Prodotto da Rupert Hine, già al fianco di Tina Turner, "Songs In Red And Gray" tenta di riportare Suzanne Vega alle sue radici di folksinger con una manciata di canzoni sobrie e riflessive: "Sono pezzi acustici con testi molto enfatici. Ricordano lo stile dei miei primi dischi, ma sono più diretti, più personali, più emotivi", ha spiegato la cantautrice di Santa Monica. Il titolo dell'album fonde opposti estremi: "Il rosso simboleggia la passione, il cuore; il grigio la ragione. Il rosso richiama la giovinezza, il grigio la maturità". E le tredici tracce attraversano stati d'animo contrastanti: malinconia, speranza, angoscia, rabbia.
Si passa così dal doloroso senso di perdita di "Harbor Song" e "Widow's Walk" al j'accuse orgoglioso di "Machine Ballerina", dai cupi tormenti di "Soap And Water" e "Penitent" alla grazia innocente di "Priscilla". La conclusiva, struggente ballata di "St. Claire" è forse il momento più alto dell'intera opera. Ma l'esito è, nel complesso, piuttosto fiacco. Il songwriting di Suzanne Vega sa essere ancora raffinato ed elegante, ma è venuta meno completamente l'anima più "inquieta" della sua musica.
Il suono di "Songs In Red And Gray", di conseguenza, è un pop gentile ed edulcorato, pulito e innocuo, esile e, in definitiva, sterile. Gli ammiccamenti modernisti, forniti da sintetizzatori e pulsazioni ritmiche elettroniche, incapaci di innestare emozioni, non fanno che aggiungere confusione e disorientamento. I tempi gloriosi di "Marlene On The Wall" sembrano sempre più lontani.
25/10/2006