I Radio Dept, a differenza di molte formazioni recentemente affermatesi, non compiono una sterile riesumazione di linguaggi musicali già consolidati e affermatisi in un passato più o meno distante rispetto a essi, ma rivitalizzano soluzioni sonore sempre vincenti, alla luce di una capacità melodica e compositiva che non può (e non deve) passare inosservata. Se le atmosfere ricreate sono quelle del dream-pop, l’impianto sonoro gioca su un miracoloso equilibrio tra acustico e sintetico, supportato da una innata propensione alla melodia; quello che nello shoegaze tradizionale veniva per lo più espresso da vortici sonori di chitarre distorte e rumorose, in "Lesser Matters" diventa un pop soffuso e dreamy, spesso di impianto acustico, caratterizzato da un sapiente e accorto uso dell’elettronica, mai predominante, ma essenziale elemento del paesaggio sonoro.
"Too Soon" è solo un’introduzione, un preambolo di synth e tastiere melliflue che, dopo appena un minuto ci porta verso il garage solare di "Where Damage Isn't Already Done", dominata da chitarre e batteria dal ruvido suono lo-fi (alla Sebadoh); ciò che subito colpisce è una struttura melodica semplicemente memorabile, ed è solo l’inizio. "Keen On Boys" conduce in territori palesemente shoegaze: tra riverberi, suoni in reverse, lunghi drone di chitarra e una lineare melodia vocale, sembra di ascoltare un vecchio disco della gloriosa Creation Records; "Why Won't You Talk About It?", corredata da inconfondibili suoni ovattati, feedback e ritmo martellante, rincara la dose, mostrandoci una versione soft dei primissimi Jesus and Mary Chain coi synth al posto delle chitarre; "It’s Been Eight Years" è una dolce ballata venata di elettronica che non sfigurerebbe nel repertorio dei Notwist, mentre con "Bus" ci si ritrova immersi in un’impalpabile malinconia di ascendenza smithsiana, o meglio, una sorta di Belle and Sebastian travestiti sinteticamente.
Dopo "Slottet#2", strumentale da soundtrack non troppo distante da certe atmosfere targate Air, viene uno dei pezzi "forti": "1995", sin dal titolo citazione di "1979" degli Smashing Pumpkins. Un piccolo capolavoro di scrittura, retto da un riff di chitarra acustica in sincrono con la voce (in puro stile Nick Drake) che, in un crescendo di synth avvolgenti e arpeggi di chitarra a cascata porta a un ritornello degno della miglior scuola indie-pop. Un gioiellino. "Against The Tide" si muove sulle medesime coordinate, mentre "Strange Things Will Happen", complice la voce infantile della bassista Lisa Carlberg, riporta alla mente addirittura i mitici Pastels.
Gli ultimi episodi di questo disco sono quelli maggiormente caricati in senso emozionale, dal folk younghiano (scandito più dall’organo che dalle chitarre) di "Your Father", attraverso la wave di "Ewan" (altro picco dell’album, anche solo per l’intreccio di tastiere grevi e chitarre alla Joy Division/Cure) fino alla chiusura di "Lost And Found" che, con una memorabile frase di chitarra finale carica di spleen, disarma definitivamente l’ascoltatore.
"Lesser Matters" è la dimostrazione di come la scena musicale odierna non sia soltanto emulazione pedissequa e selvaggia del passato, ma possa ancora fornire sintesi originali e ispirate, in un linguaggio nuovo ed efficace. Più semplicemente, un disco da amare.
(29/10/2006)