Il Duse è il teatro di prosa di Bologna, nonché uno dei più antichi della città, sebbene le sue linee lo facciano sembrare molto più moderno, grazie ai ripetuti restauri e alla grande cura riservatagli nel tempo. Gli Swans hanno scelto tale location per il loro ritorno in Italia e per anticipare la nuova opera “The Beggar”, e in caso qualcuno avesse avuto la possibilità di passare tra le 16 e le 17,30 circa di quel lunedì pomeriggio nei dintorni delle vie del teatro, gli si sarebbe presentata l’occasione di constatare la potenza di suono del sestetto durante le prove. Per rendere l’idea in maniera schietta: dal fondo del vicolo sul retro della venuesembrava di sentire una macchina di grossa cilindrata in moto.
L’apertura porte avviene con molta tranquillità, la gente presente è ancora poca, ma alla vista del ricchissimo banco del merchandising dai prezzi molto onesti e interessanti, il gruppo va subito ad appollaiarsi tutto intorno. Difficile riuscire a vedere qualcosa, e pensare di farlo con calma all’uscita sarà un’impresa ancor più titanica.
L’opening act consiste in un set in solitaria, tra ambient e drone, dell’ex-Swans Norman Westberg. Il chitarrista alza gradualmente il livello dei decibel, per abituare i pochi presenti a ciò che li attenderà a breve. Due darkettoni in prima fila chiudono gli occhi concentratissimi per ascoltarlo, come in una sorta di rito di adorazione, ma all’ennesima rimestata di console/pedaliera, a chi scrive tende a calar sensibilmente la palpebra. Per quanto relativamente potente a livello di sound, nel suo lungo flusso di coscienza riesce ad attirare l’attenzione quando finalmente accenna a suonare la chitarra e fa concretamente qualcosa, come in “After Vacation” o in un paio di passaggi appartenenti a brani del suo ultimo lavoro “First Man In The Moon”, risalente al 2021.
Al termine della performance di Westberg la sala si sta ancora riempiendo, e poco dopo le 21, a teatro ormai gremito, la band di Michael Gira fa il suo ingresso in scena accolta da un calorosissimo applauso, il primo dei tanti.
L’apertura è riservata alla title track del nuovo disco, ”The Beggar”, sulle note di una chitarra acustica che cresce e si trasforma in una vorticosa tempesta sonora invocata dal frontman, che agita le braccia in maniera concitata e recita, con il tono salmodiante che lo contraddistingue, un sermone che parla di un amore divino e crudele. Magistrali fin da subito gli interventi calibrati del batterista Phil Puleo e le sferzate abrasive del chitarrista Kristof Hahn. Michael fa cenno al pubblico in platea di avvicinarsi al palco durante i ritmi ipnotici di “The Hanging Man”, traccia appartenente a “Leaving Meaning”, e lì sovviene subito una domanda: ma come fanno la maggior parte delle persone presenti a resistere sotto palco senza tappi per le orecchie? Non sembra importargliene minimamente mentre si lasciano trasportare, calamitati dalle ritmiche di Puleo, del percussionista Larry Mullins, dei bassisti Dana Schechter e Christopher Pravdica, e i sussulti e gli ululati di Gira. Only the brave, letteralmente, considerato che i decibel sono destinati ad aumentare ancora vertiginosamente con i passaggi strumentali tra noise e post-rock della solenne e corale “Ebbing”.
La cupissima e distorta “The Memorious” vede protagonisti i bassi di Pravdica e Schechter, ed è in quel preciso momento che, nonostante i tappi, si verifica la possibilità di percepire totalmente la potenza del gruppo. Le vibrazioni emesse dai loro strumenti diventano quasi tangibili (e soprattutto visibili a occhio nudo), rimbombando dentro il petto degli spettatori e giocando con i loro organi interni. Le arie si placano momentaneamente con l’ottima, riflessiva e già nota “Cathedrals Of Heaven”, molto più netta e definita rispetto alla sua versione in studio, per poi alzare ancora progressivamente i toni con gli squarci di chitarra del trionfo amaro e tinto di scuro “No More Of This”, chiusura di “The Beggar”, e infliggere il colpo finale con la mostruosa e colossale “Cloud Of Unknowing/Birthing”, conclusasi tra applausi scroscianti pienamente meritati.
Quello della band è un arrivederci alle due date novembrine a Foligno e Milano, ma anche a tappe future di nuovo nella stessa Bologna, città che nei tour dei maestosi (e diabolici) Cigni non è praticamente mai mancata. Dopo due ore piene di show, incantati e turbati al contempo, è il momento di gettarsi a capofitto di nuovo sul merch, o almeno vale la pena provarci, perché dopo pochi minuti un sorridente e cordiale Mr. Gira fa capolino per un bagno di folla, stabilendosi al banco espositivo per qualche scatto con i fan e tanti, ma davvero tanti, autografi.
Un concerto degli Swans ti entra nell'anima, lascia sensazioni incredibili, impossibili da descrivere, e un segno indelebile… Anche indossando i tappi per le orecchie.