I suoi primi testi, Paul William "Sage" Francis li scrisse quando aveva otto anni, spinto da una precoce passione per la poesia e stimolato dall’ascolto dei dischi di Public Enemy e Run Dmc. A dodici anni, partecipò alle sue prime “battaglie rap” a colpi di freestyle, avvicinandosi sempre più alla scena hip-hop e vincendo diverse gare anche di poesia performativa, la cosiddetta slam-poetry. Entrato in contatto con il collettivo Anticon (che rappresentò per l’hip-hop ciò che il post-rock era stato per il rock), il rapper originario di Miami, ma cresciuto a Providence, nel Rhode Island, scagliò le sue prime frecce con gli Ep "Climb Trees" e "Makeshift Patriot", ben accolti da critica e pubblico. Ma il vero colpo ad effetto arrivò con l’esordio sulla lunga distanza, “Personal Journals”, un disco che, fin dal titolo, dichiara di essere una raccolta di schizzi diaristici in cui Sage Francis, alla luce di una storia personale molto travagliata (un padre morto per overdose, rapporti non esattamente idilliaci con la madre, una vita a lungo esplorata per le strade), mette a nudo la sua anima, facendo leva su testi di una profondità sconosciuta alla stragrande maggioranza dei suoi colleghi, un flow preciso e di grande effetto (con particolare cura riservata alla “sonorità” delle parole, al loro intrecciarsi) e, last but non least, una produzione (curata da nomi quali Sixtoo, Alias, Odd Nosdam, Controller 7, etc.) meno lo-fi rispetto alle precedenti pubblicazioni Anticon.
Guidato da una solida filosofia "straight-edge" (niente carne, niente alcol, niente droga) – anche se egli preferisce non definire se stesso attraverso ciò che non fa e ciò che non è – Sage apre il disco senza nascondere troppo le proprie ferite: l’indianeggiante “Crack Pipes” (con sitar e percussioni) è infatti una straziante rievocazione della morte del padre che, senza soluzione di continuità, sfocia nella dichiarazioni d’intenti di “Different”, con doppio contrabbasso a segnare il passo: "I'm a real vegetarian: no chicken... not even fish/ I'm a real underground rapper/ my tape quality sucks, my records are warped and my cd skips".
Man mano che scorrono i brani, ci si rende conto che “Personal Journals” è un disco da ascoltare necessariamente dall’inizio alla fine, perché nasconde un percorso di introspezione e catarsi che non può sopportare pause o cedimenti. Ecco, quindi, scorrere inesorabili “Personal Journalist” (che nelle sue trame dolorose lascia spazio anche a un violino), “Inherited Scars” (dedicata alla figura della giovane sorella, le cui sofferenze egli cerca di mitigare con spirito paterno), “Broken Wings” (una sorta di fiaba cullata da tocchi interrogativi di pianoforte, che ritroveremo, su tappeto tribale, anche in “Message Sent”), la toccante “Runaways” (in cui Sage riconosce di avere personalità multiple e di non riuscire a ritrovare la strada che possa ricondurlo alle sorgenti più nascoste della sua infanzia) e un paio di brani dedicati alla madre, anch’ella distrutta da dipendenze varie (“Eviction Notice": beat fratturato, sordido, industriale, riff di chitarra hard-noise, rabbia e frustrazione; "Kill Ya Momz”: cingolato noise, registrazioni giovanili cariche di candore, spoken word e citazioni di Sly & The Family Stone via De La Soul).
Le emozioni che la voce e le parole di Sage ci trasmettono sono sincere fino al parossismo (“Pitchers Of Silence”), con l’improvvisazione di “Hopeless” (registrata dal vivo durante una “battle”) a segnare il grado-zero di questa “poesia hip-hop”. Emergono da storie di amori che sono vere e proprie ossessioni (“Specialist”), da inquietudini identitarie (“My Name Is Strange”, che sceglie il medium di una classica ballata blues ispirata a “Turn The Page” di Bob Seger) e da memorie di una giovinezza che non c’è più, e che al massimo sopravvive nell’odore del sudore cristallizzato nel tessuto di una felpa ormai sdrucita (“Black Sweatshirt”).
Tra i brani più sperimentali, “The Strange Famous Mullet Remover”, che sintetizza con grande gusto beatbox, jazz-hop e suggestioni hard-rock, e per finire “Smoke And Mirrors”, caratterizzata da un beat futuristico-minimalista.
In un periodo in cui molti facevano rap incentrato sulle cazzate, decisi di allestire una sfilata di moda dedicata alla mia vita personale. Nacque così 'Personal Journals'
26/09/2020