Dalek

Absence

2005 (Ipecac)
hip-hop, noise

E’ il 2005 e sono trascorsi sette anni da quando i Dälek sono comparsi sulla scena hip-hop statunitense, dando prova di uno smarcamento possibile dalle sciatterie imperanti in un genere mescolatosi troppo in fretta con lo star-system più becero fino a rischiare di rimanerci secco. Dopo le prime due massicce ondate di Mc e beatmaker cazzuti e incazzati, più di qualcosa inizia a vacillare ed è sempre più dura trovare crew degne di nota, che non abbiano perso di vista quella grinta genuina proveniente dal ghetto, quella narrazione sincera, dai risvolti sociali e il più delle volte anche politici. Will Brooks, aka Mc Dälek, è sempre più incazzato per come funziona questo sporco mondo, mentre New York è sempre più una mela marcia e ai piani altissimi si continua a fare la guerra a popoli lontani, magari premendo un bottone da una comoda postazione distante migliaia di chilometri dall’obiettivo.

Una situazione politica e sociale pre-crisi e post-11 Settembre imbarazzante e che nell’animo di Brooks e dei suoi compagni genera tormento, vivo malessere. Fino a quel momento i Dälek avevano già dato prova della loro devastante potenza con “Negro Necro Nekros”, album d’esordio uscito per la Gern Blandsten nell'ottobre del 1998, e soprattutto “From Filthy Tongues Of Gods And Griots”, secondo disco giunto nel 2002 che mostra le prima succulenti mutazioni, con l’aggiunta in formazione di Dj Still, abilissimo scratcher della scena newyorkese, e il maggior tritolo fornito alle basi di Oktopus, che sovrappone pattern su pattern, distorcendo tutto e il suo contrario mentre Brooks fa i conti con il mondo e le sue deviazioni, sputando rime incendiarie come un drago arrapato. Ma non basta. Occorre aumentare il voltaggio, dare prova della propria ars bellica sonora inanellando sciami di feedback alla stregua dei più distorti shoegazer, secchiate di sample indecifrabili e pulsazioni elettro-noise da far accapponare la pelle. Del resto, con Dälek al microfono, Still al giradischi e Oktopus alla produzione, non resta che indossare una mimetica con il logo di Gerald Holtom al posto di quello della Us Army e sprigionare tutta la rabbia in corpo.

Nelle tracce di “Absence”, ce n’è per tutti i gusti. Brooks si scaglia contro i poteri forti, come direbbe il vecchio Mickey di Rocky: Will “mangia saette e caca fulmini”. E’ una tempesta di collera, sorretta da uno tsunami sonico che avanza trascinando con sé qualsiasi elemento incontrato sul proprio cammino. L’iniziale ouverture “Distorted Prose” è una dichiarazione d'intenti, come se gli Einstürzende Neubauten accompagnassero i Public Enemy sul ring per la resa dei conti definitiva:

Distorted poet, speak prose
Incite our peoples
We got raked over coals
But the truth's still untold
Meaning lost to these zealots
Prefer bullets to ballots
Watch the rich sip from chalice
As these eyes fill with malice
Peasant hands remain callous
As our days retain darkness
I swallow razor blades to keep my vocal cords sharpened

Approccio squisitamente old-skool, improvvise fascinazioni jazzy e turntablism sconquassato: sono gli ingredienti della successiva "Asylum (Permanent Underclass)”, prima che rumoristiche evasioni introducano e sorreggano il passo epocale di “Culture For Dollars”, una delle pietre angolari del pallottoliere dei Dälek, a precedere la caotica e infernale “A Beast Caged", ennesimo saggio di depravazione sonica applicata alla collera più profonda, il tutto con venature dark da tappeto ad amplificare ulteriormente un muro di suono sempre più unico e inconfondibile, tra piroette noise e ansiolitiche farneticazioni che si alternano al rapping in-your-face incazzato e deviato. Le cascate di rumori che chiudono mediamente ogni movimento servono esclusivamente a quella che si presenta come una detonazione efficace a valle della carica esplosiva veracemente impostata a monte.

Un senso di smarrimento e indignazione che si snoda tra una partitura e l’altra, tra un beat degenerato e una strofa tanto contorta, quanto incendiaria. La strumentale “Koner” è una dimessa caduta negli inferi. Un volo dantesco tra i gironi dell’inferno, prima di riaccendere i motori e risalire verso l’alto, ingaggiando una nuova battaglia contro i demoni del capitalismo più sfrenato e della politica più corrotta (“In Midst Of Struggle”). Una lotta da intraprendere con la rivoluzione dei padri nel cuore (Malcom X su tutti) e con una poetica struggente e parimenti riottosa:

Severed windpipes often cause empires to fall
Calm as angel they'd announce heir to bludgeoned throne
Violent seeds constantly resown
Arsenic laced climate awaits spark to implode
Floodlights shone into tired eyes since youth
Poems honed now retaliate with truth
I seen gods lose honor with each word they chose

La battaglia contro i demoni della società occidentale prosegue imperterrita nella tormentata “Eyes to Form Shadows”, brano dal flow più fruibile, di certo il meno invasato del lotto. Il mood trionfale della successiva “Ever Somber” mostra un’inattesa enfasi, con il beat più morbido e una melodia a tratti soave, quasi a racchiudere una vaga speranza per il futuro. La lezione dei padri putativi Run DMC è totalmente assorbita e portata su piani abrasivi nella conclusiva “Opiate The Masses”, sorretta così com’è da improvvisi stop&go, le cui ripartenze assassine tra cascate di riff e frattaglie varie aggiungono lava a un climax di per sé estremamente disturbato.

Dopo “Absence” seguiranno gli eccellenti “Abandoned Language” e “Gutter Tactics”, e pause durate ben sette anni, come quella tra "Untitled" e "Asphalt For Eden". Tuttavia, nessun altro disco dei Dälek e nessun’altra band hip-hop riuscirà a ricreare tale alchimia. Un’opera nella quale disagio, sconquasso e ira si schiantano nel medesimo punto generando un fragore irripetibile nella storia. Le invettive politiche sfascia-tutto dei Dälek e la scioccante dirompenza musicale che le accompagnano restano un esempio vivido per intere generazioni di rapper incazzati e allo stesso tempo fermamente propensi a nuove intriganti fusioni stilistiche.

21/04/2019

Tracklist

1. Distorted Prose
2. Asylum (Permanent Underclass)
3. Culture for Dollars
4. Absence
5. A Beast Caged
6. Koner
7. In Midst of Struggle
8. Eyes to Form Shadows
9. Ever Somber
10. Opiate the Masses

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