nascendo proprio mentre io ti sto parlando"
(Buenaventura Durruti)
L'idea è quella di fare dei Franti un gruppo aperto, dove chiunque può arrivare e dire la sua, travalicando ruoli predeterminati e rigettando assieme sia l'attitudine da artista che crede nell'ispirazione trascendentale nel chiuso della sua stanza, sia quella da rockstar contemporaneamente ribelle e "a stipendio" dell'industria musicale. Logica conseguenza di ciò sono il recupero della pratica situazionista dell'abolizione del vincolo di copyright e la mancanza del bollino Siae sui dischi. Dal vivo la loro musica viene suonata sostanzialmente dai fondatori del gruppo (a cui spesso si unisce Paolo "Plinio" Regis alle tastiere) ma alla stesura e all'arrangiamento dei pezzi prendono parte una quindicina di persone.
E' nella sala prove del centro d'incontro "Il Cortiletto" che viene concepito nel 1983 il primo album, Luna Nera, pubblicato su cassetta e comprendente nove brani (nella ristampa in vinile di due anni più tardi verranno aggiunte una nuova versione di "No Future" e la ballata zen "Chiara realizzazione di Ryonen"). La definizione che la band dà di sé è "hardcore folk band" in cui l'urgenza e la rottura dell'hardcore (in senso lato: dal punk al bebop) si coniugano alla riscoperta delle radici (dagli Area a Pavese passando per Dylan). Non è un caso quindi che la prima traccia dell'album sia una rilettura tiratissima di "Preaching Blues" di Robert Johnson. Il lato A è completato da "Io nella notte", certamente il brano più new wave del lotto, "Only A New Film" sospesa tra riff classic rock ma capace di evocare suggestioni noir e bladerunneriane, a cui seguono la toccante "Le loro voci" (la tragedia della guerra in Libano) e la ballata pianistica in odore di Canterbury "Joey" (basata su un testo del psicopedagogista Bruno Bettelheim).
Il lato B si apre con "Lasciateci sentire ora", invocazione al potere della parola che non conosce barriere linguistiche; la parte centrale è composta invece dalle strumentali "Vento rosso" e "Solidi", figlie delle migliori pagine di Rock in Opposition, mentre la cantilena "The Week Song" chiude il disco.
Luna Nera viene stampato in poche copie ma, grazie al passaparola, alle buone recensioni e a una serie di concerti fuori Torino, comincia a essere richiesto da più parti e le prime tirature della cassetta, con grande sorpresa per la band, cominciano ad andare esaurite, obbligando il gruppo, nel giro di qualche mese, a una serie di ristampe. Grazie poi a una serie di eventi quali "Rock contro il nucleare" i Franti entrano in contatto con la nascente scena cittadina, e in particolare con gruppi punk-hardcore come Negazione e Blue Vomit; determinante si rivelerà però l'incontro con i Contrazione e l'idea di incidere con questi un album.
Pubblicato nel 1984 e intitolato semplicemente F/C l'Lp (rigorosamente autoprodotto) mostra un gruppo maturo che, con un solo lato a disposizione, perde un po' di coesione ma riesce a guadagnare in eclettismo e impatto. Gli ascolti si sono fatti ancora più diversificati e i nostri riescono a far convivere le influenze più disparate, dai Jefferson Airplane ai Dead Kennedys, dalla Penguin Cafè Orchestra ai Gang of Four, passando per gli amati Robert Wyatt e Crass.
Anche quest'album prende le mosse da una cover, una "Gates Of Eden" dell'amato-odiato Dylan ("oggi lui non la canterebbe mai" scrivono nelle note di copertina) riveduta e corretta: preceduta da un comunicato di nastri e voci intitolato "1984" a metà strada tra Orwell e gli Area ("fermiamo vodka and cola!") esplode la versione più al fulmicotone che si conosca di un pezzo di Dylan, come solo forse la Patti Smith di "Horses" avrebbe potuto eseguirla.
Seguono due brani che sembrano evocare contemporaneamente "il nuovo mondo" di Durruti e i più antichi simboli ancestrali: la pulsante e mitopoietica "Questa è l'ora" (il mito del fuoco, l'altra faccia della luna nera) e la wyattiana "Quesiti da sciogliere". La spietata "Voghera", dedicata al tristemente noto carcere speciale (anni dopo dirà Giaccone in un intervista: "Nel 1980/81 l'Italia era il paese con più prigionieri politici al mondo, Unione Sovietica esclusa, non era una roba da ridere. Noi venivamo da quella sconfitta") e l'incalzante "Prete, croce, sedia, morte" (ancora sulla morte di Stato) chiudono il disco e la prima parte della carriera dei Franti.
L'autoproduzione e l'autogestione come strumenti per la comunicazione e le esperienze antagoniste.
