NichelOdeon - Claudio Milano

NichelOdeon - Claudio Milano

Le performance del cantattore

Claudio Milano è uno dei fari tra gli autori del nuovo prog italiano. Con i suoi album insistentemente espressionisti, che attingono dal melodramma, dal teatro del 700, dalla canzonetta nazionalpopolare, ma che nondimeno usano come collante l'avanguardia gestuale, il canto di ricerca e il soundpainting, ha brevettato una nuova forma di operetta per la generazione post-digitale

di Michele Saran

Musicoterapista, attore di psicodrammi, cantante professionista, Claudio Milano diverrà uno dei fari tra gli autori del progressive-rock italiano degli anni 10. Con i suoi album insistentemente espressionisti, che attingono dal melodramma, dal teatro del 700, dalla canzonetta nazionalpopolare, ma che nondimeno usano come collante l'avanguardia gestuale, il canto di ricerca e il soundpainting, Milano ha brevettato una nuova forma di operetta per la generazione post-digitale.

Le sue prime attività si rivolgono proprio al teatro. La sua prima opera è anzi proprio un'intera pièce di suo pugno, lo psicodramma "Building Up A Cathedral from Me" (2000), il cui accompagnamento crea una farsesca ragnatela horror Goblin-iana di rimbombanti tastiere sinfoniche, completata via via dalle sue prove vocali virtuosistiche, e poi da dissonanze elettroniche e basi jungle.
Meno sbrigliate ma ancor più originali sono le partiture per i successivi drammi diretti da Marc Vincent Kalinka, "Ma le serve di Genet" (2002) e "Hamlet" (2004), che già esprimono il suo magistero di composizione a mo' di suite e collage, tra figurazioni esoteriche, cavatine di pianoforte classicheggiante a balletti corali e demonici. Il suo tatto aggiunge pochi tocchi e selezionatissimi: cori uzbechi, tam-tam di noh cinese, elettronica di Darmstadt, sax free-jazz, flauti psichedelici.

Queste tre colonne sonore sono raccolte in L'urlo rubato (2004).

La stanza suona ciò che non vedo
 (2006) è una raccolta di canzoni più convenzionali centrate attorno alle acrobazie del canto. Si distinguono comunque la fantasia progressiva di "La torre più alta" (altra colonna sonora) e i 12 minuti di psicodramma jazz-rock di "Disegnando cattedrali di cellule".

Milano è dunque pronto per varare il progetto mutante NichelOdeon, rodato con il live Cinemanemico (2008) e poi portato a pieno regime con la prima opera rock Il Gioco del Silenzio (2010). Nel nuovo complesso c'è un'assenza notevole: la batteria. Il ritmo è comunque reso magnificamente dal pianoforte e dalle percussioni, ma per la verità si tratta di un monumentale, fragile, instabile flusso di coscienza vocale-strumentale senza posa e forma. Il magico regno di Canterbury è a due passi.
Mix di filastrocche gravi e ballate civili, "Fame" e "Il giardino degli altri", immerse in orchestrazioni organiche di piano, ottoni ed elettronica, confluiscono così in cantate pianistiche da musical, perennemente osteggiate da un caos inestinguibile: "Fiaba", "Malamore" e "La luna", i cori gregoriani in "Amanti in guerra", il bolero dinamitardo di "Ciò che rimane", e tutta una serie di recitativi - come "Apnea" - a dir poco impossibili. Tutto l'impianto è praticamente retto soltanto dalla strenua fantasia dei musicisti, ognuno con un proprio spazio variabile d'improvvisazione e disegno.
La voce del compositore serpeggia duttile nel concept, anche attraverso svarioni di stile ("Claustrofilia", sorta di danza beduina), ma soprattutto riecheggiando Stratos (nei momenti di felice baccano d'astrazione con gli Area), arrivando a bozzetti anarchici travestiti da scultura di suono atonale, "Ombre Cinesi", e raggiungendo nuove vette di aspra e trasfigurata baraonda in "Se".

Adython (2012) si basa sui poemetti della scrittrice belga Erna "Kasjanoova" Franssens per dar luogo a due lunghe improvvisazioni vocali. "L'Oracle di Delfi" (15 minuti) con l'elettronica di Attila Faravelli, dalla soundscape tremula (e occasionali picchi dissonanti), è una sommatoria dei grandi pionieri del canto avventuroso, da Buckley a Galas fino a Stratos. Questo procedimento è approfondito dall'informe e nevrastenica "Adython" (32 minuti), col sax di Stefano Ferrian e i live electronics di Alfonso Santimone, che approntano armonici aborigeni e riverberi lisergici.

