La scena di Minneapolis degli anni Ottanta fu una delle più importanti di tutta la musica rock americana di quel periodo (non solo per il panorama indipendente, quindi), ed è tutt'ora rimasta nel cuore e nella mente di parecchi appassionati che hanno vissuto in pieno quel periodo storico e musicale. Gli Husker Du furono i più importanti e influenti in assoluto, ma i Replacements toccarono da vicino quegli stessi traguardi musicali. Anzi, hanno sempre ingiustamente patito il duro confronto verso gli Huskers, sebbene i due gruppi fossero non solo vicini di casa, ma anche grandi amici tra loro. Diciamo che già in partenza, Bob Mould e Grant Hart (soprattutto Mould) si imposero come i portavoce più "intellettuali" di quel movimento punk del Midwest americano, mentre Paul Westerberg (leader dei Replacements, o Mats, come li soprannominarono i loro fan) era un normale ragazzo con meno tormenti esistenziali/filosofici di Mould e più vicino ai reali problemi quotidiani dell'adolescente medio.
I Replacements esordirono discograficamente giovanissimi nel 1981 (solo Westerberg all'epoca era maggiorenne, il più piccolo, il batterista Chris Mars, aveva solo quindici anni!) con l'incendiario "Sorry Ma, Forgot To Take Out The Trash", pubblicato dall'etichetta discografica leader della scena di Minneapolis, la Twin/Tone (da tempo purtroppo defunta e autrice nel corso degli anni di una serie ragguardevole di capolavori a firma Ween, Babes In Toyland, Helios Creed, Halo Of Flies ecc.).
"Let It Be" (Twin/Tone 1984) è il loro terzo album (non contando il mini "Stink" del 1982) ed è l'opera che sancì la definitiva maturazione del songwriting di Paul Westerberg. Autentico e sincero portavoce dell'angst giovanile di quegli anni e della sua generazione (oggi potremmo definire la sua attitudine come "emo", ma ciò suonerebbe come una bestemmia bella e buona!), il leader dei Mats riuscì a condensare in "Let It Be" alcune delle sue migliori ballate punk da "angry young man", depurandole talvolta da certi eccessi punk che contraddistinsero il suo stile musicale passato.
A ben vedere, solo "Favorite Thing" e "Tommy Gets His Tonsils Out" si riallacciano apertamente ai dischi precedenti, così come l'unico e vero residuo di hardcore è "We're Coming Out". Le novità provengono dalla ballata pianistica (con lo strumento che pare registrato in sordina) "Androgynous", il power-pop di "Black Diamond" e l'altra ballata piena di pathos "Unsatisfied" (che personaggi come Bon Jovi e Bryan Adams si potevano solo sognare di scrivere). Anche la quasi solo strumentale "Seen Your Video" suona come una novità per il loro consueto stile.
I vertici dell'album sono da individuarsi però negli energici rockabilly (riletti in una chiave assolutamente personale e non epigonica) di "I Will Dare" e "Gary's Got A Boner" e, soprattutto, nell'emozionante "Answering Machine", per sola chitarra distorta e voce quasi urlata di Westerberg, forse il suo massimo capolavoro in assoluto a livello di songwriting. Il rilassato country-rock di "Sixteen Blue" mitiga un po' l'insieme delle cose.
"Let It Be" uscì nell'autunno del 1984, quindi pochi mesi dopo il celeberrimo "Zen Arcade" degli Husker Du, che uscì nella primavera dello stesso anno. L'album fu prodotto, come i suoi predecessori, da Peter Jesperson, che era anche uno dei fondatori della Twin/Tone, mentre Peter Buck dei Rem partecipò alle session di registrazione, prestando la sua chitarra in alcuni pezzi. La recente ristampa della Rhino, uscita nel 2008, ha un remastering scintillante, un succoso libretto con note scritte dal producer Jesperson, foto inedite e una manciata di inediti, tra cui una cover dei T. Rex (uscita originariamente come singolo nel 1984) e delle outtake (alcune buone, come "Perfectly Lethal" e "Temptation Eyes"), più altre francamente superflue come le versioni demo di "Answering Machine" (che, anzi, fa deprezzare un simile capolavoro di canzone) e di "Sixteen Blue".
I Replacements erano ormai maturi anche per un passaggio su major. Firmarono infatti quasi subito per la Sire e, sotto la produzione del primo batterista dei Ramones, incisero "Tim" (1985), altro loro grande testamento artistico, che sta a dimostrare che, nonostante loro non ci siano ormai più, sono ancora dentro la storia del rock, di più e meglio di tante band dell'ultimo minuto.
15/05/2011