Slogan della Blu Bus Records
Lo svilupparsi di strutture indipendenti come l'Italian Records e l'Attack Punk Records a Bologna, l'Ira a Firenze e la Toast Records a Torino e le positive esperienze acquisite sul campo convincono i Franti a dare vita, assieme agli aostani Kina, all'etichetta Blu Bus. L'esigenza, a un tempo artistica, economica e politica (comune a tutta la scena punk italiana) è quella di porsi fuori dal mercato ufficiale, creando un circuito alternativo (imperniato soprattutto sui centri sociali) realizzando e distribuendo i propri materiali senza avere le mani legate dai manager delle multinazionali della musica.
Le prime uscite sono la ristampa estesa in vinile di Luna nera, il debutto dei Kina "Irreale realtà" (negli anni successivi lo stesso Giaccone entrerà a far parte della formazione come chitarrista aggiunto) e il disco dei Contrazione "Cineocchio".
Questa esperienza non fa che aprire nuove situazioni e creare ulteriori cortocircuiti, che vanno dalla sonorizzazione di un corto di Mimmo Calopresti (con "il brano "Acqua di luna", uscito pure su singolo per la P.E.A.C.E. di Marco Pandin) alla condivisione di palchi e musicisti (Regis al piano e Mandrile al trombone) con i Joel Orchestra (il brano "La mia casa").
Registrato tra il febbraio e il maggio 1986, esce in quello stesso anno l'album che, a detta di molti, è il loro capolavoro, Il giardino delle quindici pietre. Il titolo prende spunto da una leggenda medioevale giapponese che narra di un giardino fatto costruire al più grande architetto su ordine dell'imperatore, nel quale, da qualsiasi posizione li si guardi, sono visibili solo quattordici sassi per volta. Scrivono nelle note di copertina: "Certo: volendo (e potendo) salire in alto, si sarebbero visti tutti i massi, ma per gioire di un giardino bisogna camminarci in mezzo". Metafora di un'irriducibilità al potere ma anche di una impossibilità (assieme shakespeariana e zen) per lo stesso artista a seguire il proprio sentiero a costo di smarrirsi, il disco sarà (anche se i protagonisti non ne sono ancora del tutto consapevoli) pure il canto del cigno del gruppo.
Questa volta lo spunto iniziale è fornito da un testo del poeta-cantante giamaicano Linton Kwesi Johnson, che diventa "Il battito del cuore", imperniato su una base reggae-dub sulla quale si inerpicano il recitato di Lalli e il sax di Giaccone. Seguono l'apocalittica e marziale "Acqua di luna", l'alienazione metropolitana de "L'uomo sul balcone di Beckett" e il blues made in Soweto di "Every time", con cui si chiude la prima facciata.
Il disco va avanti con la scherzosa dedica "Ai Negazione" (nient'altro che un frammento accelerato di "No Future"), la cavalcata hardcore contro l'imperialismo yankee di "Hollywood Army", cui segue una "Big Black Mothers" che parte con un intro in cui convivono magicamente Area e King Crimson e termina con una parte cantata a due voci che riporta il brano su territori hardcore. Dopo si riprende fiato con una "Micrò micrò" (dedicata a Demetrio Stratos) che tanto sarebbe piaciuta a Robert Wyatt, seguita dalla struggente poesia coltraniana di "Elena 5 e 9" (anch'essa strumentale). Un testo del poeta Mario Boi accompagna la preghiera finale di "Nel giorno secolo", mentre la chiusura è affidata al jazz elettrico dei Joel Orchestra con "À suivre".
La fine di una spirale ne genera un'altra se l'aquila ha abbastanza cielo per volare
(dalle note del cofanetto "Non classificato")
Qualcosa però comincia a cambiare all'interno della scena alternativa; analogamente alle grandi case discografiche d'oltreoceano, che cominciano ad accorgersi del grosso potenziale sviluppato dalla scena indie in questi anni (Husker Du, Rem e Sonic Youth i nomi di spicco che firmano contratti con le major), pure nella penisola si fiuta l'affare del cosiddetto "nuovo rock italiano" e alcune delle band più prestigiose (i Cccp in primis), decidono di percorrere questo sentiero.
Anche all'interno del gruppo cominciano a evidenziarsi i primi segni di cedimento. Le spinte centrifughe, il costante rifiuto di chiudersi in un ghetto (fosse quello dei centri sociali o quello del punk) e concerti in cui diventa sempre più difficile slegare i piani del discorso sociale da quello musicale, portano il collettivo, ai primi dell'87, al rompere le righe.
A fine anno verrà pubblicato per la prima volta il quadruplo cofanetto Non classificato, che, oltre a tutti gli album sin qui pubblicati dai Franti, contiene qualche rarità, un paio di pezzi live e un mini-album inedito intitolato Del salto dell'ascia sul legno. Il disco è composto da nove brevi liriche (tutte ad opera di Vanni Picciuolo) cantate e recitate da Lalli ed Eliana Cravero e accompagnate da scarni "commenti musicali" di batteria elettronica, chitarre Roland e sax. Il cofanetto poi conoscerà varie ristampe, l'ultima delle quali in triplo cd, contenente anche i brani registrati da alcuni componenti del gruppo per un progetto chiamato Il lungo addio. In questa veste è ora disponibile e distribuito in esclusiva da Marco Pandin e la sua Stella Nera tramite "A/ Rivista anarchica".