NO (2012) è un altro disco live.

Radiata 5tet, progetto estemporaneo più esplicitamente jazz, partorisce Aurelia Aurita (2012), uno spettrale, rarefatto concerto per fiati e vocalismo d'avanguardia.

Con Bath Salts (2013) in due parti, "D'amore e di vuoto" e "Di guerre e rinascite" Milano ritorna al suo alter ego NichelOdeon, varando un periodo di grandiose operette multimediali e multidisciplinari. Il "Prologo" per arpa elettronica e tono di cantastorie plateale, è oltremodo rivelatore di quanto segue: è l'ossatura dell'opera. Proseguirà remixato jungle in "Un posto sicuro", e in tanti altri flussi di coscienza con tanti e tanti accorgimenti avanzati d'orchestrazione da camera (i glissandi esotici acquarellati di "Surabaya Johnny", i cubismi di "Johnny dei pirati", "Trittico 50 mg" e dei 12 minuti di "L'urlo ritrovato"). In "Ricordo d'infanzia" le turbolenze dissonanti implodono in un calderone di voci. Evidente è l'abbassamento dei toni rispetto al labirinto del Gioco, in favore di un umore apertamente poetante, in tutto e per tutto centrato sulle prestazioni vocali. L'accompagnamento è spesso più tradizionale jazz-rock, e va a braccio. Milano punta a una rifondazione del musical intimista che, per il momento, è un po' tirata per le lunghe.
Eccezioni, ma eccezioni notevoli, sono "Terra", una potente reinterpretazione drammaturgia del post-rock, la performance "totale" di "7 azioni" (un recitar cantando sovrapposto a un monologo), altro asso della sua ricerca, e "Bolle", tesa e febbricitante fino a sfaldarsi nell'elettronica, con tocchi teatrali provenienti da sia Tom Waits che Nick Cave, e tocchi d'avanguardia provenienti dalla musique concrete di Pierre Henry. Eccezione nell'eccezione è però una cover, una lunga reinterpretazione di "Looking Glass" di Peter Hammill, fiore all'occhiello del suo crooning di sperimentazione.

Per la successiva L'Enfant Et Le Menure (2013) Milano si trasforma in InSonar. E' la sua creatura più operistica: lied titanici come "Thief Of Toys" (con sax e disturbi assortiti) e arie a più dimensioni come "L'inventasogni" (sfondi di soffi spettrali e primo piano di battiti liquidi) nel primo capitolo, "L'Enfant", lo testimoniano. Vi sono rivisitazioni delle liturgie vocali in "Simpsons Sing Gounod" che si tramutano in rivisitazioni di fiabe musicali in "L'estasi di Santo Nessuno" (una pièce che si smonta per far fuoriuscire suoni spaziali e tesi), e poi, "La stanza a sonagli", in venti radianti sopra i lamenti canori modificati elettronicamente, e uno sciabordare di riva. Il più forte numero di cantastorie qui è comunque "Dieci bambini cacao" (12 minuti), basato sulla migliore melodia, una melodia peraltro ripetuta all'infinito come nei poemi formulaici, e su sfasamenti che diventano improvvisazioni cosmiche collettive.
I vocalizzi di Milano sono più affocati che mai. In "Hamelinvoice", conclusione della prima parte, risuonano come una cristalleria. All'inizio del secondo, "Ashima", in "Liberami/Tabernacolo erotico" si fanno stregoneria che lancia una danza macabra per ottoni ed elettronica. In "Gallia#2" la sua tecnica mutante diventa squittio cacofonico. In "La torre più alta" e "Plaisir D'Amour" si sovrappongono a più calligrafie (armonici voodoo, arpeggi flamenco, sitar) per poi lanciare un indiavolato scalpiccio progressivo. Ma spiccano incredibilmente anche due numeri solo strumentali, la visione finale di "Medina", accompagnata da umori mediorientali fusi in una vertigine spaziale, e "Menura Latham", un poema gestuale di contrappunto indefinito e dissonanze moltiplicate.
Ad aiutare Milano nell'esplorazione dei suoi sentieri ci sono molti ospiti di grande personalità, ma la fattucchieria di questa pagina, superiore per impegno e costruzione a Bath Salts, è sciupata da cover, per di più poco coerenti, che diminuiscono, interrompono e persino contraddicono il delirio del compositore.

