Recentemente qualcuno si è inventato il termine lo-fi goth. Si sa: il bisogno di etichette è sempre impellente. Ad ogni modo, una musicista come Zola Jesus può essere certamente confinata sotto l'ala protettiva di questo miscuglio alienante e in bassa fedeltà di (no-)wave aggiornata, detriti industriali e gotiche perversioni.
Nonostante sia stata fatta oggetto, sulla scorta di un paio di Ep e di un cd-r, di un piccolo culto, è solo con questo "The Spoils" che Nika Roza Danilova mostra definitivamente tutta la sua personalità, uscendo da quel bozzolo di incertezze che aveva contraddistinto le sue precedenti prove.
Sorta di Lydia Lunch alla corte di un dream-pop degenerato e tossico, corroso da incubi consumati tra le mura di una stanza-prigione, la Jesus di "The Spoils" rintraccia, finalmente, quella capacità di venire a patto con i propri demoni, fino a questo momento solo accennata, spesso sottomessa dai capricci di un'ispirazione fin troppo costipata.
Paranoie cariche di un'epica occulta, allora - "Six Feet (From My Baby)". Baratri psichici perlustrati con l'ausilio di una drum-machine scalcinata, tra svolazzi chiesastici di synth e voli radenti di una voce che in più di un'occasione ("Crowns", "Sinfonia And The Shrew", "In Hiding", "From The Crow") riconsidera tavolozze free-folk alla luce di estatici crepuscoli gravitazionali.
A propellere la grave elegia di "Sink The Dynasty" è un battito disumanizzato che ripete ossessivamente un nome: Suicide. E lo ripete ostentando, di soppiatto, l'infatuazione molesta per i Cocteau Twins. Saranno passati gli anni, ma l'angoscia ha sempre lo stesso, opprimente sapore di morte.
Anche nel cavernoso cullarsi di "Devil Take You" e nel breve interludio prossimo ai Dead Can Dance di "Lullaby In Tongues", la voce sembra provenire da chissà quale luminescente interstizio, persa dietro una nebbia soffocante di magnificenza spirituale, mentre "Smirenye" e "Clay Bodies" (quest'ultima, col dondolio "fiabesco" del pianoforte) sono pura malinconia in diffrazione.
La tediosa desolazione della sua musica sboccia qui, in questi spaccati esistenziali in disfacimento, tra solenni pellegrinaggi verso il nervo scoperto di un'apatia talmente introiettata da trasformarsi in purezza spirituale, candore celestiale. Certo, paure e angosce sono sempre lì, al solito posto. Eppure, Zola ha finalmente una strada da seguire, una luce in fondo al tunnel che aspetta solo di essere completamente disvelata.
30/09/2009