Tra il 1988 e il 1996 i componenti del gruppo daranno vita a una serie di progetti (Environs, Orsi Lucille, la Banda di Tirofisso, Howth Castle e Ishi) che in un modo o nell'altro hanno portato avanti l'eredità del gruppo madre, accentuandone ora gli aspetti più folk, ora più punk, ora più blues, ma contribuendo comunque a scrivere una delle pagine più originali e più vere della nostra musica d'autore.
FRANTI | ||
Franti/Contrazione (autoprodotto, 1984, a metà con i Contrazione) | ||
Luna Nera (Blu Bus, 1985; ristampa in formato Lp, con due brani aggiunti, dell'omonima cassetta del 1983) | ||
Il giardino delle quindici pietre (Blu Bus, 1986) | ||
Non classificato (Blu Bus, 1987; contiene l'intera discografia della band più l'album inedito Del Salto dell'ascia sul legno; 4 Lp) | ||
Non classificato (Blu Bus, 1992; 2 cd) | ||
Non classificato (Stella Nera/A-Rivista anarchica, 1999-2001-2004; contiene l'album inedito Il Lungo Addio; 3 cd) | ||
Estamos en todas partes (Stella Nera/A-Rivista anarchica, 2006; contiene registrazioni dal vivo, in studio e radiofoniche e una traccia video; enhanced cd) | ||
ENVIRONS (Giaccone e Lalli) | ||
No man can find the war/Todavia cantamos (7"Ep, Inisheer, 1988) | ||
3 luglio 1969 (Inisheer, 1989) | ||
Benefit per Luna Nera (1989; musicassetta live) | ||
Cinque parti (Inisheer, 1990) | ||
Un pettirosso in gabbia mette in furore il cielo intero (antologia, Stella Nera, 2002) | ||
ORSI LUCILLE (Giaccone, Lalli, D’Ambrosio e Picciuolo) | ||
Canzoni (Inisheer, 1989) | ||
Nessuno ti potra’ mai raccontare (Aqualuce, 1990; musicassetta live) | ||
Due (Hax, 1992) | ||
HOWTH CASTLE (Giaccone e Lalli) | ||
La diserzione degli animali del circo (Blu Bus, 1989; 12" Ep assieme ai Kina) | ||
Rust Of Keys (Inisheer, 1990) | ||
Good Morning, mr. Nobody (Blu Bus, 1994; cd - ris. in Lp da Father Yod negli Usa) | ||
The Lee Tide (Inisheer, 1996) | ||
LA BANDA DI TIROFISSO (Giaccone) | ||
Grazie a voi (7" Ep, Blu Bus, 1991) | ||
Deve accadere (7" Ep, Blu Bus, 1993) | ||
Silvia Baraldini (7" Ep, Blu Bus, 1994) | ||
KINA (Giaccone) | ||
La gioia del rischio (Blu Bus, 1990; cassetta live, ristampato in cd) | ||
4/5/90 (live, Your choice, 1992) | ||
Biko/Chicago (7"Ep, Sis, 1992) | ||
Parlami ancora (Blu Bus, 1993) | ||
ISHI (Lalli e Picciuolo) | ||
Sotto la pioggia (Blu Bus, 1994) | ||
STEFANO GIACCONE | ||
Né un uomo né un soldo (1989; musicassetta a nome Stefano Dellifranti) | ||
Corpi sparsi (On/Off, 1996; cd con Claudio Villiot) | ||
Le stesse cose ritornano (On/Off, 1998; cd a nome Tony Buddenbroock) | ||
Immortali ospiti sono arrivati (Beware!, 1999; mini-cd) | ||
Useless AndA Private Joy (cd lim. 2000; a cura di Pandin/Stella Nera) | ||
Alchemetry (non pubblicato, 2001; mini-cd) | ||
The Difficult Land (Beware!, 2001; mini-cd) | ||
Tutto quello che vediamo è qualcos'altro (Santeria/Audioglobe, 2003) | ||
s/cartoline (live, homemade, 2003) | ||
Una canzone senza finale (Santeria/Audioglobe, 2004; a nome Giaccone & Congiu) | ||
Tras os montes (La Locomotiva dischi, 2006) | ||
Come un fiore (La Locomotiva dischi, 2007) | ||
LALLI | ||
Tempo di vento (Il Manifesto, 1998) | ||
Tra le dune di qui (Beware!, 1999; mini-cd) | ||
All'improvviso nella mia stanza (Il Manifesto, 2003) | ||
Èlìa (Il Manifesto, 2006; a nome Lalli & Pietro Salizzoni) |
Testi |