Hunches

Exit Dreams

2009 (In The Red)
shitgaze, weird-garage, weirdo-punk

Provengono da Portland, Oregon, gli Hunches, e sono un’altra delle caotiche e affascinanti realtà weirdo-punk (ma potete chiamarlo semplicemente anche punk, garage o noise) in forza alla lodevole label indipendente In The Red.

Per questioni che riguardano i limiti stessi di generi come quelli sopra citati, la proposta musicale della band statunitense non può essere certo elogiata per originalità, ma in alcuni casi questa può diventare una questione secondaria, anche per chi spesso è alla disperata ricerca del nuovo, se il carattere e lo spirito, il come si suona insomma, con cui un album viene realizzato rimangono freschi e genuini. Questo era senz’altro il caso di “Hobo Sunrise”, consigliatissima seconda prova degli Hunches pubblicata nel 2004, ed è anche il caso di questo nuovo “Exit Dreams”.

Nel panorama attuale della musica indie si parla tanto di shitgaze e weird-garage per indicare un sound degenerato, nel senso proprio di andato a male, avvezzo tanto ad atroci rumorismi quanto a scorribande nei territori più belluini del rock’n’roll, a volte corroborati da elementi avantgarde e spesso da linee melodiche sorprendenti. Quello che stupisce in “Exit Dreams” è proprio quest’ultima componente. Il cuore del disco, infatti, pur nascosto sotto chili di distorsioni maniacali, ritmi triviali, voci cartavetrate, assoli omicidi à-la Chrome, è fatto nient’altro che di canzoni, semplici canzoni: non c’è traccia della vena arty degli Human Eye e nemmeno di quella concreto-sperimentale dei Factums. “Exit Dreams”, al contrario, è pieno di pezzi che piangono melodie massacrate da chitarre spietate, ma quando queste ultime smettono di infierire, la vera natura del disco si rivela: le melodie, distorte e sgangherate quanto si vuole, si elevano oltre la coltre di rumore e delirio, dimostrando che il gruppo ha ben assimilato la lezione di numi tutelari come Dinosaur Jr o My Bloody Valentine.

C’è anche da aggiungere, però, che tale vena melodica il gruppo l'aveva già palesata in alcuni episodi di “Hobo Sunrise”, ma in questo nuovo album viene maggiormente assecondata in fase compositiva, non solo nei pezzi meno rumoristi, ma anche negli eccidi ultranoise, che tuttavia appaiono sempre subordinati a precise intuizioni melodiche.
Dunque, non è da considerarsi sacrilego sguazzare prima nello squisito ciarpame musicale di brani come “Actors”, “Ate My Teeth” e “Your Sick Blooms”, che fanno a brandelli ogni regola del “buon suono” a favore di una forza d’urto tribale nei ritmi e ferina nelle parti di chitarra, e poi farsi abbacinare da gioielli garage-pop lievemente sfregiati quali “Not Invited” e “From This Window”.

Quelle di “Exit Dreams” sono canzoni rozze e spesso commoventi: come cori da stadio. Musica che se è vero che è sempre esistita (togliete qualche decibel a “Pinwheel Spins” e ne ricaverete un rock’n’roll à-la Stones) è anche vero che sempre esisterà, almeno finché continueranno a uscire dischi come questo.

17/01/2009

Tracklist

  1. Actors
  2. Ate My Teeth
  3. Not Invited
  4. Deaf Ambitions
  5. From This Window
  6. Carnival Debris
  7. Street Sweeper
  8. Your Sick Blooms
  9. Pinwheel Spins
  10. Fall Drive
  11. Unraveling
  12. Swim Hole

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