Brian Harnetty & Bonnie Prince Billy

Silent City

2009 (Atavistic)
alternative-folk

In un anno poco prolifico per Bonnie "Prince" Billy, una qualsiasi prova discografica che lo veda coinvolto rappresenta una piccola soddisfazione per il pubblico di uno dei maggiori compositori degli ultimi trent’anni. Che poi la collaborazione avvenga con Brian Harnetty, musicista dell’Ohio studioso del folk dei monti Appalachi, convince che Will Oldham sia costantemente alla ricerca di nuove suggestioni culturali per arricchire il suo patrimonio musicale.

Harnetty, come nei precedenti album, traccia anelli di congiunzione tra il passato e il presente con registrazioni rurali, voci catturate dalla radio, campionamenti che si uniscono a una strumentazione acustica a base di banjo, campanellini, piano giocattolo, fiddle, senza dimenticare il blues che tanto caratterizzò il suono delle prime band folk americane.
Quaranta minuti di musica silenziosa, sfuggente, ricca di atmosfera, il termine drone, altrove abusato, potrebbe calzare a pennello per molte delle incursioni sonore di Harnetty.

L’incanto che si realizza nella title track è solo un esempio della grandi intuizioni dei due musicisti, mentre in “The Top Hat” tutti gli strumenti vibrano verso un'unica, affascinante direzione, confondendosi in armonie e groove che si intercettano, una sintesi mirabile di folk e avantgarde che merita attenzione.
Hannerty usa i sampler in modo unico, gli strumenti e i ritmi non seguono una struttura tonale lineare, creando molti contrappunti col delizioso canto di Bonnie "Prince" Billy, anche i sampler delle voci si caratterizzano per le loro seducenti imperfezioni e per la mancanza apparente di musicalità, la bellezza è sprigionata con forme nuove e misteriose, la musica diventa un racconto che s’incrocia con le memorie e le istanze evocate dalle voci.
 
Toni più caldi e suggestivi spronano le creazioni di Harnetty verso lidi ipnotici, la voce di  Bonnie "Prince" Billy raccorda i preziosi e insani ritmi di “And Under The Winesap”, il concetto di folk rurale viene riscritto e svuotato di armonie superflue, la fragilità diventa la forza armonica di momenti preziosi come “It’s Different Now”, un suggestivo insieme di voci e suoni cristallini.
In “Silent City” ogni suono acustico o elettronico, nel suo interagire con l’elemento umano, diventa frutto naturale della memoria collettiva, le parole danno movimento a ogni episodio dell’album.

Come in ogni buon disco, non manca un piccolo capolavoro di perfezione emotiva e si chiama “Some Glad Day”: solenne, liricamente robusto, il brano rappresenta l’alchimia sublime del nuovo folk rurale che diventa arte, dentro c’è il sogno, la vita, la morte, la poesia; tutto diventa un unico archivio di emozioni e speranze.
L’estasi finale di “To Hear Still More”, costruita su harmonium e piano, fuga ogni dubbio sull’essenzialità di questo progetto. “Silent City” è un album dal linguaggio sonoro originale e forte, un punto di partenza per il futuro della nuova musica folk americana, i due musicisti fondono folk e musica elettronica un po’ alla maniera di Eno e Byrne in “My Life In The Bush Of Ghosts”, anche se una maggiore frammentarietà e un minor fascino esotico impediscono a “Silent City” di approdare all’eccellenza. 

17/12/2009

Tracklist

 1. The Night Is, And Lights Are
 2. The Top Hat
 3. Sinclair Serenade
 4. Sleeping In The Driveway
 5. Well, There Are
 6. Silent City
 7. And Under The Winesap Tree
 8. It's Different Now
 9. Papa Made The Last Verse Up
10. Some Glad Day
11. As Old As A Stars
12. To Hear Still More

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