Non sono esattamente due che si risparmiano Peter Broderick e Rutger Zuydervelt: il giovane compositore americano ma di origine danese è da sempre impegnato in numerose collaborazioni (tra gli altri con Efterklang, Horse Feathers e Library Tapes), oltre che in una prolifica attività solista, mentre l'artista olandese è praticamente un'icona dell'intensiva autoproduzione casalinga, con le sue innumerevoli uscite a base elettronica sotto l'ormai affermato alias Machinefabriek.
Non stupisce dunque vederli unire le forze in un album a doppia firma, che funge da ulteriore tassello delle discografie di entrambi, dando altresì seguito alla recente serie di collaborazioni che hanno visto come protagonista Machinefabriek, tra le quali si possono ricordare quelle con Jasper TX, Aaron Martin, Greg Davis e Andrea Belfi.
Le elucubrazioni digitali di Zuydervelt e il lieve neoclassicismo acustico di Broderick si incontrano adesso in un lavoro chiaramente improntato a ridurre le distanze stilistiche tra i due, integrando affinità concettuali e differenti modalità espressive per trasformarle in qualcosa di altro, in un tertium genus nel quale i rispettivi contributi scolorano in un complesso nuovo e sufficientemente omogeneo.
Nei poco più di quaranta minuti di "Blank Grey Canvas Sky", la versatilità da polistrumentista di Broderick si fonde con drone e filtraggi elettronici curati da Zuydervelt, dando luogo a composizioni modulate, nelle quali la profondità di tenebrose maree ambientali completa di crescendo ondivaghi note di piano cadenzate e solenni ("Departure", "Kites"), ovvero sovrasta in maniera impetuosa melodie più fluide e strutturate ("Planes"). In questo secondo caso, sembra quasi che le saturazioni elettroniche abbiano la funzione di riempire con le loro atmosfere spettrali gli interstizi abitualmente lasciati vuoti dal minimalismo compositivo di Broderick, le cui piéce pianistiche vedono qui altresì la collaborazione di altri due importanti artisti ai quali è legata la sua attività sulle due sponde dell'Atlantico: alla registrazione delle sue parti strumentali in "Planes" e in "Rain" hanno infatti collaborato, rispettivamente, il songwriter e produttore alt-folk Adam Selzer (Norfolk & Western) in quel di Portland e l'altro interessante compositore Nils Frahm a Berlino.
E non si esaurisce qui il novero di collaboratori che hanno affiancato i due principali protagonisti del lavoro, poiché proprio a conclusione dell'uniforme fingerpicking acustico di "Rain", si affaccia imprevedibile l'elemento vocale, in un cammeo ad opera dello stesso Broderick e di Susanna Lundgren (Piney Woods, Solander).
Ma è soprattutto ascoltando i quasi quattordici minuti di "Blank Grey" che può ravvisarsi la riuscita dell'incontro sottostante a questo lavoro. Mentre infatti la restante parte dell'album presenta una compiuta integrazione tra parti distinguibili, qui i due artisti si confondono in un ininterrotto gioco di specchi, che si snoda dagli iniziali accenni di rumorismo glitch agli inquieti vocalizzi finali, passando per raffinate modulazioni elettroacustiche filtrate in chiave (dark-)ambient.
Peccato soltanto che l'estrema prolificità di Broderick e Zuydervelt implichi il rischio di considerare "Blank Grey Canvas Sky" come un'uscita "minore" tra le tante firmate ogni anno dai due, poiché il suo risultato va ben oltre una mera sommatoria di stili, per rappresentare invece il completamento di modalità espressive definite e singolarmente autosufficienti, ma senza dubbio suscettibili di arricchimento attraverso esplorazioni sonore molteplici.
02/12/2009