Nick Cave rivela ai fan quali sono i suoi film preferiti

28-05-2025

C’è qualcosa di profondamente rivelatore nel modo in cui Nick Cave parla di cinema. Non è mai solo una lista di preferenze, ma un viaggio a ritroso nella memoria, un riflesso intimo di chi è e di chi è stato. Così, quando sul suo Red Hand Files risponde a Danielle da Houston, che gli chiede per divertimento di parlare dei suoi film preferiti, Cave ci apre una finestra sul suo immaginario, su quel caleidoscopio di immagini e storie che si sono depositate dentro di lui.

Il film preferito in assoluto è "Wake In Fright" del 1971, feroce e abrasivo manifesto della New Wave australiana firmato Ted Kotcheff. Un viaggio allucinato nell’outback più oscuro, dove l’innocenza si sgretola e l’uomo mostra la sua natura più brutale. Un titolo che, in qualche modo, si specchia nelle ossessioni narrative di Cave stesso, tra peccato, redenzione e dannazione.

Il ricordo d’infanzia ha i contorni gotici e struggenti de "Il gobbo di Notre Dame" del 1939, mentre l’ultimo film visto è "Love Is the Message", "The Message Is Death" di Arthur Jafa, un cortometraggio del 2016 che è un concentrato di potenza visiva e politica. Sette minuti che condensano la storia e il dolore della comunità nera americana, mescolando violenza e grazia, rabbia e poesia, in un flusso ipnotico e devastante.

Cave svela anche il film che lo fa ridere,"Living In Oblivion" del 1995, corrosiva satira sul mondo del cinema indipendente firmata Tom DiCillo. E quello che gli strappa le lacrime, "Bambi" del 1942, con il suo carico ineludibile di perdita e innocenza infranta.

Poi ci sono le ossessioni, come "Scarface" del 1983, che Cave dice di aver visto “dieci milioni di volte” e che saprebbe recitare a memoria. O "Il dottor Stranamore" del 1964, che invece ammette di odiare in modo del tutto irrazionale, come un antico e inspiegabile prurito.

Il suo documentario preferito è "Shoah" del 1985 di Claude Lanzmann, colosso monumentale di memoria e testimonianza. E il guilty pleasure, quello che confessa con un po’ di vergogna, è "Love Actually" del 2003, la commedia romantica corale di Richard Curtis, capace di far breccia anche nel cuore tormentato del Re Inchiostro.

Infine, uno scorcio di vita domestica. Il film preferito di Susie, la moglie, è "One Deadly Summer" del 1983 di Jean Becker, un noir denso di sensualità e mistero con una magnetica Isabelle Adjani.

Così, tra confessioni e sorprese, Nick Cave ci regala un altro frammento di sé. Perché, in fondo, le liste di film, come le canzoni e le parole, non sono mai solo gusti, ma indizi di un paesaggio interiore. E per Cave, ancora una volta, è un paesaggio in cui bellezza e dolore si intrecciano in un racconto che non smette di pulsare.

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