Voxtrot

Voxtrot

2007 (Playlouder)
pop-rock

Arrivano al primo vero e proprio album d’esordio i Voxtrot, band texana (Austin per la precisione) che ha già saputo attirare su di sé l’attenzione e gli entusiasmi di numerosi blog e fanzine virtuali tanto britanniche quanto d’oltreoceano (come in fondo già accaduto un anno fa con l’album "The Loon" dei Tapes’n’Tapes). La band, guidata dal cantante e compositore (di chiare origini indiane) Ramesh Srivastava, ha già infatti dato alle stampe tre pregevoli e ricercatissimi Ep (nell’ordine: "Raised By Wolves", "Mothers, Sisters, Daughters And Wives" e "Your Biggest Fan", quest’ultimo a sancire l’inizio del rapporto con l’etichetta Playlouder). Tutto questo abbondante (ed estremamente interessante) materiale musicale non trova tuttavia spazio nell’omonimo album di debutto dei Voxtrot, incentrato su composizioni nuove.

Si potrebbe avviare l’analisi dei contenuti del disco ricordando che il cantante Srivastava ha vissuto per qualche tempo in Scozia ed è quantomeno ipotizzabile che da quell’esperienza sia tornato negli Stati Uniti, portandosi dietro una valigia traboccante di dischi dei Belle and Sebastian e dei Teenage Fun Club (forse anche Mojave 3), come chiaramente si evince dalla cadenza gentile e assorta di certe sue canzoni, spesso caratterizzate da richiami non troppo velati al tenue mondo poetico di Coldplay e Travis (anche e soprattutto nelle liriche).

Questa traslucida pellicola di conclamata "britannicità" (che ha peraltro aiutato molto il gruppo a penetrare l’interesse del pubblico europeo, inglese in particolare) si distende tuttavia su un sostrato comunque molto americano nelle movenze e nelle atmosfere evocate, senza che questo produca strappi troppo bruschi. Ci troviamo infatti di fronte a un country-pop ricco di suggestioni paesaggistiche e gradevolissime reminescenze "whitmaniane" e rurali, che tende ad allinearsi alla produzione di gruppi della passata stagione come Decemberists e Midlake.

Canzoni come l’iniziale "Introduction" o "Every Day", "Ghost", la notevolissima "Firecracker" si spendono nell’esplorazione di un pop frondoso e ventilato, caratterizzato da un’anima nitidamente acustica e melodica, acquietato in forme dal respiro quasi sempre regolare e disteso. Il suono finisce così col risultare molto piano e accessibile, accostabile a certe ariose e ispiratissime composizioni di gruppi indie di enorme successo in America (soprattutto all’interno del circuito delle cosiddette college radio, etichetta che ormai definisce addirittura un certo tipo di rock melodico) come Shins o Death Cub For Cutie.

Il gruppo forse si fa prendere troppo la mano e utilizza più del dovuto motivi orchestrali che finiscono con lo stritolare l’originaria snellezza di scrittura, "ingessando" la motilità interna di alcuni suoi momenti che si vorrebbero più intensi dal punto di vista emotivo (come ad esempio nella pur ottima "Kid Gloves" o in "Real Life Version"). La voce di Srivastava, pur non potendo contare su un’estensione particolarmente ampia, vanta una certa vaga somiglianza con quella di Shephen Malkmus, a volte sa farsi trasportare da un afflato esistenziale di stampo prettamente smithsiano e nel complesso non risulta mai piatta o eccessivamente stucchevole.
Per il resto, si incontrano ombreggiature e sottili giochi chiaroscurali in stile Sixties (come in "Stephen", che rimanda agli irlandesi Thrills e ai Magic Numbers), coretti innocenti e geometricamente calibrati ("Brother In Conflict") e un generale sentore di soft-country-rock da Fm, che in America ha tutta una sua gloriosa e nutrita tradizione (Eagles, America, Poco), tradizione che proprio l’estate scorsa era stata sontuosamente omaggiata da un gruppo britannico come i Feeling (con cui i Voxtrot presentano più di una somiglianza "sospetta") nel suo disco di debutto.

Il disco riesce comunque a trovare la via di casa, nonostante qualche scorcio più anonimo o non del tutto messo a fuoco ("Easy", "Future Pt. 1"). Forse si avverte un’eccessiva prolissità o esuberanza retorica, che fa sì che le canzoni appaiano quasi sempre più lunghe delle loro effettiva durata, senza contare il già sottolineato gusto per certi barocchismi troppo marcati e spesso sovrarrangiati (con un involontario e a tratti fastidioso retrogusto "madrigalistico"). Per il resto, un buon biglietto da visita che qualche tempo fa avremmo molto probabilmente collocato subito a ridosso di quel "New Acoustic Movement" che forse qualcuno ancora ricorda, tra Badly Drawn Boy e Kings Of Convenience.

08/07/2007

Tracklist

1. Introduction
2. Kid Gloves
3. Ghost
4. Steven
5. Firecracker
6. Brother In Conflict
7. Easy
8. The Future Pt. 1
9. Every Day
10. Real Live Version
11. Blood Red Blood

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