Musica Cruda (2013) a nome NichelOdeon e Neve Sporca (2013) a nome InSonar raccolgono versioni dal vivo e versioni alternative di studio.

Queste due personalità artistiche, NichelOdeon e InSonar, si fondono e coalizzano per l'ultimo Ukiyoe (2014), che peraltro sacrifica parte della musica in favore dell'allegato mediometraggio videoartistico di 25 minuti "Quickworks & Deadworks" a cura di Francesco Paolo Paladino, oltre a una serie di dipinti realizzati per l'occasione. E' un concept elegiaco ispirato dal (e dedicato al) mare che ha uno dei suoi centri nevralgici nei 9 minuti di "Marinaio", battito mediterraneo sperso in mezzo alle dissonanze "corali" degli strumenti, cui segue un recitativo informe in cui Milano dà sfogo totale al suo eclettismo (e tocca anche registri di contraltista castrato), finendo con sospensione subacquee, allucinazioni marine e lamenti di sirene che stridono e stridono, incarnandosi in un sovracuto assolo di violino. "MA(r)LE", 19 minuti in tre parti, riassume e dilata queste intuizioni. La prima parte inizia con gorgheggi folli su base jungle e un urlante sax free-jazz. La seconda è una toccata di fisarmoniche, un po' parigina, un po' Nino Rota, e un po' organo Bach-iano, via via trafitta dal cantante, da urlo acuto strozzato a tremore grave da santone a muezzin d'avanguardia, che fa acuminare la sarabanda rendendola più tetramente sentimentale e poi goticamente spettrale. La terza precipita in un abisso elettronico di segni musicali pesantemente discordanti, scoprendo infine l'ultima rivelazione, l'ultimo diafano richiamo delle sirene.
Anche i contorni, pur inferiori, si fanno sentire. "I pesci dei tuoi fiumi" è un altro recitativo d'avanguardia, ricolmo di numeri di classe che tendono al soundpainting seriale, e il preludio "Veleno" è un duetto d'opera circondato di timbri languidi da camera. E' in ogni caso il parto più libero e difficile di Milano, solo vagamente interessato alla narrativa e al musical e molto più avvezzo all'astrazione pittorica, o meglio al lirismo radicale: è l'opera che Peter Hammill non ha mai lontanamente concepito, e il testamento definitivo dell'artista (cantante, performer, attore, pittore, etc.)

"Tutti i liquidi di Davide" (2014) è un singolo di 7 minuti pensato come apripista per Ukiyoe, con cui però non ha molto a che vedere per il suo più fiabesco folk progressivo (e fondamentalmente melodico). E' piuttosto rivelatore dell'attività parallela di Milano nella reinterpretazione dei canti popolari friulani.

"Vergini e serpenti" (2015) è un rifacimento che funge da tributo a Ivan Cattaneo, realizzato in collaborazione con Fabrizio Palumbo e Erica Scherl.

Milano contribuisce all'antologia Out Of Standard Italia 4 (2016) con la lunga performance di "Blue Jarman" (20 minuti), una collaborazione con Piero Chianura, e compare come corista in White Zombie (2017) di Paul Roland.

Ancora meglio è il suo apporto al lungamente atteso Maledette Rockstar (2018) dei Maisie. Suoi i momenti più potentemente tragicomici: interviene nel brevissimo, brutale zeuhl di "Un programma politico sintetico", l'introduzione al fulgore del disco, "Ruderi e macerie #3", sette minuti di psicodramma free-jazz, e corona il cerimoniale apocalittico post-sanremese Meat Loaf-iano "Wilma e il diavolo" con un gioiellino di acuto da castrato in un caos informe.

Vi fa seguito la partecipazione allo Strepitz Open Project di Giovanni Floreani e altri veterani per il doppio live di debutto Punto d'Incontro (2018). Più sostanziosa la partecipazione ad Appunti per una Teoria delle Maree (2018) di Salvo Lazzara con Luca Pietropaoli e Davide Guidoni. Milano compartecipa anche all'esordio di Morreale, Appunti di Viaggio (2020).

