Ovvero "il gran defunto Daniel Johnston": humour nero e ironia piuttosto macabra per un artista in realtà vivo, vegeto e (mai come ora) nel pieno dell'attività e del riscontro di pubblico. Eppure lo vedi in copertina intento a mettere fiori sulla propria tomba, con la consueta goffa mole e i capelli precocemente ingrigiti che lo fanno assomigliare a un simpatico autista dei bus Greyhound.
Ci sono voluti più di vent'anni di "carriera" per regalare un doveroso tributo al personaggio, forse il più grande outsider dell'ultima scuola di cantautori americani. Uno che ha in sostanza reinventato, nel fervore del post punk-new wave il termine lo-fi, adattandolo ai grandi della canzone pop d'autore (Lennon/McCartney, Brian Wilson, Elvis Costello, Burt Bacharach, suoi maestri indiscussi) e uscendone sempre miracolosamente illeso. Un uomo unico, che ha fatto di onestà, modestia, semplicità melodica vere parole d'ordine; nel suo curriculum non c'è mai stato artificio, mai una leziosità o un atteggiamento da rockstar navigata.
Classe 1961, nato in California da una famiglia di fondamentalisti cattolici bigotti (che lo fanno entrare e uscire da istituti di sanità mentale), fuggito via a ventiquattro anni verso Austin (Texas), Johnston è già allora un inconfondibile "idiot savant": capriccioso, stravagante, eccentrico. Inizia a suonare su una chitarra giocattolo per poi passare, col medesimo primitivo istinto, al Chord Organ, sorta di mini organetto elettronico col quale il nostro inciderà interi dischi. Già nel 1980 con "Songs Of Pain" Daniel comincia a distribuire agli angoli delle strade il frutto del suo lavoro casalingo: si tratta di cassette autoprodotte dall'audio spesso incerto, pianoforte scordato e una voce acuta, instabile e naif. Proprio come i testi che scrive, cartina tornasole di un'anima confinata nel proprio mondo di bambino/ostaggio nel corpo di un adulto. Johnston è un sognatore autoestromesso dai grandi sistemi della società americana (lavoro redditizio, moglie, figli, famiglia, ricchezza), un autore prolificissimo quasi mai venuto a patti col mondo reale, genuinamente "punk" anche quando quel termine aveva già perduto gran parte del suo stesso valore.
Lentamente il suo seguito si allarga: dai curiosi agli addetti ai lavori (indicativo uno special che Mtv dedica alla scena locale di Austin anni ottanta e tra gli immortalati dal vivo c'è anche Daniel), dai musicisti che nutrono per lui un ammirazione che talvolta rasenta il feticismo (tra gli altri Butthole Surfers, Sonic Youth, Rem, Yo La Tengo, David Bowie, Pastels, Pearl Jam e Afghan Whigs, per non dire dei nomi coinvolti nel tributo), fino a testimonial d'eccezione come Matt Groenig, il creatore dei Simpson's. Persino Kurt Cobain amava vestire una t-shirt con un disegno di Johnston per le interviste. Quello che fino a poco tempo prima era rimasto un segreto ben mantenuto diventa un fenomeno che rompe gli argini ed è esportato oltreoceano. I dischi cominciano a essere incisi in maniera più professionale e rifinita (come "Fun" del 1994, per la major Atlantic, fino a "Fear Yourself" e "Rejected Unknown") anche se l'autore continua a mantenere un comico low profile che ormai calza come una seconda pelle: dice no alle proposte della Elektra perché ha paura che i Metallica lo uccidano; delude la Dreamworks (label di Steven Spielberg) che lo corteggia perché non vuole essere trasformato in un altro "E.T".
"Discovered Covered" è una buona introduzione a chi si avvicina per la prima volta al suo mondo: un album doppio (venduto come singolo) contenente il classico album tributo da una parte e la stessa scaletta contenente però gli originali, suonati/cantati da Daniel Johnston dall'altra.
Interessante, ma nulla più il primo album: la qualità è altalenante e disomogenea, il colpo di genio raro. I bei nomi, provenienti dalla crème della scena indie alternativa ci sono tutti. Veterani (Tom Waits, Gordon Gano, Beck), giovani promesse (Bright Eyes, Death Cab For Cutie), solide realtà (Mercury Rev, Sparklehorse, Flaming Lips, Eels), cantautori (Vic Chesnutt, M.Ward) e fratelli spirituali (Jad Fair, Calvin Johnson). L'impressione è che quasi tutti abbiano abbandonato il proprio ego prima di aderire al progetto, tanto che alla fine alcune cover non vanno oltre l'oleografia impacciata propria del fan irriducibile: dove sono finite le chitarre dei Teenage Fanclub? E l'estro surrealista di Beck? Il rischio dietro l'angolo consisteva nel "tradurre/tradire" la musicalità di Johnston con uno spiegamento di mezzi tecnici esagerato: peccato, perché ci sono caduti in molti, una buona metà almeno. Incolori i tentativi di Clem Snide, Tv On The Radio, Thistle, The Rabbitt, Guster, Starlight Mints. Discreti gli altri, con la sola eccezione del solito Tom Waits alle prese con "King Kong". Qualche strana assenza ("Speeding Motorcycle"; "Some Things Last A Long Time") e una curiosità nel booklet : tante piccole interviste bonsai agli artisti nelle quali si scopre una volta di più l'amore per la causa.
A brillare di luce propria è il secondo album: il consiglio al neofita è di partire con questo, assimilando bene le bellissime melodie beatlesiane di Johnston. E' una gioia ascoltare ancora quei nastri scompaginati e caotici, quella voce alta, adenoidale, pregna di autentico "teen spirit". Nei brani a cappella ci appare come un Forrest Gump spaesato alle prese con i blues del Delta; in quelli più rock un Elvis grasso e fico che si esibisce al raduno degli alcolisti anonimi. E quando attacca l'autobiografica "Story Of An Artist", o la tormentata e mutevole "Dream Scream", sembra impossibile non volergli bene, non innamorarsi di lui.
Il disco contiene inoltre una traccia cd rom con: nuovo video ("Rock This Town"), tutti i testi e un centinaio di disegni scelti dall'oceanico archivio del Nostro. Osservandoli il cerchio si chiude: Daniel è 1) un brutto anatroccolo misantropo e misogino; 2) un orso depresso alla ricerca segreta di affermazione; 3) il grande assente da "Qualcuno volò sul nido del cuculo". Forse tutti e tre.
La Musica talvolta si accorge troppo tardi dei suoi figli: tu allora ti astrai, continui a sognare le ragazze proprio come l'eroe sfigato dei fumetti Marvel, astratto da tutto e da tutti. Ascolti di straforo i dischi di tuo fratello: i primi Queen, Elton John, gli Who e i Beatles. Hai paura, ti senti solo, brami comprensione, un anelito alla normalità. Cerchi un senso nella vita, ma non sai se lo troverai mai.
Ma ti chiami Daniel e non hai altra scelta, creare o morire.
19/12/2006
Cd One ("The Covers")
Cd Two ("The Originals")
Stessa scaletta del disco precedente, cantata/suonata da Johnston, più una bonus track: "Rock This Town", tratta dall'album "Lost & Found".