Finalmente Milano ritorna alla creazione con un nuovo monolite, Incidenti-Lo Schianto (2021), da cui ci si può aspettare tutto ciò a cui questo giullare metafisico del canto avant-pop ci ha abituato: pezzi armonicamente molli, imberbi tanto nel tonalismo di una "Poppea" di Monteverdi quanto nell'atonalismo di un "Pierrot Lunaire" di Schönberg, melodicamente dissolti tra folk e musica assoluta, e pressoché a-ritmici. Un espressionismo "stilistico": l'autore si appropria di quanti più idiomi per enunciare a più livelli la propria angoscia. Nonostante riprenda la formula finora forse più fortunata, NichelOdeon/InSonar, e nonostante importi la concezione del ciclo (in senso letterario è una lunga serie di brani sottotitolati "Senza valore") nella sostanza è invece un disco slegato e dispersivo che risente più che altro delle ultime esperienze collaborative, un album di appunti di varie formazioni provate in questo intorno d'anni, come pure di pezzi già comparsi altrove. Not Me è una delle concezioni più aperte; da questa provengono l'incipit gotico con cabaletta atonale per sostrati sonici lugubri e dissonanti ("Non esistono"), un free-form virtuosistico a cappella svanito in trapunte rarefatte di tastiere sinfoniche ("Con dedica"), un ibrido di anti-musical e lied di cattedrale per unisoni d'organo in una polifonia stereofonica altamente sconnessa ("Senza ritorno"), una fantasia cubista ("Out Let") e specialmente il mottetto elettronico per vocali sostenute ("Sabbia scura", uno dei vertici dell'intera ciclopica raccolta). A nome This Order si tasta l'incursione di Milano (particolarmente ginnica dal punto di vista vocale) nella fusione tra death-metal, free-jazz e poema elettronico, in "Variations On The Jargon King" (su testo di Peter Hammill e un assolo alla virtual guitar di Paolo Tofani). "Ho gettato mio figlio da una rupe perché non somigliava a Fabrizio Corona" è invece accreditata ai This Oder con l'affine Coucou Sélavy, una suite (più zappiana che progressiva) di dodici minuti a base di hard-folk e black-metal, soprattutto condita con uno spirito di dadaismo che dà luogo a un intermezzo capolavoro, un gorgo di recitazione assurdista, di musica gestuale ed elettroacustica. InSonar concepisce invece "Nyama-Gettarsi oltre", una "canzona" folk operistica di dieci minuti sezionata in più modi, poco riuscita. NichelOdeon si conferma la sua configurazione più prossima a un cantastorie insieme dolente, verboso e cerebrale. "Il barbiere degli occhi" è una sonata per violino, piano e percussioni frustanti che svaria dal classicismo all'accompagnamento circense, mentre Milano imbonitore arriva a esiti quasi grandguignol, insieme suggello e limite del suo riversamento torrenziale di lemmi e idiomi spesso troppo preso dalla sua storia. "La scatola" è comunque una decostruzione, anzi una demolizione, di un valzerino che culmina in un corale estatico (e "L'ultima sigaretta" è un'altra parodia di un corale quasi barocco). Innegabile, in questa infinita serie di variazioni "Senza valore", il legante dato dall'estrema cura dei dettagli. Tra tutto spicca senz'altro il lavoro a nome Not Me.

Il singolo di "Ho gettato mio figlio da una rupe" (2021) ha il lato B "Ho gettato Fabrizio Corona da una rupe", tredici minuti, un'altra storia-fiume narrativa-drammaturgica, tonale-atonale, cameristica-elettronica, derivata dalla sua sonorizzazione per il classico del cinema muto "Inferno".

Il doppio ManifestAzioni (2023), a nome Claudio Milano's End Friends (la bobina di Tesla), antologizza più di una decade di esibizioni live in tutte le sue configurazioni (Strepitz, Not Me, NichelOdeon, InSonar,  e nelle sue numerose partecipazioni (I Sincopatici, Area Open Project, Arrington De Dionyso) e ospitate (Eugenioprimo Saragoni, Giulia Zaniboni, Paolo Carelli, Vincenzo Zitello).

Passato il calderone di Incidenti Milano si dedica a più mirati recital vocal-cameristici di collaborazione, registrati dal vivo anzitutto per mantenere intatta la sua verve improvisativa.
La sonorizzazione dell'atto unico "Inferno 1911" (2023), poi incisa su Decimo Cerchio (2024) con i Sincopatici, è in tutto e per tutto un suo tour-de-force canoro-attoriale, dall'aria lamentosa con piano elettrico di "Ed ecco verso noi venir per nave", alle sceneggiate elettroniche demoniache di "Per me si va nella città dolente" e "Il conte Ugolino", all'affannato recitar cantando di "Pier Della Vigna", fino al recital nel recital di "Il cammino sotterraneo". L'incrocio tra declamato monologante grottesco e canzona d'accompagnamento bizantino/indiano, in "L'angoscia delle genti", lo fa suonare come un Tim Buckley alla testa dei Third Ear Band, ma la sua è anche un'arte di equilibrismi tra parti, di chiaroscuri stilistici e di registri, a partire da numeri come "Stige", una bagattella quasi solo strumentale, e il frammento "I dilapidatori", improvvisazione collettiva dissonante. Trance aborigene possono così sottoporsi a sconquassi di effetti e dissolvenze ("Amor che a nullo amato"), droni vocali elettro-gregoriani si fanno accompagnare da glockenspiel macabro ("I traditori"), e numeri avanguardisti assurgere a centro di gravitazione dell'intera opera ("Qui sono gli eresiarchi"). Quando la sarabanda acquista la batteria emergono le uniche concessioni a un più convenzionale rock gotico ("Lucifero", "La terza Bolgia", "I barattieri"). Cantante e compagni svolgono un distinto lavoro di compattamento di un'opera per definizione variegata.

Per Quigyat (2024), una collaborazione con l'elettronica di Teo Ravelli (borda) e un concept imperniato sulla guerra, recupera la sigla NichelOdeon. Il pezzo eponimo (9 minuti), attraverso un avvio di una musica cosmica a elicottero, una sonata pianistica schoenbergiana, i toni da arringatore e le frustate dell'elettronica, accumula una tensione gotica che si sfoga in un assolo finale di vocalizzi diplofonici aborigeni. Il resto è dato principalmente da suoi vecchi pezzi eseguiti dal vivo e poi riprocessati in studio. La riedizione di "Alla statua dei martiri di Gorla" si spartisce tra fantasia patetica ambient-jazz Vangelis-iana e lied-filastrocca freeform (con picco d'acuto di sfaldamento nel vuoto). Con la versione di 9 minuti di "Ciò che rimane" prosegue la natura sospesa, pianistica ed elettronica dell'opera, ma con in più il tocco di una sezione ritmica irretita verso il caos.

Il connubio con Ravelli si rinnova per Frattura/Comparsa/Dissolvenza (2024), azione musicale-scenica su testo di Niccolò Clemente e la partecipazione di Alberto Nemo, e frutta la lamentazione tra l'operistico e la cantillazione di "Frattura iniziale" e l'aria sconnessa su cavatina decadente (e il ruolo "dissociativo" dei riverberi pronunciati del canto) di "Comparsa", ma maggiormente personale suona la più breve affabulazione d'incubo elettronico di "Dissolvenza".

NichelOdeon - Claudio Milano

Discografia

CLAUDIO MILANO
L'urlo rubato - musiche per teatro (autoprodotto, 2004)
La stanza suona ciò che non vedo (autoprodotto, 2006)
Adython (with KasjaNoova, dEN, 2012)
NICHELODEON
Cinemanemico (live, autoprodotto, 2008)
Il gioco del silenzio (Lizard, 2010)
NO (live, autoprodotto, 2012)
Bath Salts (Lizard, 2013)
THE RADIATA 5TET
Aurelia Aurita (dEN, 2012)
INSONAR
L'enfant et Le Ménure (dEN, 2013)
NICHELODEON/INSONAR
Ukiyoe (Snowdonia, 2014)
Incidenti-Lo Schianto (Snowdonia, 2021)
CLAUDIO MILANO'S END FRIENDS (LA BOBINA DI TESLA)
ManifestAzioni live 2011-2023 (live, Music Force, 2023)
I SINCOPATICI ft. CLAUDIO MILANO
Decimo Cerchio (Snowdonia, 2024)
NICHELODEON & BORDA
Quigyat (snowdonia, 2024)
ALBERTO NEMO/NICCOLÒ CLEMENTE/RAMI
Frattura/Comparsa/Dissolvenza (autoprod., 2024)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

"Tutti i liquidi di Davide"
(videoclip, 2014)
"Claustrofilia"
(videoclip, 2011)
"L'oracolo di Delfi"
(live con Attila Faravelli, 2010)
"PAN Pot"
(live con Arrington De Dionyso, 2010)
live
(con Tavolazzi, Tofani e Calloni, 2011)

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